Articolo di Iolanda Raffaele
Kahbum è un progetto che nasce per mettere in relazione musicisti e produrre contenuti originali. Non è un talent, non è un concorso, non ci sono vincitori né giudici. E’ un luogo d’incontro dove si parla, si scrive si suona liberamente.
Tutte le curiosità sulla web serie musicale in questa intervista ad Ulisse Poggioni, che ne cura la direzione artistica e la regia.
Ho scoperto Kahbum da poco, per tutti quelli come me che vogliono rimediare, come nasce questo progetto e come definiresti Kahbum?
Nasce come tutti i progetti (o quasi) da un certo numero di idee differenti che si sono amalgamate fino a diventare qualcosa di organico. Il cuore di Kahbum risiede comunque nell’idea di creare un format musicale in cui gli artisti collaborano invece che competere.
Qual è il significato della parola Kahbum?
Kahbum è una parola tibetana che significa “10.000 parole”
Perché la scelta di una web serie musicale per presentare questo format?
Siamo una produzione indipendente al 100%, i nostri mezzi e le nostre risorse economiche erano naturalmente limitate. Eravamo costretti ad impostare il progetto in modo che fosse low budget, ma piuttosto che scimmiottare i linguaggi televisivi in una sorta di “vorrei ma non posso” abbiamo deciso di puntare sull’essenzialità e farne una bandiera. Da questo l’inquadratura fissa, il fondo nero, il montaggio senza fronzoli, dritto al punto. 5 minuti sono sufficienti se ci si limita a ciò che è essenziale.
Qual è il criterio di abbinamento degli artisti coinvolti nel progetto ?
Non esiste un vero e proprio criterio. La nostra unica regola è che le coppie siano sempre interessanti ma sempre per motivi diversi. Così a volte gli artisti sono amici, a volte non si sono mai visti, a volte suonano generi e strumenti complementari, a volte del tutto diversi e così via. Nelle scelte che facciamo, in ogni caso, l’istinto ha un ruolo importante. Non sempre è utile cercare un criterio ad ogni costo.
Qual è la reazione dei cantanti quando arriva la vostra proposta di partecipare? O qualcuno si è proposto anche spontaneamente?
Ormai riceviamo molte candidature, ma su questo siamo abbastanza schietti. Non esiste un modo per candidarsi, noi scegliamo le coppie che ci vengono in mente e contattiamo direttamente gli artisti (o i loro manager). Solitamente gli artisti sono contenti quando ricevono la nostra chiamata, ma non è raro percepire attraverso il telefono un momento di panico. Non è una sfida semplice per un musicista.
Quale è stata la coppia che secondo voi si è integrata di più e quella invece che ha avuto più difficoltà ad entrare in sintonia?
Possiamo fare, e ci rende davvero orgogliosi, molti esempi di artisti che non solo hanno trovato una grande sintonia a Kahbum, ma se la sono portata dietro anche in seguito, avviando spesso collaborazioni di vario genere oltre che vere e proprie amicizie. Penso a Lucio Leoni e Giancane, a Riccardo Zanotti ed Eugenio Cesaro, Carlot-ta e Cecilia ed altri ancora. Al contrario è quasi impossibile che non scaturisca una scintilla di intesa tra gli artisti. Ogni aspetto del format (nonché della giornata dedicata alle riprese) è concepito in modo da creare l’atmosfera giusta affinché avvenga la magia.
Kahbum è un insieme di tanti ingredienti diversi tra di loro, è stato un esperimento rischioso?
Lo è stato come lo è ogni esperimento che non può contare su dei precedenti. Oggi vanno per la maggiore i rimaneggiamenti più che le idee originali. Basta pensare ai Talent. X factor, The Voice, Tu si qui vales e compagnia danzante. Cosa hanno di diverso? Davvero poco. Quando un format funziona lo si ripropone al pubblico in tutte le salse. Noi, la prima volta che abbiamo fatto sedere due musicisti di fronte a una busta non avevamo la più pallida idea di cosa sarebbe successo.
Per chi lo guarda con attenzione Kahbum non è soltanto un programma, ma molto di più. Qual è lo spirito o, comunque, l’anima che avete voluto dargli?
E’ una domanda difficile. Lo spirito del format è quello che trapela dall’insieme delle sue parti, è la sensazione precisa che produce nello spettatore e nel musicista. Non saprei come definirlo. A me piace pensare che la sua caratteristica più bella sia la sua capacità di essere allo stesso tempo leggero, ai limiti del demenziale, ed estremamente raffinato.
Nella presentazione appare la scritta “Se la musica fosse un paesino, Kahbum sarebbe il bar”, l’espressione è suggestiva e molto bella, spiegala un po’.
Semplice. A Kahbum c’è una sola regola: quello che i musicisti trovano nella busta è il titolo della canzone che comporranno. Stop. Per il resto possono parlare di quello che vogliono e suonare come preferiscono. Ai musicisti sul set lo spieghiamo dicendo loro che se decidessero che la loro canzone consiste in un minuto di silenzio noi non avremmo nulla in contrario. Kahbum è un luogo dove si parla, si scrive, si suona liberamente.
Kahbum è una di quelle realtà che mancano nel mondo infinito di internet, del web, dei nuovi social desocializzanti, della televisione sempre più scarsa di contenuti, con pochissimi programmi qualitativamente validi. Avete mai pensato di trasformarlo in un programma televisivo o si contaminerebbe troppo?
La televisione per noi non rappresenta un tabù. Sicuramente non sarebbe più lo stesso. Ma tentare di non cambiarlo sarebbe un errore. Dovremmo piuttosto trasformarlo consapevolmente in qualcosa di nuovo che sia capace di veicolare gli stessi valori.
Sulla vostra pagina facebook ho contato circa 14000 “persone che vi seguono”, oltre tante altre che lo fanno anche senza essere iscritti a facebook. Come pensate di essere riusciti ad arrivare così bene al cuore dei giovani, dei meno giovani e degli appassionati di musica? L’avreste mai immaginato che sarebbe andata così?
I nostri non sono certo numeri da capogiro, ma intorno a Kahbum si è creato un pubblico attento e affezionato, ed è quello che conta per noi. Credo che sia un progetto capace di coinvolgere perché molto autentico. E’ evidente a tutti che noi siamo i primi a divertirci nel farlo.
Tra le magliette del vostro shop c’è anche la T-Shirt “- X Factor + Kahbum”. Provocatoriamente ti chiedo, quali distanze vuole prendere Kahbum da X Factor e che reazione vuole essere a questo genere di realtà musicali – televisive?
Kahbum è il contrario di X-Factor. Si collabora invece che competere. A uno studio multimilionario opponiamo un semplice sfondo nero. A una regia pirotecnica una camera fissa. E soprattutto, a differenza di quanto accade nei grandi carrozzoni televisivi, una volta scelti artisti e titolo, noi abbandoniamo il timone e lasciamo massima libertà ai musicisti.
Con un paragone forse azzardato, ma spero di no, guardando Kahbum, ho ritrovato la stessa bellezza di “Tadà”, il mini varietà musicale presentato da Filippo Timi, sarà stato forse il fascino del bianco e nero che vi accomuna o un po’ di nostalgia. C’è un motivo dietro questa scelta tecnica o è stata una casualità non programmata?
Il bianco e nero è una scelta stilistica non tanto ragionata quanto “sentita” come giusta. Volendo razionalizzare rientra nella ricerca di un contrasto. Volevamo una cornice sobria ed elegante dentro la quale mettere dei musicisti a cantare “Se mi fai uno squillo ed io ti richiamo non puoi non rispondermi”.
Qual è il futuro di Kahbum, continuerà con nuovi episodi o si evolverà in altro? Ci sono nuovi progetti in cantiere che si possono svelare?
Se avessimo le idee chiare magari le sveleremmo anche. Quello che posso dire è che non poniamo limiti alla nostra immaginazione.
N.B. potete trovare tutte le puntate di Kahbum sul canale YouTube.
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