R E C E N S I O N E


Anche quest’anno, ormai una tradizione fissa, abbiamo affidato a Simone Nicastro la compilazione del “listone” con il meglio del 2019 in musica. Lo hanno guidato competenza, curiosità e mente aperta. Ci auguriamo che la stessa curiosità che ha mosso Simone e tutta la redazione sia lo stimolo per confrontarvi con le nostre scelte.

Non ci resta che ripetere le stesse frasi dello scorso anno, che riteniamo sempre attuali: nessuna pretesa di esaustività o oggettività, la musica non è una scienza esatta, casomai un’emozione che ci colpisce a suo piacimento. Spazio quindi al confronto, perché la musica è viaggio, conoscenza, scoperta e stupore!

Siate curiosi e fatevi stupire.

Buon anno

(La redazione)

Non credo esista un’annata in cui non sia rimasto soddisfatto della musica che ho avuto la fortuna, il piacere e la volontà di ascoltare, ma questo 2019 è stato particolarmente piacevole soprattutto su due fronti: lavori notevoli anche da artisti “laterali” e una produzione nazionale di altissimo livello. A questo proposito la scelta è stata ancor più difficile del solito e sono fin da ora convinto che molti dischi che non menzionerò, non solo sono ottimi, ma forse meritavano maggior attenzione da parte mia. Però le giornate sono fatte di poche ore e i miei gusti sono ancor più strampalati di quanto sia possibile immaginare. Buon ascolto a chi avrà il piacere e il desiderio di ascoltare.

50° Miglior album 2019

Jessica Pratt – Quiet Signs

Iniziare questa classifica con qualcosa di intimo, essenziale, perfetto per chi si prende ancora il tempo necessario di chiudere gli occhi e lasciarsi cullare dalle canzoni. Una dietro l’altra. Minimale l’approccio, minimale la resa, entusiasmante l’abbandono, gratificante la scoperta. Una voce trasfigurante in cui il canto è un preciso punto di arrivo e allo stesso tempo di straniamento, è il completamento semplice alle corde della chitarra, ai tasti del pianoforte, all’eco di quelle stesse parole pronunciate. Tutto scorre immobile e tutto immobile scorre. Poco meno di mezz’ora di beatitudine. A volte basta e avanza.

49° Miglior album 2019

Tersø – Fuori Dalla Giungla

Mentre mi capita ancora oggi di leggere in giro affermazioni sulla “musica elettronica” come una “non-musica” o addirittura ripudiarla con sentenze colorite (non mi causano sonanti risate solo per il fatto che sono scritte seriamente) mi rendo conto, perplesso, di stare stilando una classifica nell’anno 2019. Il che vuol dire che ascolto musica definibile “elettronica” da più di 30 anni. Mah! Comunque, i Tersø di “Fuori Dalla Giungla” sono al loro primo album dopo un eccellente EP di qualche tempo fà. La loro ricerca sonora, l’utilizzo dei campionamenti, la personalizzazione delle soluzioni elettroniche, l’ispirazione melodica della magnetica voce di Marta immersa nel magma strumentale, rendono quest’album un vero e riuscito concentrato di pop intelligente, adatto a chiunque. Ahia! Forse anche il termine “pop” potrebbe essere mal interpretato. Va bé, “Fuori Dalla Giungla” è un bel album. Ascoltatelo se vi va.

48° Miglior album 2019

The Cinematic Orchestra – To Believe

Il mio amico Luca Franceschini, che si diletta in recensioni, ma soprattutto di passare tutte le sue serate/nottate in ogni tipo di concerto in giro per il mondo, mi ha riferito che questa “non più giovanissima” orchestra, proprio quest’anno dal vivo l’ha folgorato. Io purtroppo non ho mai avuto occasione di vederli “live”, ma non posso certamente sorprendermi se questa loro ennesima opera, ancora una volta in bilico tra colonna sonora emozionale e forma canzone “avant-pop”, abbia catturato, oltre a Luca, orecchie e cuore di migliaia di persone da sopra un palco. Del resto, basta sentire questo “To Believe”, anche solamente in cuffia e comodamente “spiaggiati” sul divano di casa, per rimanerne in egual modo totalmente stregati. Gran ritorno.

47° Miglior album 2019

Devon Welsh – True Love

L’ex Majikal Cloudz continua il suo percorso solista a velocità improbabile eppure senza mostrare cedimenti: “True Love”, come il lavoro precedente, sposa nuovamente una atmosfera minimal-sintetica fatta di lievi tratteggi armonici, quasi assente di ritmica e totalmente in-centrata sulla voce baritonale di Welsh, capacissimo come i miglior “crooner” di smuovere le viscere e i sentimenti degli ascoltatori.
“Faces in the rain laughing as we cry. I’ll wipe your tears away, we’ll let it slide. ‘Cause when we’re honest. When we’re honest, we’re all guilty, we can’t help it. You say “by the way”, with a sigh. I can’t really stay, but I can’t say goodbye…It’s not time now and it’s good love. Yeah it’s good love”.

46° Miglior album 2019

Big Thief – U.F.O.F/Two Hands

Stessa band, due album a distanza di pochissimi mesi uno dall’altro. Rubo la parola “scritta” di Nicola Chinellato, un altro amico che anno dopo anno non molla di un solo passo, anzi: “…quando si parla di Big Thief, è soprattutto la capacità della band di rileggere il passato con lo sguardo rivolto al futuro e di raccontare vecchie storie rendendole nuovamente affascinanti. In circolazione, c’è poca gente capace di tanta ispirata intelligenza…perché, non me ne vogliano i puristi, il destino di sopravvivenza di un certo suono americano passa anche, e forse soprattutto, da queste parti”. Io non sono sicuramente un fan di quel certo “suono”, ma devo ammettere che in questo caso mi sarei perso molto. Fortunatamente (e caparbiamente) non l’ho fatto.

45° Miglior album 2019

Lilly Among Clouds – Green Flash

Da anni è indubbia la mia preferenza per le artiste. Al di là dei generi che propongono, riescono quasi sempre a catturare la mia attenzione più dei loro colleghi maschi. E devo ammettere che, soprattutto in Italia ma non solo, sono sicuramente in contro tendenza, considerati i numeri totalmente inferiori di attenzione che le donne ottengono rispetto agli uomini in musica. Uno degli album che ho più ascoltato in questo 2019 è sicuramente “Green Flash” di Lilly Among Clouds, compositrice e cantante tedesca. Pop raffinato, dotato di una epicità singolare e splendidamente interpretato da una voce calda, sensuale e di forte impatto. Di seguito un breve estratto di un live acustico. Poi ne riparliamo se volete.

44° Miglior Album 2019

Bobby Joe Long’s Friendship Party – Semo Soli Scemi

Qui non spenderò molte parole. Terzo album di una band che per il sottoscritto è stata fin dall’inizio un gruppo di grandi/piccoli eroi della scena nostrana. E non solo. Un culto che mi piacerebbe si ampliasse a macchia d’olio. Ma in fondo mi va bene anche solo avere l’opportunità di continuarli ad ascoltarli oggi e in futuro. Eroi dalla città eterna: “Non c’era bisogno de distrugge’ Tokyo. Bastava ‘no zampirone”.

43° Miglior album 2019

The Comet Is Coming – Trust in the Lifeforce of the Deep Mystery/The Afterlife

Mentre in giro pullulano critichini e critichetti che vomitano ogni giorno il loro disappunto per una discografia contemporanea ripiegata su sé stessa e con presunta poca capacità autoriale, tecnica e compositiva, ovunque, in realtà, si assiste da tempo ormai a vere proprie elaborazioni e rielaborazione di generi musicali che si impongono per qualità, invenzione e capacità di indicare diverse e, a volte, nuove vie. Ad esempio, quanto sta succedendo nel grande calderone del jazz in questi ultimi anni è sotto gli occhi (e dentro le orecchie) di chiunque abbia anche solamente semplice curiosità. Il trio The Comet Is Coming nel 2019 ha pubblicato ben due album, entrambi superlativi sia nella loro dimensione narrativa che in quella di “opere psychedelic space”. Indispensabili.

42° Miglior album 2019

Hatchie – Keepsake

Ogni anno trovo almeno un album “zuccheroso” speciale, un album pericolosamente in bilico tra leggerezza e superficialità. Quel tipo di album che riversa questo equilibrio dritto al cuore e si impadronisce piano piano di sorrisi e cenni di commozione. Lo fa insinuandosi semplicemente nella mia quotidianità e regalandomi, così, tanti momenti di pura gioia. Album che non saranno considerati mai dei capolavori, ma la cui assenza si farebbe sentire maledettamente se non fossero mai esisti. “Keepsake” è uno di quei album e Hatchie ha tutti i crismi per diventare una delle mie artiste più affidabili in questo campo. In fondo basta che continui a realizzare questi splendidi e colorati quadretti pop. Ve lo scrivo appunto tra tanti sorrisi.

41° Miglior album 2019

Lambchop – This (Is What I Wanted To Tell You)

Ogni anno dovrei riservare in questa mia lista un posto d’onore con il seguente titolo “Al posto di Bon Iver…”. È vero che con qualche sessione di leggera psicoanalisi riuscirei probabilmente a superare questa mia avversione verso il cantautore americano, ma intanto, anche questa volta alla sua ultima fatica, che ho trovato come al solito noiosa, posticcia e poco interessante, preferisco l’ennesimo ritorno e soprattutto l’ennesima evoluzione del buon Kurt Wagner che, da autore sopraffino e coraggioso qual è, riesce ancora una volta ad utilizzare qualsiasi “mood oggi in auge” per creare la sua consueta raccolta di perle musicali confidenziali e senza età. Eterno.

40° Miglior album 2019

Marracash – Persona

Arrivò il giorno! Se la memoria non mi fa brutti scherzi è la prima volta che inserisco nella mia classifica di fine anno un album hip hop italiano. Chiarisco subito: non ho niente contro l’hip hop (né tanto meno contro la trap per inciso) anzi, solo che proprio per gusti strettamente personali non sono mai riuscito a fare rientrare in queste misere 50 posizioni un album del succitato genere. Ma questo album fin dal concept visivo, dalle collaborazioni ricercate, dalla capacità di rapire l’ascolto non solo con la potenza delle rime ma anche con la ricercatezza delle costruzioni sonore, dalla forza dirompente che fuori esce con autorevolezza da ogni singolo brano, non poteva assolutamente non esserci. Molti i brani che mi hanno rapito, tra tutti “Appartengo”, “Bravi A cadere” e “Madame”, ma la mia vera speranza è che la canzone “Greta Thunberg” diventi un vero e proprio inno, oggi e per il futuro.

39° Miglior album 2019

Florist – Emily Alone

Siamo dalle parti del cuore. Non che gli altri artisti nominati e i loro rispettivi lavori non lo siano, ma Florist, aka Emily Sprague, mi ha incatenato sin dalla sua prima canzone qualche anno fa e mi ha fatto immediatamente innamorare di lei e di tutto quello che fa (anche i side project ambient o giù di lì). Quando però imbraccia la sua chitarra come Florist e inizia a raccontarsi con quella voce sussurrata, quei sospiri che ricordano anche i tuoi, quegli squarci di intima realtà in cui tutto si racchiude e tutto è come potrebbe/dovrebbe essere, il mio cuore pulsa più forte e trabocca. Forse leggera felicità, forse troppo dolore, forse semplicemente la normalità di ogni giorno, uno uguale all’altro e tutti diversi gli uni dagli altri. Prendetevi questi 40 minuti di presunta solitudine e invece passateli insieme ad Emily: troverete una amica, una figlia, una estranea che merita di essere ascoltata e abbracciata.

38° Miglior album 2019

Caterina Barbieri – Ecstatic Computation

Come racconto spesso, discutere di musica è diventato quasi impossibile. Il cammino che quest’arte antica quanto l’uomo stesso sembra percorrere negli ultimi anni risulta sempre più una strada lastricata di pregiudizi, accuse, prese di posizioni irremovibili e sbalorditive sentenze da parte di cattivi maestri, giornalisti invecchiati male, uomini di pseudo-marketing, artisti rancorosi e pubblico autoreferenziale. La gara a chi insulta maggiormente qualcun altro/qualcos’altro è all’ordine del giorno e le verità espresse come assolute e oggettive su artisti e la loro musica si sprecano su qualsiasi media e strumento di comunicazione/social: passatisti contro modernisti, tradizionalisti contro tecnologici, sapienti contro presunti ignoranti, padri contro figli, io contro te. Qualcuno riassume questa “guerriglia” semplicemente nello storico scontro generazionale mentre altri, tra cui io, ci vedono una escalation imbarazzante e soprattutto insopportabile. Nel mio mondo ideale, per fare un semplice esempio, basterebbe ascoltare l’ultima opera di Caterina Barbieri per rendersi conto che ogni contrapposizione lascia il tempo che trova davanti a un essere umano illuminato che crea arte meravigliosa con qualsiasi capacità e mezzo a sua disposizione. Siano strumenti che algoritmi. Sia qualcosa di codificato che qualcosa tutto da inventare.

37° Miglior album 2019

Solange – When I Get Home

Non era facile per la sorellina di Beyoncé dare un seguito all’acclamato (giustamente per quanto mi riguarda) “A Seat At The Table”, album che l’aveva proiettata definitivamente tra le stelle della migliore black music di oggi (e non solo). E infatti Solange per “When I Get Home” ha scelto la strada più impervia, non ripetersi e anzi andare un pò più in là nella ricercatezza del sound e del concept di questa nuova collezione di canzoni: un tracciato quasi da (auto)analisi della cultura “afro”, delle sue personali origini, dei luoghi in cui è nata e in cui è vissuta. Canzoni che fluiscono senza una vera e propria struttura canonica, tra infra/speech e soluzioni art/soul quasi radicali. Un album ostico e che si lascia afferrare solo dopo molti ascolti che però restituisce tutto quanto ci si poteva aspettare già dal principio: contenuto, forma e bellezza. Quest’ultima in abbondanza.

36° Miglior album 2019

Coma Cose – Hype Aura

Probabilmente è dagli anni d’oro dei Casino Royale che non si vedeva un gruppo ergersi in modo così netto come portavoce di un certo stile/mood milanese, subito adottati dalla metropoli e inneggiati come il vero “hype” superiore del momento (ok forse insieme anche alla strepitosa Myss). Personalmente sono molto contento del successo che stanno ottenendo California e Fausto Lama: la loro proposta è un mix esplosivo di influenze che quasi magicamente riescono a concatenarsi e a sviluppare un sound totalmente personale e avvincente. Tutti gli episodi del loro esordio su lunga distanza (notizia di dicembre la pubblicazione in formato fisico anche delle loro primissime canzoni) convincono per intelligenza testuale e sviluppo melodico, “surfando” con sicurezza tra l’innata matrice hip hop e l’orecchiabilità radio friendly. La conferma della tenuta del progetto infine è stata poi validata da chiunque abbia assistito in questi mesi ai live infuocati del duo. Si attendono già con trepidazione i prossimi passi.

35° Miglior album 2019

La Dispute – Panorama

Abbiamo aspettato ma ne è valsa la pena. E molto. Già nel precedente “Rooms of the House” del 2014, la band aveva chiarito di avere voglia di ampliare e rielaborare la propria proposta “hc/screamo” in qualcosa di volutamente indefinito e più a largo spettro emozionale. “Panorama”, partendo proprio da lì, prosegue il discorso con consapevolezza e originalità: un post/hardcore che non teme il confronto con riuscite derive prog e squarci di armoniosa malinconia. Le chitarre “danzano” su un oceano sonoro, a volte placido, a volte ondivago; la voce si immerge senza paura nelle sue profondità per poi riaffiorare con tutta la potenza e l’urgenza necessaria. E noi, che in quell’oceano sentiamo sempre il desiderio di provare a navigare, una volta in mare non possiamo che arrenderci a questo terribile incanto che forse ci riporterà salvi e incolumi sulla spiaggia di partenza o invece più probabilmente ci dirotterà su qualche isola sconosciuta e selvaggia da esplorare e rendere come casa nuova.

34° Miglior album 2019

Nick Cave & The Bad Seeds – Ghosteen

Re Inkiostro è tra i miei artisti preferiti di sempre. Impossibile ricordarmi tante e quante volte lui sia stato accanto a me nello scorrere della mia vita. Parole, immagini, sentimenti, calore e distanze, rabbia e perdono, silenzio e urla, melodie e abissi dell’anima. Non credo sia necessario ricordare in questa sede la vicenda straziante a cui è legata la realizzazione di quest’ultima opera: le canzoni si intersecano tra di loro per creare un unico flusso di riflessioni, sensazioni, visioni, umanità e sacralità. Raccontare in un album l’irraccontabile e cantare ciò che è impossibile immaginare/accettare. La “soundtrack” si adagia, si increspa quando è necessario e soprattutto accompagna/sorregge la voce per non farla perdersi, svanire, tacere fino a quando non abbia detto veramente tutto quello che aveva da dire. Poi infine ci resta il silenzio. E quel mistero che unisce tutti e tutto, anche chi sembra non essere più accanto a noi.

33° Miglior album 2019

HTRK – Venus in Leo

HTRK ossia HaTeRocK, come non farsi rapire già soltanto dal nome. Synth pop elegante, virato su tonalità scure e poco altro. Brani essenziali e sensuali fino al midollo, capaci di riportare alla memoria la miglior stagione trip hop 90’s, meno mainstream e più clubbing, senza però per questo ancorarsi al passato e, anzi, connettendosi alle sensazioni più scure neo-wave di inizio millennio. L’elaborazione della battuta lenta è quasi sempre sulle spalle delle parabole di tastiera “nichiliste” e delle strutture minimali di chitarre, dove la voce è libera di intrattenere l’ascoltatore dentro un’aurea di familiarità e fragilità emotiva. Notturno è il nostro peregrinare per le strade che ci siamo scelte. Ancora oggi.

32° Miglior album 2019

Anna Tivel – The Question

Ci sono voci e ci sono “altre” voci. “Altre” voci che magicamente e misteriosamente si rendono immediatamente affini a te fin dalla prima volta che le incroci. Voci che trasportano limpidamente da un lato istanze che catturano l’intelletto e l’anima e dall’altro lato rifiniscono le parole con una musicalità innata e poetica. Anna Tivel ha una di queste “altre” voci, sorretta da un folk bucolico e raffinato, ferma il tempo e ti prende per mano, delicatamente, cosciente della strada intrapresa e conscia di dover condividere completamente l’essenza di sé con chi la vuole ascoltare/seguire. “The Question” è un album di cui si sente spesso la necessità, anche quando non se ne è consapevoli, ma che difficilmente non tornerà a risuonare spesso tra le mura in cui viviamo, tra le nuvole a cui ci affidiamo, tra le persone a cui vogliamo bene.

31° Miglior album 2019

The Chemical Brothers – No Geography

“If you ever change your mind about leaving it all behind. Remember, remember. No geography. Me, you and me. Him and her and them too. And you and me too. I’ll take you along, I’ll take you along with me”.
“Surrender” quest’anno ha compiuto 20 anni e nel 2020 il duo britannico compirà 25 anni di carriera pubblica. Ognuno ormai considera la storia un pò come gli pare, ma credo che di fronte a certi numeri non si possa tanto obiettare. I The Chemical Brothers sono la storia, una storia importante, imponente e che permea la musica tutta, da quando sono apparsi fino ad oggi. Come di oggi è il loro nuovo e riuscitissimo album “No Geography”. “Free Yourself” una volta per tutte.

30° Miglior album 2019

Jaimie Branch – Fly or Die II: Bird Dogs of Paradise

Più di 40 minuti di densa, straripante, eccellente, smisurata passione per la materia, indefinibile e cangiante, del jazz. Politica e stati d’animo si specchiano a vicenda, l’America e la natura si intrecciano, i musicisti e gli animali si rincorrono. La tromba guida, ma non ordina. La tromba trova un canto e il canto trova “alcune parole”. Gli altri strumenti non stanno a guardare perchè non desiderano altro che gettarsi nella mischia, qualche volta accurati e qualche volta solo spensierati. Le composizioni sembrano diverse ad ogni ascolto o molto più probabilmente siamo noi che cambiamo dopo ogni ascolto. Disco sgraziato e bellissimo, formidabile anche dove non si comprende appieno. Tanto si sa che a volte basta solo l’istinto per adorare. Tipo questa volta. [qui la recensione]

29° Miglior album 2019

Helado Negro – This Is How You Smile

Prendo un pò di fiato in questa corsa (si fa per dire) verso le prime posizioni della classifica auto citandomi: “La proposta artistica di Helado Negro è presto detta: una acustica sognante avvolta in leggere e minimali strutture elettroniche, una tipologia di stile che, soprattutto negli anni zero, veniva etichettato con il termine di folktronica. Però Roberto Carlos aggiunge un tocco personale melodico di natura tropical oltre ad un timbro bellissimo da narratore popolare, da cuore aperto, e confidenzialmente avvincente” (qui la recensione). Album che ho consumato e che vi consiglio vivamente.

28° Miglior album 2019

Iamthemorning – The Bell

È vero che l’insieme dei fattori spesso e volentieri non si tramuta in qualcosa di indimenticabile, ma in questo caso l’accoppiata tra un pianista talentuoso e una cantante dotatissima non fa che elevare tutte le intenzioni dell’album ad un livello superiore. Da anni i due artisti russi, Gleb Kolyadin e Marjana Semkina, propongono una formula che ai più distratti potrebbe sembrare semplicemente memore di un certo progressive 70’s, ma che invece si abbevera compiutamente alla musica camerista con influenze barocche, spunti “traditional”, appigli folk/rock e un canto straordinariamente leggiadro e perfettamente a suo agio nel volteggiare tra le diverse “suite” proposte. “The Bell”, conferma tutto, asciuga dove era necessario e rilancia ancora con maggior qualità le ambizioni dei Iamthemorning. Veramente ottimo.

27° Miglior album 2019

Dimartino – Afrodite

Parliamo di uno bravo, bravo davvero. No, non uno di quelli che sento nominare spesso da alcuni come gli ultimi baluardi per un certo cantautorato pop italiano che poi, nel momento in cui li ascolto, personalmente mi cadono le braccia, per un motivo o per l’altro. Antonio Dimartino invece è uno che, passo dopo passo, non solo ha avuto una crescita invidiabile e continua, ma non ha mai avuto la “spocchia” di non sporcarsi le mani per crescere e diventare un autore a 360°, per sé e per gli altri. Tanti i meriti del suo ultimo lavoro “Afrodite”: percorre alcune strade già battute ma con piglio inedito, con maggior consapevolezza dei propri mezzi e soprattutto con nessuna paura del confronto con i “soliti” grandi, Battisti e Dalla in primis, senza però lasciarsi fagocitare. “Afrodite” è probabilmente insieme il punto di arrivo e il punto di ripartenza per un autore che merita, a mio avviso, un posto al sole nella discografia nostrana.

26° Miglior Album 2019

Lana Del Rey – Norman Fucking Rockwell!

Non è facile essere una “diva” ai giorni nostri. In qualsiasi ambito troverai una miriade di detrattori che, grazie all’uso costante dei social, obietterà al tuo “status”, spargerà fango su chi sei e cosa fai, tirerà in ballo personaggi del passato insuperabili, ti getterà addosso una buona dose d’odio per i più svariati motivi. Non che un tempo i detrattori non ci fossero, però avevano meno spazio di intervento (se sia giusto o sbagliato non tocca a me dirlo). Nonostante tutto questo alcune donne riescono nell’impresa anche ora: Lana Del Rey è una diva, in ogni suo gesto, espressione ed esibizione. Le viene naturale. Ed è forse per questo che il suo percorso musicale è così interessante: Lana musicalmente fa scelte inaspettate, poco ordinarie, distanti proprio da questo “divismo” e più in linea con chi ha e vuole dire la sua artisticamente. “Norman Fucking Rockwell!” è un’opera sopraffina, poco incline al facile ascolto, psych-pop-noir cinematografico, testualmente melanconico e perfettamente calato ai tempi nostri. E poi sempre meglio sottolinearlo: se realizzi un brano come “Venice Bitch” hai già vinto.

25° Miglior album 2019

Fontaines D.C. – Dogrel

Molti oggi sminuiscono il revival wave/post-punk che si ebbe ad inizio millennio. Quindi non mi stupisce che sempre oggi in molti si oppongono all’ennesimo “rigurgito” che, negli ultimi mesi, sta affiorando un pò ovunque nel calderone del rock. Io invece ne gioisco: sarò di bocca buona, ma ascoltare nel 2019 un lavoro come “Dogrel”, è per me oro puro. Anche perchè perdonatemi, basta veramente poco per accorgersi che questi ragazzi guardano al genere con i propri occhi, che riprendono quella rabbia/delusione calandola nel loro contemporaneo, che il magma sonoro è compatto, asciutto e potente come vuole il meglio del genere. E i testi sono pugni allo stomaco che mischiano pubblico e privato senza timori e anzi con l’urgenza di farsi sentire. E di farci riflettere.

24° Miglior album 2019

Little Simz – Grey Area

Coincidenza vuole che io scriva queste righe a poche ore dal concerto milanese di Kiwanuka, autore negli ultimi anni di alcuni ottimi album soul/rock con una strizzata d’occhio sia all’hype mediatico che all’ambiente “roots”. Tra i commenti in giro entusiastici per il live, come moda vuole, si sono contemporaneamente sprecate le invettive verso artisti e soprattutto generi musicali che, secondo gli “autorevoli” commentatori, si sono impadroniti ingiustamente della scena e del successo a discapito di artisti meritevoli quali Kiwanuka. Tra queste ovviamente non poteva mancare la solita noiosa, ripetitiva e soprattutto “imbarazzante” accusa all’Hip Hop contemporaneo. Tralasciando che negli ultimi 20 anni abbiamo avuto Lamar, Drake, SZA, Nicki Minaj, Kanye, etc., artisti che hanno spostato l’asticella del genere ad altezze vertiginose (ma si sa chi non vuol sentire…), mi fa piacere iscrivere alla lista di cui sopra anche il terzo album di Little Simz, “Grey Area”: trasversalità nel sound, “flow” fluido, testi e basi equilibrate e irresistibili, giuste dosi elettroniche e virtuosismi linguistici calibrati. 10 capitoli, uno meglio dell’altro, ma per chiudere il cerchio propongo per l’ascolto l’ultimo in scaletta “Flowers”, guarda a caso proprio con il featuring di Kiwanuka: mi raccomando, qualcuno lo richiami subito all’ordine!

23° Miglior album 2019

Angel Olsen – All Mirrors

Capiterà un giorno forse che Angel Olsen realizzerà qualcosa, non dico mediocre, ma per lo meno prescindibile. Vedremo in futuro. Per adesso godiamoci invece l’ennesimo gioiello dell’artista americana, che a partire da solide radici folk dispiega ancora una volta (e a mio avviso superandosi) la sua musica tra traiettorie diversificate e sorprendenti (cantautorali, alternative rock, orchestrali), ma tutte a suffragio del suo talentuoso lirismo. Canzoni come viaggi, alcuni brevi, altri più lunghi e azzardati, dove però il percorso equivale all’arrivo quanto l’ascolto vale la partecipazione mentale e carnale. Niente è lasciato al caso, ogni aspetto compositivo, visivo ed esperienziale è rivolto alla condivisione tra chi si racconta e chi ha provato le medesime emozioni. Una narrazione amara ma sensuale, mirata ma capace di perdersi negli “specchi” della storia. Storia personale e storia universale. Probabilmente non così distanti ascoltando Angel Olsen.

22° Miglior album 2019

Niccolò Fabi – Tradizione E Tradimento

“Amori con le ali” è una canzone dell’ultimo lavoro di Fabi in cui, per il sottoscritto, si è compiuta una sorta di chiusura del cerchio: al primo ascolto di questa splendida “cavalcata folktronica”, chiudendo gli occhi, la voce di Niccolò improvvisamente si è tramutata in quella di Riccardo Sinigallia. Un abbraccio ideale che dopo più di 20 anni li ha ricongiunti idealmente nella mia mente nello stesso straordinario e immaginifico talento. Perché tanti sono gli anni che sono passati da quando Fabi, prodotto al tempo da Sinigallia, ha iniziato a muovere i primi passi verso una produzione tra le più riuscite e fondamentali del panorama discografico nazionale. Tradizione E Tradimento (qui la recensione) è l’ennesimo album imprescindibile dell’autore romano, che non rinuncia alla sua “empatica” tradizione, ma sposa una nuova raffinatezza elettronica. La scelta, neanche a dirlo, lo premia ancora una volta, regalandoci ulteriori perle del suo ormai lunghissimo canzoniere: oltre quella già citata, si elevano la simil/electro “Prima Della Tempesta”, la sigurrósiana “Scotta” e il sentito dolcissimo finale di “Tradizione E Tradimento”. Infine, fa classifica a sé il primo singolo pubblicato, “Io Sono L’Altro”, di cui proporrei l’ascolto “educativo” in occasioni istituzionali e pubbliche: non si sa mai che, per una volta, contenuti di tale bellezza e intelligenza facciano miracoli presso i presenti.

21° Miglior album 2019

Boy Harsher – Careful

Li aspettavo al varco. I fattori erano tutti in fila e in alcune precedenti occasioni avevano già dimostrato potenzialità importanti. Ma il duo statunitense Boy Harsher ha superato decisamente le mie (e non solo mie) aspettative e grazie al loro “Careful” si candida da oggi ad essere un nuovo punto di riferimento per la scena electro/dark wave mondiale. Voce impassibile e “narrativa”, ritmi pulsanti e marziali, progressioni sintetiche ammantate da linee di basso insistite, ricami melodici e frazioni pseudo dance. Una catarsi istintivamente meditativa che si dipana in 10 episodi uno più intrigante dell’altro. “Careful” riesce nell’intento di essere fedele a tutti i dettami del genere e nello stesso tempo a risultare genuinamente fresco e dinamico. Ottimo davvero.

20° Miglior album 2019

Káryyn – The Quanta Series

Per chi ama la musica incondizionatamente (non fa mai male ripetere! Agg. [comp. di in e condizionato]. – non condizionato, non limitato da alcuna condizione restrittiva, quindi pieno, intero, assoluto) il 2019 è l’anno buono per il ritorno di una delle figure più rilevanti e iconiche degli ultimi anni. Ma di Lei parleremo dopo. Però questa annata spettacolare non ha voluto farsi mancare nulla e, mentre attendavamo Lei, ecco apparire quasi dal nulla (in realtà la storia sarebbe leggermente più complessa, ma spero perdonerete l’approssimazione in virtù dell’enfasi descrittiva) Karyyn, artista dell’Alabama ma di origine armene. E in questo caso le origini contano decisamente: “The Quanta Series”, il suo album di esordio, è permeato in ogni suo attimo e ascolto dalla storia della sua famiglia, dei luoghi della sua terra, di conflitti e di “memoria” tragica e ancora attuale, dei percorsi biografici e in continuo divenire della cantante. Gli elementi armonici sono “minimal”, le costruzioni sintetiche imbrigliano le intersecazioni ritmiche, il canto domina in maniera assoluta e inequivocabile. Impossibile rimanere impassibili davanti a tanta purezza, sincerità, talento vocale; impossibile non meravigliarsi ascoltando le (co)strutture sonore eteree, l’incedere “avant-r’n’b” e l’animo pulsante “ambient”. Esordio da brividi. Incondizionatamente.

19° Miglior album 2019

Diiv – Deceiver

Non sono mai stato un fautore dell’artista rock bello e maledetto, giovane e drogato, idolo di folle in cerca dell’estasi del proibito. Sarà anche per questo che buona parte di certo rock del secolo scorso, pur apprezzandone alcune dinamiche, intuizioni e produzioni, mi risulta indigesto. Però se a tutto questo (o quasi) aggiungi una fragilità esibita, non solo su viso e corpo, ma soprattutto nella materia compositiva, la mia attenzione si ridesta di colpo e in molte occasioni mi permette di godermi musica perfettamente in sintonia con me. Zachary Cole Smith, in arte creatore del progetto Diiv, tra momenti di dipendenza acuti e quelli di riabilitazione, sta costruendo una carriera discografica costellata da album spettacolari, permeati di radici shoegaze, elettricità dark improvvisa, melodie zuccherose, tirate pop-grunge e recinti di feedback come perimetro. Difficile resistergli, veramente difficile.

18° Miglior album 2019

Weyes Blood – Titanic Rising

Siamo dalle parti dell’universale: dove lo sguardo è rivolto e dove le note si intersecano, dove la natura perisce e le parole allarmano. L’umanità di fronte al tutto, il singolo davanti alle sue scelte. “Ecco che muove, sgretola, dilaga…” la capacità di capire, amare, crescere, cambiare, vivere e sopravvivere. Consapevoli che la fine potrebbe/dovrebbe essere solo l’ultimo e il più grande mistero che, una volta svelato, compensi tutto il male, la perdita e l’insensatezza delle scelte, fatte e subite. “Titanic Rising” è qualcosa di più di una ottima sequela di canzoni, è una esperienza che offre a chi la vorrà sperimentare qualcosa di importante, forse indispensabile, sicuramente commuovente. Sempre che si sia ancora in grado di commuoversi. Meraviglia del 2019.

17° Miglior album 2019

Delta V – Heimat

Questa posizione in classifica mi è particolarmente cara. Una band che amai intensamente agli esordi, ma dalla quale, a poco a poco, mi allontanai. I Delta V hanno realizzato sempre album intelligenti e ineccepibili, ma quel brivido e quella affezione che provai per il primo “Spazio”, non mi afferrò più con la stessa intensità nei successivi lavori. E sinceramente, dopo tutti questi anni di silenzio, mai avrei immaginato di dover tornare a parlare di loro. Parlarne, tra l’altro, come uno degli apici assoluti di questo veramente splendido 2019 italiano, per lo meno musicalmente. “Heimat” è un album meritevole sotto molti punti di vista: pop elettronico di caratura internazionale, dai toni intimi e allo stesso tempo danzanti, che esprime forza senza perdere in alcun briciolo di emozionalità. Ogni canzone è un turbinio di influenze, idee, meraviglie ritmiche e melodiche. I testi sono amari e poetici, biografici ma diretti, cantabili e riflessivi in egual maniera. La nuova voce femminile Martina poi è una di quelle scoperte che valgono, a mio avviso, una carriera intera: intensa, senza fronzoli e immediatamente riconoscibile nel marasma delle voci di tutti i giorni. I Delta V mi hanno fatto un gran regalo con il loro ritorno e mi auguro che il futuro sia ricco di ulteriori diamanti come “Heimat”. Lunga vita ai Delta V.

16° Miglior album 2019

Operators – Radiant Dawn

Fin da giovanissimo ho avuto poche certezze: una di queste era che Bruce Springsteen non sarebbe mai finito nella lista dei miei ascolti preferiti. Si sa che solo gli stupidi non cambiano mai idea davanti a qualcosa che si impone e che incontra, magari misteriosamente, il proprio desiderio. Detto questo devo ammettere che il nuovo album del Boss mi ha colpito in realtà come tutti quelli precedenti: senza scalfirmi minimamente. Però sarei scorretto se non avessi notato un certo “mood” sottostante al nuovo album degli Operators che rimanda direttamente proprio al “Bruce”. Non fosse altro per una certa somiglianza tra la famosissima “Dancing In The Dark” e la loro “I Fell Emotion”. Ovviamente le somiglianze finiscono qui e dove si staglia il classic rock del mito americano, qui abbiamo la band di Montreal immersa nei gloriosi 80’s con cascate di tastiere, drums (human) machine, chitarre sezionate ed effettistica modulare. Non ho idea di quante volte abbia ascoltato le canzoni di “Radiant Dawn” negli ultimi mesi, ma sarei pronto a scommettere almeno numericamente quante sono le canzoni di Springsteen. E tutte le volte ne è valsa la pena, questo di sicuro è un’altra certezza.

15° Miglior album 2019

The Slow Show – Lust And Learn

Ci deve essere qualcosa nell’acqua (o nella birra) di Manchester! Oltre al fatto che ci deve essere anche qualcosa nel mio Dna che è incapace di non innamorarsi perdutamente delle band della città inglese. In ogni epoca e di ogni tipo. Poi se la band in questione impronta tutta la sua arte in un sound crepuscolare, profondo, magnetico, fatto di pochi scatti e molta atmosfera, di leggere increspature elettriche su arazzi cinematografici, di una voce baritonale che smuoverebbe il sangue anche dei pesci, c’è poco da rifletterci su. “Lust And Learn” dei The Slow Show è un fiume placido che irriga ogni terreno che incontra con rivoli di assoluta grazia e toccante benevolenza, pretendendo solo che quegli stessi terreni non smettano mai di bagnarsi al suo passare. Personalmente non ho nessuna intenzione di allontanarmi dal fiume dei The Slow Show e anzi, se mi è possibile, cercherò di indirizzare i suoi ruscelli a qualsiasi campo abbia ancora il desiderio di farsi inondare di tale meraviglia. Iniziando, se lo permettete, proprio con voi.

14° Miglior album 2019

The Japanese House – Good At Falling

Non ho una grande memoria. Soprattutto per nomi, luoghi e date. Però mi capita spesso che si imprimano nella mia memoria dei momenti particolari, non necessariamente straordinari, ma in qualche modo interessanti per la mia testa e il mio cuore. O almeno me lo sono sempre spiegato così. Ad esempio, mi ricordo quasi sempre quando una artista, di solito emergente, mi trasforma la giornata da una normalissima lista di cose da fare ad una mattina, un pomeriggio o una serata realmente emozionante. Ecco The Japanese House, alias di Amber Bain, si è introdotta nella mia vita in una notte limpida di primavera e ha cullato tutti i miei pensieri dell’epoca con dolcezza inusitata e “sintetiche” carezze. Non che “Good At Falling”, disco d’esordio dell’artista, non abbia momenti più movimentati, ma il pop “elettro- cantautorale” di Amber ha avuto e continua ad avere su di me la capacità di pacificare i tantissimi e spesso inutili pensieri quotidiani. Esordio indimenticabile.

13° Miglior album 2019

Beyoncé – Homecoming: The Live Album

Parliamo di un album epocale. Quegli album che trascendono gusti, passioni, educazione musicale e qualsiasi tipo di pregiudizio. E se non li trascendono, qualcosa è veramente andato storto, a mio avviso. Perchè non è necessario che “quel qualcosa” piaccia per riconoscerne comunque l’eccezionalità. “Homecoming” è la messa in scena (c’è anche il film) di un evento che ha talmente tanti livelli di lettura che risulta riduttivo parlarne solo per il valore (e che valore!) puramente musicale. Comunque, Beyoncé è mostruosamente brava, in tutto quello che fa (e qui sembra non avere proprio più limiti), e la band/orchestra che l’accompagna (che ha ri-arrangiato tutti i brani) non è da meno. Quasi tre ore di spettacolo in cui basterebbe percepire solo il pubblico sul fondo per rendersi conto di cosa sia accaduto live. Testimonianza fondamentale di una epoca d’oro della cultura black, ascoltate e godetene.
Ovviamente “Homecoming: The Live Album” è la mia eccezione alla classifica di quest’anno, essendo questo un album-concerto e non di inediti.

12° Miglior album 2019

Epo – Enea

Come ho avuto modo di ripetere durante la compilazione di questa classifica, una delle cose che più mi ha colpito ed entusiasmato in questa annata è stato il numero veramente consistente di uscite italiane di elevata qualità. Artisti nuovi, vecchie conoscenze, progetti estemporanei, insomma un 2019 bellissimo per la “nostra” musica. Purtroppo non sempre a tanta qualità è stato corrispondente un successo adeguato o solamente un riconoscimento di merito. Ecco uno dei casi più eclatanti è stato per me l’album “Enea” degli Epo. Per la recensione dettagliata vi rimando all’articolo (lo trovate qui), però permettetemi ancora una volta di sottolineare che questo disco è qualcosa di stupefacente e dimostra, se ce ne fosse ancora motivo, che in Italia esistono artisti che possono gareggiare con chiunque nel mondo. Anche e soprattutto oggi. “‘A Primma vota” per l’eternità.

11° Miglior album 2019

The Murder Capital – When I Have Fears

“With their wings flung the choir sung their final song today
As the doors appear to clear the space in which she lay
She’ll collapse, she’ll collapse as the amber sisters softly say. I’ll correlate the blue, the green and blue, the green for you” canta James McGovern in “Green & Blue” e immediatamente ogni parola diventa superflua. Lascio ad altri l’auto elogio su quanto siano intelligenti, preparati e criticamente superiori. Io mi godo ogni attimo dell’esordio dei The Murder Capital, fregandomene di somiglianze, dei “però vuoi mettere”, di tutte le menate da primo della classe o da ultimo baluardo del bello e vero. “You could’ve watched it all”.

10° Miglior Album 2019

Apparat – LP5

Ultime 10 posizioni. Non che conti più di tanto, considerato che, per quanto mi riguarda, tutti gli album in questa classifica (e anche alcuni lasciati fuori) sono meritevoli di molti ascolti e di considerazione. Però d’ora in poi ci sono quelle opere che più di tutte hanno segnato il mio 2019 e che probabilmente ricorderò con più piacere e trasporto negli anni a venire. LP5 è il disco della maturità di Sascha Ring aka Apparat. Nei precedenti lavori, tra cui anche il progetto Moderat, avevamo assistito a slanci “idm” efficaci, hits preziose e atmosfere coinvolgenti. Ma in LP5 assistiamo ad una precisione certosina, sia nella forma che nel contenuto, precisione al millimetro nella creazione dei brani, negli arrangiamenti e anche nell’utilizzo molto particolare della voce. 10 brani zeppi di idee, staticità emotiva e talento sopraffino. Quasi una “radioheadiana” perfezione. Benissimo.

9° Miglior album 2019

James Blake – Assume Form

Blake deve stare sulle palle a parecchie persone. Non ne conosco il motivo, ma certe recensioni e, in particolar modo, stroncature, a volte proprio illogiche, devono per forza riguardare qualcosa di personale. Se no non riesco proprio a spiegarmi perchè, dopo i suoi primissimi lavori, si sia creata una così netta divisione tra chi lo ama perdutamente e chi cerca sempre di ridimensionarlo. A parte questa riflessione non sto qui a dilungarmi su quanto mi sia piaciuto “Assume Form”, probabilmente il suo album più accessibile e vario, ma senza nessuna caduta di stile, anzi ricco delle proverbiali capacità dell’autore, vocali e compositive, denso di quella personalissima malinconia “acustica-sintetica” e completamente irresistibile nei momenti più tipici “blakeiani” (vedi il compendio “Can’t Believe The Way We Flow”). Infine, per me nota di particolare merito va a al pezzo “Barefoot In The Park ” con il feat. della ormai stella internazionale Rosalía (qualcuno ricorda che inserii il suo album al primo posto nella mia classifica 2018?!) che in un universo parallelo sarebbe una hit mondiale. Ah! Visto che stiamo anche chiudendo il decennio ci tengo a dire che se Blake non è uno degli artisti più rilevanti di questa decade, non saprei proprio esplicitare chi lo sia veramente.

8° Miglior album 2019

The National – I Am Easy To Find

Probabilmente con “I Am Easy To Find” la band americana ha finalmente messo d’accordo tutti (certo non proprio tutti tutti…si sa che quello è impossibile): la grande epopea rock che Matt e soci stanno scrivendo da 20 anni ormai ha raggiunto una coerenza culturale, compositiva e partecipativa che ha ben pochi rivali, oggi come nel passato. Anche i pochi detrattori riescono ad invocare ben miseri difetti ai The National, e quasi mai di rilevanza reale (sono poser, hipster, monotoni, etc.). “I Am Easy To Find” è l’altra parte della “luna/Sleep Well Beast”, è l’intima intensità di un rapporto amoroso, è il contraltare indispensabile di una voce femminile, è l’ennesima esperienza di vita che viene sezionata, destrutturata e raccontata solo per quel che è e vale. Il film che ha accompagnato l’uscita dell’album è essenziale per capire più compiutamente l’opera musicale. Non credo sia possibile fuggire nel 2019 dall’ascolto dell’ennesimo incredibile album dei The National. O per lo meno è fortemente sconsigliato. Fidatevi.

7° Miglior album 2019

FKA twigs – Magdalene

Come dico spesso e ho scritto anche su qualche posizione precedente, la percentuale di artiste che seguo e di cui non riesco a fare più a meno è nettamente superiore a quella dei colleghi maschi, almeno in questi ultimi anni. Di alcune ritengo, tra l’altro, che non solo abbiano un talento stupefacente, ma che siano anche rappresentanti di qualcosa che trascende la loro stessa figura. Icone, superstar, simboli a cui guardare con senso di stupore e quasi di timore. Ragazze e donne capaci di re-inventare e re-inventarsi in un mondo musicale, che come tutti i mondi finora, non ha sicuramente facilitato le loro aspirazioni e creazioni. Autrici, compositrici, interpreti che fin dalle prime apparizioni sono state in grado di ritagliarsi un luogo speciale nel cuore del pubblico e stagliarsi fra le stelle più splendenti della volta celeste. Tahliah Debrett Barnett, in arte FKA twigs, è una di queste artiste. Non spenderò tempo per raccontarvi del perchè il suo ritorno sulle scene è stato così travagliato e con tempi ben più lunghi del dovuto: l’ascolto insieme alle visioni (in ogni senso percettivo nel suo caso) delle sue esibizioni basta e avanza per chiarire quanto ho scritto sopra. Anzi probabilmente per rendere abbastanza inutile quanto ho scritto. Il video di “Cellophane” è tra i più belli (e significativi) che io abbia mai visto. Non che la canzone sia da meno. Ben tornata Regina.

6° Miglior album 2019

Chromatics – Closer To Grey

Mentre chi segue le vicende della band e della splendida etichetta “Italians Do It Better”, attende ancora l’album “Dear Tommy”, i Chromatics, improvvisamente e senza annunci, hanno rilasciato un album differente. Anche le poche anticipazioni di quell’altro lavoro (vedi ad esempio la “Shadow” proposta da Lynch nel suo indimenticabile “Twin Peaks: The Return”) risultano non pervenute. Poco male perchè “Closer To Grey” è fantastico: la formula magica dei Chromatics si conferma e si rinnova in 12 brani, uno più bello dell’altro, dove gli elementi dream/elettrici si sposano perfettamente con le partiture elettroniche e l’etera voce di Ruth Radelet. Ad ogni ascolto, la confezione ultra-patinata delle singole canzoni svela nuovi particolari, trovate melodiche, armonie e ritmi ipnotici. Siamo dalle parti di quel pop che rende completamente merito alla sua vera natura: bellezza (ri)cercata ma di appartenenza e fruizione popolare e quotidiana. Di certo continueremo ad aspettare “Dear Tommy”, ma con molta meno ansia e veemenza. Del resto, vi sfido a preoccuparvi realmente di qualcosa durante l’ascolto di un incanto come “You’re No Good”. Impossibile.

5° Miglior album 2019

Massimo Volume – Il Nuotatore

La mia vita. Per lo meno gli ultimi 25 anni. O giù di lì. Come sia possibile riflettere, quali argomenti che mi colpiscono, quale tipo di linguaggio trovo avvincente, che poetica mi affascina, quali ritmi mi fanno alzare dalla sedia, che chitarre mi affilano l’anima, che arrangiamenti mi coinvolgono sulla pelle, nervi e pulsazioni. I Massimo Volume non sbagliano un album. Mai. Ogni volta uguali e ogni volta diversi. Come la vita. Come le parole che se vogliono raccontano e se lo desiderano feriscono, che se pesano ti cambiano e se si assentano ti alleggeriscono. Oppure è il contrario. La musica è tremendamente bella e drammaticamente vera. Appropriata. Complementare. “Il Nuotatore” è un album superlativo, necessario e decisivo nel rivendicare ancora una volta i Massimo Volume tra i più importanti progetti artistici che siano mai esistiti. Nonostante la cecità, ottusità, supponenza di chi ancora nel 2019 ritiene di dover fare categorie e semplificazioni di ogni sorta. Chiunque ascolti i Massimo Volume, sia la prima volta che l’ultima di una lunghissima serie, mi auguro non cada più in queste tentazioni. “E ho imparato a naufragare senza perdermi nel mare. E ho scoperto che può annegare anche chi rinuncia a navigare”.

4° Miglior album 2019

Tool – Fear Inoculum

L’album rock più atteso del decennio. O per precisione dal 2006. Chiunque si occupi di musica (o almeno così dovrebbe essere) era in attesa del fantomatico nuovo album dei Tool. Band popolarissima ma in egual maniera di culto per eccellenza. Capace di conquistare una “fan-base” tra le più imponenti e tra le più trasversali di sempre: metallari (e simili), amanti del prog/rock, cultori del dark, seguaci del tecnicismo, ascoltatori pop/casuali, chi più ne ha più ne metta. La discografia dei Tool non è solo religiosamente amata, ma studiata come opera fondamentale della musica “contemporanea”, una delle ultimissime ad avere un’aurea “quasi intoccabile”, come avveniva nell’epoca pre-Napster per alcuni (probabilmente fin troppi) predestinati. Inutile sottolineare quanto questa attesa abbia pesato sulle dinamiche nell’uscita di “Fear Inoculum”: tutto segretissimo, pochissimi dettagli a cui aggrapparsi, operazioni di marketing da “blockbuster” annunciato. Ma infine com’è davvero questo “Fear Inoculum”? Il mio giudizio è semplicissimo: l’album dei Tool perfetto al momento perfetto. Parola d’ordine sopra tutte le altre “Atemporalità”: una collezione di canzoni/suite che potrebbero essere state scritte in qualsiasi momento, dai primi (o meglio secondi) vagiti della band negli anni 90 fino ad oggi. Ogni brano è una “epopea” sonora che mette in risalto tutte le capacità dei singoli musicisti, amalgamati in flusso art/hard/prog/rock che non tralascia intermezzi ambient, influssi elettronici e progressioni proto-metal. I riff si susseguono in un costante divenire, ossessivi, inafferrabili, oscuri e alieni, le percussioni appaiono e scompaiono inserendo/delimitando come e quando vogliono il campo d’azione, il basso predica l’inferno ma lascia intravedere il paradiso e infine la voce, indispensabile e prezioso ulteriore strumento, si insinua nelle pieghe del tutto per esprimere/imprimere messaggi potenti e sublimali. “Fear Inoculum” è probabilmente il primo album della storia del rock così atteso che non ha deluso le attese (ok ce ne saranno altri, ma io faccio fatica a ricordarmene), anzi rileva con potenza inaudita la magnificenza e l’eternità della musica dei Tool. Nel 2019…sempre meglio sottolinearlo.

3° Miglior album 2019

Erika De Casier – Essentials

Eleganza, sensualità, grazia, autenticità, raffinatezza ma con senso della misura e attitudine non classista. Da una parte la “divinità” Sade e dall’altra l’r’n’b delle neo-dive popular di inizio millennio. Lounge impreziosito da toni nu/soul e sfumature urban, senza prendersi troppo sul serio, ma con l’audacia di intitolare il proprio album “Essentials”. Direttamente da Copenhagen, Erika de Casier, ha esordito con un lavoro meraviglioso che lentamente, ascolto dopo ascolto, ha conquistato una buona fetta di estimatori e imperterrito continua a fare nuovi proseliti. Probabilmente l’album che è più risuonato nelle mie orecchie nel 2019, sorprendente nella ri-attualizzazione di un sound, spesso troppo uguale a sé stesso, senza però volerne stravolgere i canoni e gli stilemi, ma semplicemente utilizzandoli al meglio per la propria personale e contemporanea rilettura. Il canto sottile e affascinate di Erika si insinua nella testa degli ascoltatori, si impossessa del cuore pulsante e avvolge tutte le loro membra: come un refrain continuo, le canzoni si susseguono con naturale piacere, tra arrangiamenti coinvolgenti e intuizioni irresistibili. Veramente difficile descrivere a parole il senso di benessere e appagamento che “Essentials” concede a coloro che gli si concederanno: siate curiosi e provate! Sono abbastanza sicuro che non ve ne pentirete. Direttamente sul podio del mio anno musicale.

2° Miglior album 2019

Liberato – Liberato

E alla fine arrivò il momento dell’album. Certo, metà delle canzoni erano già state rilasciate durante gli ultimi due anni. Ma esattamente qualche minuto prima delle ore 24 del giorno “Nove Maggio” 2019, sono stati postati su Youtube gli ultimi cinque video musicali (quest’ultimi insieme costituiscono un vero e proprio corto cinematografico) che hanno permesso al progetto Liberato di lanciare ufficialmente il suo esordio discografico nel formato “full-length”. Undici brani, cinque hits degli anni precedenti, cinque inediti e un rifacimento. In molti si sono occupati di Liberato: vuoi per il mistero di chi sia in verità, vuoi per l’eccezionalità della componente visiva dei suoi pezzi (i videoclip hanno già fatto scuola), vuoi per la fenomenologia tipicamente napoletana, qui rivista in chiave attuale e giovanile. Ovviamente, per il sottoscritto, quel che conta è invece sottolineare l’incredibile valore artistico di un album italiano che, per sua natura intrinseca, oltrepassa qualsiasi confine nazionale e si inserisce tra le opere più rilevanti di quest’anno (e non solo). Pop, dub-step, traditional, breakbeat, house, reggae, trap, ballad, Liberato riesce nel miracolo di assimilare tutto e restituire qualcosa che non ha semplici definizioni, non ha un perimetro codificato, non ha i preconcetti tanto cari alla critica d’antan, ai giornalisti di genere (metteteci quel che volete), al pubblico mai uscito dagli anni 70 (anche se nato e cresciuto nei decenni successivi), ai commentatori compiaciuti del loro sarcasmo provinciale, sempre alimentato dal non (ri)conoscere se non solamente i propri idoli (anche qui metteteci chi volete ma non con troppa fantasia…tanto sono sempre i soliti nomi). Liberato è un autentico fenomeno non per la capacità di imporsi con modalità singolari e comunicativamente di successo, ma per una produzione musicale che non ha veramente niente da invidiare ai numeri uno che vengono menzionati in ogni dove. Anche se io, per questa volta, l’ho messo solo al secondo posto. Per questa volta.

1° Miglior album 2019

These New Puritans – Inside The Rose

Camminare lentamente alla luce dei lampioni in perfetta solitudine, accompagnato solo da una sequela di canzoni appena scoperta. La musica riverbera in e intorno a te, sfida la tua memoria con quei ricordi inafferrabili, immerge ogni tua sensazione in uno spazio (s)conosciuto. Dove il nero sembra avere più gradazioni dei colori della realtà a cui la tua mente è ormai assuefatta. Oscuro a questo punto appare il cammino, ma certo è il cuore nell’affrontarlo. Le canzoni sono il tuo fabbisogno necessario, ti dissetano, ti cibano, ti indicano con vigore e stupore che tutto quel che esiste è lì per te, anche se non sembra, anche se fa male, anche se non capisci come, anche se devi impegnarti con tutte le tue forze per restare in piedi e continuare a camminare. Ne vale la pena, il cuore è certo: basta ascoltare gli archi che si distendono e si ripiegano quasi profetici, il vibrafono che come un loop umano rende meno impervie le sfide accumulate, le percussioni improvvise che supportano ogni tuo passo, le chitarre che sono fedeli e votate a svelare i tuoi desideri più reconditi e autentici. E infine, basta ascoltare quella voce che, come un eco essenziale costudito nell’anima, ridesta e da nuovamente vigore alla tensione del tuo io verso una luce nuova, diversa da quella abbandonata, ma meravigliosamente più intensa, vera e avvolgente. Grazie a “Inside The Rose” dei The New Puritans per essere stato la colonna sonora più bella e indimenticabile del mio cammino di questi ultimi 12 mesi. Album dell’anno. Grazie anche a voi che avete letto finora. Buone feste e buon 2020.