R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

C’è un grande chitarrista ungherese che incide dischi da circa trent’anni ma che resta conosciuto solo da un pubblico assai ristretto. Eppure questo musicista – si tratta di Ferenc Snétberger – transita attraverso i generi musicali con estrema scioltezza, ora cimentandosi con la musica classica, ora col jazz e la musica popolare brasiliana e flamenca. C’è poi anche un quartetto d’archi – il Keller Quartett – anch’esso ungherese e con una trentina d’anni di attività nel mondo della musica classica, che ha in comune con Snétberger l’attitudine alla curiosità e al desiderio di superare certi confini stilistici. Sono sempre più numerosi quei musicisti che, provenendo da mondi differenti, avvertono l’ambizione di confrontarsi con altre geografie artistiche, ma soprattutto desiderano misurarsi con se stessi, valutandosi nei generi più disparati. Gli esempi sono molti, da Friedrich Gulda a Keith Jarrett, da Nigel Kennedy a Chick Corea (ricevo, mentre scrivo, la notizia della sua morte – n.d.r.) e tanti altri ancora. Esistono poi etichette discografiche come ECM sempre pronte ad accogliere ibridazioni d’ogni tipo, purché, evidentemente, di alta qualità compositiva ed esecutiva. La molla che spinge certi artisti ad esporsi contemporaneamente su più fronti penso sia legata alla necessità di trovare nuovi spunti emozionali, di mettersi alla prova volteggiando senza rete, rischiando spesso qualcosa di proprio

Questo live, Hallgatò, registrato all’Accademia Liszt di Budapest, vede Snétberger e il Keller Quartett alternarsi anche combinandosi insieme per proporre un programma classico-contemporaneo. Lo stesso Snétberger presenta un proprio concerto e due brani di sua composizione, accanto ad opere di Shostakovich, Dowland e Samuel Barber. Il disco in questione si apre appunto con il Concerto per chitarra e orchestra “In memory of my people”, in tre movimenti, dedicato al ricordo degli oltre 500.000 rom sacrificati sull’altare della follia nazista. Si tratta di un omaggio non solo struggente ma anche carico di paradossale vitalità perché Snétberger in questo modo vuole conservare l’intera memoria del popolo da cui proviene. Hallgatò, cioè l’Adagio-Allegro del primo movimento, trattiene la parte più commovente del ricordo, introdotto dalla chitarra classica con un suono caldo e nostalgico. Quando intervengono gli archi non è solo per sottolineare l’atmosfera della rimembranza, ma anche per accennare ad una danza impetuosa, pur esaurendosi in pochi secondi, sopraffatta dalla malinconia. Emlekek è il secondo movimento che parte con una melodia cantabile, quasi una serenata e si mantiene tale senza essere turbata dall’intervento degli archi, che anzi, ne sottolineano la melodiosità. Chiude il concerto il terzo movimento, Tanc, ovvero un Allegro-Furioso che si presenta come un roteare di corpi e di vesti in un ballo estremamente vitale e vigoroso. Non solo dolore, quindi, ma anche il racconto di una gioia fisica, della voglia di divertirsi attraverso la danza, componente anch’essa insita nella tradizione Sinti così come la musica. Completamente diverso il registro con Shostakovich nel Quartetto d’archi n.8 in do minore in cinque movimenti (da non confondere con la Sinfonia n.8 in do minore). Ovviamente sparisce la chitarra, il pallino passa nelle mani del quartetto Keller e l’andamento si fa decisamente più drammatico. Del resto non potrebbe essere altrimenti data la complessa storia di questo concerto che fu composto velocemente a Dresda nell’estate del 1960 in un periodo depressivo per l’autore da poco iscrittosi, se pur riottoso, al partito comunista sovietico. In teoria questo concerto non sarebbe dovuto essere stato dedicato alle vittime della seconda guerra mondiale in quanto Shostakovich sembrava volesse invece riferirlo alle persone soggiogate da tutti i totalitarismi. Ovviamente questo non fu possibile perché le autorità russe non glielo permisero. Dopo il compositore russo è la volta di John Dowland, il bardo elisabettiano vissuto tra il ‘500 e il ‘600 tra Inghilterra, Francia e Danimarca che viene qua omaggiato in due delle sue più famose canzoni per liuto, I saw my lady weep e Flow, my tears. Chitarra e archi procedono insieme in queste due canzoni languide, fortemente evocative del periodo storico, intrise di un certo decadentismo cortigiano ma che non inficia la spontanea e naturale bellezza dei brani. Il famoso Adagio per archi di Samuel Barber, che segue immediatamente dopo, è ben condotto dal quartetto Keller e ci porta fino in fondo alla tristezza, incoraggiandoci a guardarla dritto negli occhi. Questo brano venne diretto per la prima volta nel 1938 da Arturo Toscanini in una trasmissione radiofonica americana e da allora è stato utilizzato come soundtrack cinematografico (ricordate Elephant man e Platoon?) e scopiazzato un po’ a destra e a manca da varie band rock, pop et similia (i Muse sono stati, per quel che mi risulta, gli ultimi in ordine cronologico ad ispirarsi a questo adagio). Si chiude con estrema eleganza con due brani di Snétberger uno dei quali, Your smile, per sola chitarra e il secondo per chitarra ed orchestra, la Rhapsody n.1 for guitar and orchestra. L’interpretazione dell’artista ungherese è pulitissima, di ottima impostazione classica con una luminosa sonorità resa al meglio dalla buona incisione ECM. Il quartetto Keller si mantiene, da par suo, assolutamente impeccabile per tutto lo svolgimento del concerto. Non mi sono dimenticato i nomi dei suoi componenti che sono Andras Keller e Zsofia Kornyei ai violini, Gabor Homoki alla viola, Laszlo Fenyo al violoncello. Certamente Hallgatò piacerà maggiormente ai cultori di musica classica ma potrebbe essere questa l’occasione buona, anche per coloro che sono prevalentemente orientati altrove, di accostarsi a una nuova, emozionante esperienza estetica.

Tracklist:

     Concerto for Guitar and Orchestra “In Memory of My People”
01. Hallgató (Adagio – Allegro) 
02. Emlékek (Adagio)
03. Tánc (Allegro furioso)

     Dmitri Shostakovich – String Quartet No. 8 in C Minor
04. Largo
05. Allegro molto
06. Allegretto
07. Largo 
08. Largo

09. I Saw My Lady Weep (John Dowland)
10. Flow, My Tears (John Dowland)
11. Molto adagio (from String Quartet Op.11) (Samuel Barber)
12. Your Smile (Ferenc Snétberger)
13. Rhapsody I for Guitar and Orchestra (Ferenc Snétberger)