I N T E R V I S T A
Articolo di Marco “Barattistuta” Baratti
Sono ormai 28 anni che seguo Bobo Rondelli da quando nel ’93 ascoltai per la prima volta “Ho picchiato la testa”, un brano che mi ricordava a tratti gli hit di una band inglese anni ’80 che adoravo: gli Housemartins.
Ho consumato quel primo splendido album degli Ottavo Padiglione, che diventarono uno dei miei gruppi preferiti di sempre dopo averli visti dal vivo nel livornese durante le ferie estive, che restano da 50 anni un punto fermo dalle parti dello splendido golfo a me omonimo di Baratti.
In questi anni però non mi era mai capitato di intervistarlo per cui ho accolto con piacere l’invito di Off Topic Magazine e lunedì scorso ho fatto una simpatica chiacchierata telefonica con Bobo che stava rientrando in treno da Roma a Livorno dopo il live a Radio2 Social club. 22 telefonate interrotte ad ogni ingresso del treno in galleria.
Ciao Bobo, lo scorso anno i mesi del primo tristissimo lockdown li ho passati insieme a molti altri con te, collegandomi alle tue dirette Istagram e ai tuoi seguitissimi appuntamenti a varie ore del giorno con live da casa, dal balcone, le lezioni di chitarra e la saga de “Lo scienziato pazzo”. Ci tenevi compagnia in quei giorni inediti di “arresti domiciliari” ed è stato un bel modo per dare un senso a giornate private delle nostre passioni. Il gruppo “Bobo Rondelli ha dei problemi tecnici” che curo su Facebook e su cui inoltravo le dirette Istagram in quei mesi, ha centuplicato gli iscritti, segno che parecchi come me lo trovavano di conforto grazie alla tua capacità di regalare un sorriso anche nei momenti e negli argomenti più difficili. Quanto è stato importante anche per te quell’esperienza e perché è bruscamente finita?
Era un modo per passare il tempo e sentirsi vivi ma poi mi sono reso conto che quando la gente ha ricominciato ad uscire le visualizzazioni calavano mentre vedevo ragazze che bastava si mettessero mezze “gnude” per fare migliaia di visualizzazioni… mi è passata la voglia anche perché devo pur campare e il mio lavoro è anche scrivere canzoni e mi sono concentrato sulla preparazione del nuovo album. A volte poi finivo col litigare con qualche odiatore seriale o con qualche fan un po’ folle… comunicare sui social in realtà non mi piace molto… era comunque una bella fatica e un bell’impegno perché facevo tutto da solo, dovevo cambiarmi per fare i vari personaggi poi passavo ad un mio amico che montava le scenette… Forse un giorno li riprenderò… magari ne farò un Video-CD da regalare.
Quanto ha influito quel primo lockdown sulla scruttura del nuovo album?
Molto, anche perché la donna non l’ho più vista, c’è stato un addio e le canzoni sono state ispirate anche da questi dolori da “topadipendenza”, la “topaina” è la sostanza più terribile e quando viene a mancare a volte diventa anche fonte di ispirazione. Il dolore porta sempre ad un risorgere più forte se non ti ammazza, l’amore è un meraviglioso errore ma è sempre bello passare da quel Paradiso. Nell’album tratto a volte di questa fine ma anche della successiva rinascita.
Tra gli autori del nuovo album “Cuore libero” appare anche il tastierista Claudio Laucci che ti segue da qualche anno…
Sì, ha decorato i brani con degli arrangiamenti e interventi “Morriconiani”… lui sarebbe un buon musicista per colonne sonore di film.

Venendo al tuo disco, mi ha colpito come, in un’epoca popolata da artisti che puntano molto sulla narrazione di sé, spesso con toni molto egocentrici, tu abbia invece messo al centro la musica ed il tuo amore per essa…
Non nego che anch’io quando scrivo tendo a raccontarmi, però ultimamente sto vivendo un rapporto con la musica molto profondo, penso che sia davvero la madre di tutte le forme d’arte, che si possa avere un dialogo con lei. Ho quindi voluto fare un disco che si ponesse l’obiettivo di parlare alla musica, di entrarci in rapporto; è una sorta di mio tributo personale alla musica, diciamo. Ho cercato di mettere in gioco le mie energie, il mio talento, in questo progetto, perché penso che possa dare molto alle persone.
Ti va di dire due parole sui 12 brani del nuovo album?
Volentieri. Parliamone con l’album in sottofondo:
1 – Il punto immenso
È il brano di apertura, una canzone dedicata a quel punto di cui abbiamo bisogno un po’ tutti che quando ti viene a mancare ti fa sentire un po’ perso. E’ una canzone naif molto semplice direi quasi Zen. Se non hai qualcuno che ti aggiusta un po’ il tiro, ti coccola e ti aiuta quando sei giù nella vita che è spesso tortuosa e piena di buchi, è difficile. Avere una persona accanto è per me una cosa molto importante. Non mi piace vivere da solo e alla fine ce ne sono pochi che decidono di farlo e diventano spesso acidi e noiosi “sembri una fiha!” gli si dice… la fiha gli entra dentro. Nella vita ai domiciliari i rapporti si sono molto ridotti… è una canzoncina per tutti;
2 – Babbo Apache
È dedicata ai primi insegnamenti di ogni babbo che cerca di inculcare il rispetto verso gli altri esseri viventi, cominciando proprio dagli animali verso cui i bambini a volte tendono ad essere un po’ spietati. Un rispetto verso i più deboli. È un omaggio alla figura di mio padre così contadina… abituato a fare i suoi bisogni nel fiume visto che i bagni non sempre c’erano. Alla fine quello che il figlio vorrebbe sentire dal padre è che lui si butterebbe nel fuoco per te. Questa è la dimostrazione di amore più forte al di là delle liti, degli inevitabili scontri generazionali e della sua rabbia contro di te quando fai le bischerate. Il bimbo ha bisogno di sentire che tu lo ami più di te stesso. Solo quando si hanno figli succede questo;

3 – L’angelo e il lupo
È una favola che tratta di un incontro con una ragazza che conobbi in un periodo in cui ero molto depresso che ad un certo punto è volata via tornando angelo, un infermiera rispetto alla quale mi sentivo un po’ lupo mentre io la vedevo come un angelo. Una favola d’amore;
4 – La bidonata
Canzone dedicata a quelle ragazze che in città ti avvicinano perché sei un po’ conosciuto per poi vantarsene con le amiche. Noi maschiacci le definiamo con un epiteto poco carino che non possiamo trascrivere… Quando sono giovani sono come dei fiori che ti incantano come le sirene… un tema che avevo già trattato anche ne “La voglia matta” ma ormai sono molto attento e più diffidente e stanco di dover fare il brillante per intrattenerle;
5 – Falso Chagall
Descrive un nuovo incontro. Mi piace questo gioco di fantasia di trovarsi dentro ad un quadro. Un omaggio anche ai falsari che prendono per il culo certi musei. I quadri importanti nelle case private per me non dovrebbero esistere, dovrebbero stare nei musei a disposizione di tutti invece molti ne fanno degli investimenti e io godo molto quando si prendono delle belle bidonate. È ispirata anche a fatti accaduti nella mia Livorno con i falsi Modì che sono sempre in giro e comunque anche il falsario per me è un grande ed è molto bravo… Anche Michelangelo era un falsario di antiche statue greche prima di diventare quello che tutti ammiriamo ancora oggi. Ho fatto anche un disegnino firmato “Bobigliani” con la figura di una donna vista di fronte;
6 – Sabrina
È dedicata ad una bimba di cui da piccoli in cortile eravamo tutti innamorati. Ne parlo anche nel libro Cos’hai da guardare (Mondadori, 2019). Ho incontrato il fratello e ho pianto ed era contento anche perché spesso la gente tende a giudicare senza conoscere e Sabrina per me era un po’ come un Arthur Rimbaud, sempre in giro per il mondo e quando tornava a Livorno non riusciva a starci, cantava per strada, faceva un mare di cose, un’avventuriera. A quell’età in certi luoghi usava fare uso di oppiacei, tendeva ad usarli anche quando tornava. Il periodo politico stesso ha contribuito forse a far morire tanta gente anche di eroina;

7 – Il più bel teatro
C’è un un osteria a Livorno in cui io vado, ci sono foto del quartiere e una di queste ritrae un anziano che fa tenerezza e da qui è venuta la frase “gli occhi dell’uomo innamorato, il più bel teatro” che centra poco col vecchietto ma mi fece pensare che prima o poi ne avrei fatto una canzone e poi quell’uomo è diventato i miei occhi piangenti che fanno scintille mentre lei se ne va, più giovane di me giustamente, va a vivere la sua vita più legata alla sua età dopo aver resistito tre anni… forse la distanza ha contribuito;
8 – Cuore libero
Quando grazie alla pandemia ti trovi senza più un lavoro ti metti a guardare il cielo pensando che in fondo i debiti in cielo non ce li avrò più e magari mi trasformerò in un albero. Un sogno e un’idea di considerare la morte come una liberazione più che la paura, perché è più la paura della morte che fa paura. Una sensazione di distacco dalle cose. Sono momenti che capitano quando ti stendi sull’erba e decidi di non pensare più ai problemi e a nulla e ti pensi in cielo a volare… una visione un po’ freakettona quasi un rilassamento Tao orientale con la pazienza di un albero che però se gli pigliano i cinque minuti stacca le radici e spacca tutte le macchine. Mi piace questa idea dell’albero ribelle che spacca tutto… mi ricorda un episodio avvenuto realmente a Livorno quando una mucca che doveva essere portata al macello intuì la sua fine e fuggì per le strade della città seminando il panico prima di essere abbattuta in un garage… Potevano addormentarla ed avendo dimostrato un’intelligenza superiore avrebbero dovuto dagli la libertà e portarla in un bosco a vivere la sua vita mangiando l’erba… una storia un po’ triste;
9 – L’infermiera
Parla della mia relazione con una dottoressa che segue i suoi anziani e io immagino la paghino a salsicce e salami, una di quelle che non stacca il telefono e anche il sabato viene disturbata, ma comunque se necessario va a visitarli. Nella vita cerco di accompagnarmi a persone buone con alto senso della compassione… se non mi fanno commuovere che mi facciano almeno ridere;
10 – Strada a senso inutile
È un po’ un gioco coi cartelli stradali per descrivere le sensazioni provate alla fine di un amore. È finito quel viaggio in volo tra te e lei che immaginavi. Quando vivi una storia d’amore la vivi come fosse qualcosa per sempre poi arrivano i momenti di crisi e quando finisce ti sembra di essere finito in un burrone o in una strada obbligatoria appunto a senso inutile.
11 – Grazie del male
Sono quelle storie che vivi da ragazzo e ti insegnano a non ricadere più in avventure con donne che ti piacciono ma possono anche essere cattive. Fa parte di un disco in cui vorrei dare indicazioni ai giovani per tornare a vivere un po’ come facevamo noi innamorandoci senza eccedere nell’idea di possedere gli altri e accettare le sconfitte anche in amore.
Dico che sento che i cantanti cantano tutti per me e divento un po’ come un eroe delle canzoni, ti immedesimi perché nelle canzoni è quasi sempre l’uomo ad essere lasciato e la canzone diventa un po’ come un conforto… soprattutto quelle italiane che non sono mai molto allegre.
12 – Se vuoi andare
Chiude un album intimo segnato dall’amore che finisce, ma ti resta l’orgoglio e non vuoi essere visto con le lacrime agli occhi. Quando qualcuno ti dice che non ti vuole più è giusto non insistere e fare lo stalker, capire e prendertela magari un po’ con te stesso.

Terminato il track by track dell’album mi viene in mente la tua partecipazione di oggi a Radio2 Social club con Mahmood. Il ragazzo è molto attento a quello che si deve e non si deve dire nelle interviste, invece tu parti subito a raccontare di quando entravi in chiesa e ti bagnavi i capelli nell’acquasantiera suscitando il terrore di Barbarossa conduttore…
Ma si dai, che male c’è? anche il Papa avrebbe riso… l’umorismo è la parte sana della vita. Il satiro un tempo era fondamentale.
Mahmood era folgorato dalla mia frase “sono un cantante di fame internazionale”. Loro provano a raccontarti ma l’intrattenimento è anche una cosa che ci fa sentire un po’ tutti sfigati. A volte penso di avere anche paura di diventare famoso… poi che me ne faccio? tanto a questa età anche le mie prestazioni sessuali non sono più quelle di un tempo. Per fortuna il progresso ci viene incontro… mi proporrò come il testimonial per il Cialis. 🙂
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