R E C E N S I O N E


Recensione di Claudia Losini

Mi ricordo ancora la prima volta che ascoltai De-loused in the comatorium, il primo disco dei Mars Volta: rimasi abbagliata. Non era il tipo di musica che ascoltavo quotidianamente, ma il loop sonoro in cui fui trascinata, così preciso nel dipingere la sensazione di estasi psichica e di deliri di morte, fu per me un’esperienza del tutto nuova. Così anche il loro live.
Decisi che amavo i Mars Volta, in particolare Cedric Bixler Zavala e Omar Rodriguez-Lopez, le due menti dietro anche gli At the Drive In, come tutti gli amori post adolescenziali che si rispettino, con passione ma anche con razionalità.
Questa premessa per dare l’idea delle aspettative, piuttosto alte, su The Mars Volta, uscito dieci anni dopo l’ultimo disco Noctourniquet (2012).

Anticipano l’album due cortometraggi Blacklight Shine e Graveyard Love, diretti proprio da Rodriguez-Lopez, entrambi un omaggio alla bellezza di Porto Rico e sul suo rapporto con l’America. Forse entrambe le canzoni hanno lasciato perplessi i fan più accaniti che si aspettavano da subito una full immersion nella psichedelia progressive, ma letta nell’ottica di rendere onore a un luogo e alle sue tradizioni, l’apertura di The Mars Volta è ancora più significativa. C’è della dolcezza in tutto il disco, c’è la lisergica ricerca di bellezza e di amore. I suoni si ammorbidiscono in una forma che può, a suo modo, essere definita pop. Come dice Cedric, “For me, the most exciting new direction is something we haven’t done: to cut things down, to do our version of pop”.
L’intenzione di fare qualcosa di totalmente diverso quindi è chiara, ma il diverso sempre con una impronta alla Mars Volta, capaci di rimescolare le carte in tavola a ogni brano, si passa da una canzone prettamente tradizionale folcloristica come Que Dios Te Maldiga Mi Corazon, ma rivisitata in chiave rock, a Flash Burns From Flashbacks, quasi un ritorno alle prime produzioni, molto più free jazz e sperimentale, fino a No Case Gain, che ha un ritornello così orecchiabile da non sembrare quasi un prodotto della band texana.

Non ci troviamo più di fronte a quell’urlato strazio interiore del primo disco o di Frances The Mute, dove i suoni si propagavano per 12 minuti, tantomeno questo disco sarà dimenticabile come Noctourniquet, il più tiepido dei dischi: qui ci troviamo di fronte al bilanciamento di generi totalmente diversi tra loro: elettronica, spanish rock, psichedelia, art rock, dub e quant’altro, tutto dedito a comporre un nuovo universo Mars Volta. Sicuramente è un album che dividerà il pubblico tra chi si approccia al gruppo per la prima volta con The Mars Volta, più soft e malleabile rispetto agli altri, e chi, d’altro canto, è appassionato alle vecchie produzioni. Il che non significa reagire a questo con un rifiuto, piuttosto, accoglierlo come un’evoluzione. Certo, magari non rimarrò più estasiata da quel tunnel sonoro in cui mi avevano trascinato ormai vent’anni fa, ma i tempi, le menti, le persone cambiano, mutano in altro, si addolciscono o si irrigidiscono, e noi insieme a loro.


Tracklist:

01. Blacklight Shine
02. Graveyard Love
03. Shore Story
04. Blank Condolences
05. Vigil
06. Que Dios Te Maldiga Mi Corazon
07. Cerulea
08. Flash Burns From Flashbacks
09. Palm Full Of Crux
10. No Case Gain
11. Tourmaline
12. Equus 3
13. Collapsible Shoulders
14. The Requisition