R E C E N S I O N E
Recensione di Aldo Del Noce
Vale la pena di recuperare, entro la strutturata quanto cangiante discografia del Nostro, il non recentissimo You | Me (Hubro, 2017), dichiarato prequel del corrente Sympathetic Magic, che sembra però differenziarsene non solo nella line-up raddoppiata quanto nelle accresciute ambizioni.
Ciò che sembra costituire la più saliente differenza è magari una meno spiccata attenzione verso le implicazioni del ritmo: si poteva asserire come nel precedente album gli strumenti a corda fungessero da telai sulle cui imbastiture le percussioni operassero inflessioni ritmiche, ma nell’attuale caso sembra si tenda ad una differente progettazione di soundscape .
Molto infatti si deve all’acquisizione di materiale vintage, in particolare stagionate tastiere elettroniche oltre ad una nuova drum-machine, che hanno conferito nuovi spunti creativi per un progetto commissionato dall’Oslo Jazz Festival nel 2021, secondo anno di pandemia.
“La musica ha creato una situazione di inaspettata positività; sembrava un progetto sociale, anche se ci passavo la maggior parte del tempo da solo. E tutta questa energia positiva e gioiosa sembrava abbastanza magica, arrivando come dal nulla in questa situazione altrimenti triste, quasi un’allucinazione: Sympathetic Magic invece è come un sogno dentro un sogno” secondo Kim Myhr, il quale ha inteso amplificare (e magnificare) il proprio instrumentarium a corde aggregandone una triplice sezione aggiuntiva, espandendo analogamente la sezione percussiva , affidata a ben tre solisti, tra cui il sodale e sperimentato Ingar Zach, e doppiando le proprie parti a tastiera grazie alla quasi onnipresente Anja Lauvdal.

Il sound esordisce, robustamente setoso, in And I Thought These Are My People che prende evidenti distanze da ogni frenesia presente nell’album precedente lasciando grondare le vibrazioni strumentali, facenti capo a figurazioni solistiche discrete e vagamente orientaleggianti di un basso di timbrica baritonale, di fatto molto defilato in termini di ruolo e presenza, annunciando insomma rinnovate concezioni d’insieme.
Meccaniche simil-ecclesiali nei clusters organistici della successiva Gifting Senselessly In Endless Lavishness, segnate ancora da semplici linee di sentore levantino, percorse da inquiete sortite percussive e disegni di chitarra elettrica aspra ed assertiva, entro un composito brano di trama post-rock non esente da tratti di psichedelia.
Improntati da narcisismo e estetizzazione i corali languori delle chitarre elettriche, che con sensualità aprono ad un passaggio da pop-song in Move The Rolling Sky, stavolta con attenta strutturazione dell’imbastitura delle multiple parti di batteria.
Più dimessa e tendenzialmente lineare la ripresa dei semplici accordi organistici nella breve Iridescent, che transita verso un nuovo, articolato passaggio pop-psych in Up To The Sun Shall Go Your Heartache.
Profondi sommovimenti tellurici e sottomarini sembrano rappresentati dall’agitante stratificazione strumentale in I Wonder If I Shall Fall Right Through The Earth (letterale citazione dal Lewis Carroll di Alice in Wonderland), che s’imposta per stratificazioni di tastiere verso un più strutturato epilogo, blandamente avvicinabili a certe scritture di Mark Isham, ad esempio.
Estensione ben maggiore delle precedenti per la conclusiva Heart Streams, attraversata da una dominante e densa linea di basso che conduce ancora a conclusiva aggregazione delle parti verso una pesante pulsazione di tamburi, stemperandosi sul finale e definitivamente ogni tensione energetica.

Cogliamo insomma già diversi elementi formali per sancire le differenze del presente Sympathetic Magic rispetto alle precedenti esperienze, dichiarando di distanziarsi nella sostanza da impeti e frenesie investendo piuttosto in una catturante esperienza di trance collettiva, con elementi passatisti (leggi = d’antan) legati non certo solo all’intrumentarium storico, quanto ad una cosciente ripresa di certe correnti dell’avant-garde a leaderhip chitarristica, proprie ad esempio di mondi alla Robert Fripp. Ma i tratti contemplativi, estatici della sequenza autorizzano anche l’impressione che si recuperi una ‘mistica pop’ che ha collegato negli anni d’oro del filone personalità anche molto differenti (in un arco che potrà toccare da Santana a Popol Vuh e quant’altri assimilabili), azzardando un ‘Credo’ estetico da destinarsi al completamento da parte dell’ascoltatore partecipe.
E l’alienità rispetto alle tensioni ritmiche puntando verso una relativa destrutturazione del suono conferisce ancora argomento circa il trovarsi in un “sogno dentro un sogno” come già suggerito dalla note, riprendendo con rinnovate visionarietà il motivo dello “immergersi e nuotare nel suono”, già dominante nel precedente You | Me.
Rilevando come il titolo del disco sia un termine coniato da James Frazer in Il Ramo d’Oro, se ne riporta: “Le cose che una volta sono state in contatto tra loro continuano ad agire a distanza l’una sull’altra dopo che il contatto fisico è stato interrotto”; così, non sembrano pochi i riferimenti dal passato all’angosciante epoca del lockdown, per cui ancora si rileva: “In un mondo chiuso in cui tutte le nostre connessioni con l’esterno sono improvvisamente remote o assenti, il confine tra reale e immaginario è sfocato. Ho avvertito che il termine riassumeva perfettamente i pensieri, i processi e i sentimenti che hanno portato alla realizzazione di questo disco” conclude Myhr.
En passant, si suggerisce di completare l’ascolto recuperando non soltanto il precedente e più volte citato album, ma anche l’apparentemente distante Pressing clouds passing crowds (certo, molto diverso per fisionimie strumentali), azzardando una triangolazione orientativa per addentrarsi nella progettualità mutevole, ed evidentemente libera, del giovane autore norvegese.
Ci congediamo dunque con la riflessione dalla sequenza di materiali del presente lavoro, nell’essenza puntante quasi alla dissoluzione formale, verso un profonda e condivisa percezione di meccaniche cosmiche, proponendo un ascolto non per tutti, ma suggestivamente foriero di contemplazione e abbandono.
Kim Myhr: chitarre elettriche a 6 e 12 corde, organo, basso, synth, voce, drum-machine
Hans Hulbækmo: batteria, percussioni
Michaela Antalová: batteria, percussioni
Ingar Zach: grancassa, timpani, percussioni, speakers vibranti
Adrian Myhr: basso, chitarre elettriche a 6 e 12 corde
Anja Lauvdal: organo, synth
Håvard Volden: chitarre elettriche a 6 e 12 corde
David Stackenäs: chitarre elettriche a 6 e 12 corde
Tracklist:
01. And I Thought These Are My People (6:10)
02. Gifting Senselessly In Endless Lavishness (9:00)
03. Move The Rolling Sky (14:33)
04. Iridescent (3:56)
05. Up To The Sun Shall Go Your Heartache (12:12)
06. I Wonder If I Shall Fall Right Through The Earth(9:00)
07. Heart Streams (17:48)
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