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Lucio Vecchio

Pippo D’Ambrosio – Beyond The Sky (A.MA Records, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Lucio Vecchio

A tre anni dal suo quarto disco, A Peaceful Place, il percussionista barese Pippo D’Ambrosio si ripresenta al pubblico con il concept album Beyond The Sky, edito dalla A.MA. Records di Antonio Martino.
Beyond The Sky è un album tematico che esplora l’ordine imposto dall’universo accostandolo al caos provocato dagli umani sulla terra. Pippo D’Ambrosio ha creato un lavoro che fonde la sua batteria, le tastiere di Eugenio Macchia, il contrabbasso di Giorgio Vendola e il sassofono contralto di Gaetano Partipilo in un viaggio cosmologico in cui il jazz è alla base dei groove in tutte le sue dieci tracce.

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Ralph Alessi Quartet – It’s Always Now (ECM Records, 2023)

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Recensione di Lucio Vecchio

Gli appassionati del genere conosceranno sicuramente Ralph Alessi ma, a mio avviso, il ruolo di una recensione è anche quello di fare divulgazione. A tal proposito è quanto mai doveroso ricordare che Alessi (classe 1963) è figlio del trombettista classico Joe Alessi e della cantante lirica Maria Leone. È nato a San Francisco e dopo essersi diplomato in tromba e basso jazz ha continuato i suoi studi con il leggendario Charlie Haden al CalArts, prima di sbarcare a New York ed imporsi sulla scena downtown. Alessi è noto anche per il suo lavoro di educatore: ha insegnato in diverse scuole di musica americane, europee ed in Italia collabora con l’amico chitarrista Simone Guiducci.
It’s Always Now è il suo quarto album per ECM e per l’occasione Alessi si presenta con una nuova formazione composta dal pianista Florian Weber, da Bänz Oester al contrabbasso e dal batterista Gerry Hemingway. L’album, composto da dodici brani, è prodotto da Manfred Eicher, è stato registrato a giugno 2021 negli studi di Artesuono di Stefano Amerio e mixato a dicembre 2022 a Lugano.

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Artesuono: l’eccellenza italiana creata da Stefano Amerio

V I D E O I N T E R V I S T A


Articolo di Lucio Vecchio

Dove Nasce la Musica è una nuova rubrica di Off Topic Magazine che vuole far conosce al grande pubblico le persone che lavorato dietro le quinte delle produzioni musicali e non solo. Con interviste dirette ai protagonisti vi porteremo là, Dove Nasce la Musica.
Durante la prima puntata, siamo stati ospiti di Stefano Amerio, uno dei fonici e producer più richiesti a livello europeo per le produzioni jazz. Stefano ci ha raccontato come è nata Artesuono, che non è solamente uno studio di registrazione ma anche un’etichetta discografica con cui ha prodotto centinaia di dischi. Uno dei passaggi più interessanti dell’intervista è il racconto di come sia venuto in contatto con Manfred Eicher ed il mondo ECM con il quale collabora da vent’anni. Se siete appassionati del genere non potete perdervi questa puntata.

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Michele Sannelli & The Gonghers – Inner Tales (Wow Records, 2022)

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Recensione di Lucio Vecchio

Inner Tales è il disco d’esordio di Michele Sannelli (percussionista poliedrico classe 1992) & The Gonghers, formazione nata nelle aule del conservatorio Verdi di Milano e proseguita fuori negli anni grazie alla passione e all’amicizia che lega i giovani componenti della band. Per cercare di capire il contesto in cui si pone questo disco vale la pena di riavvolgere il nastro e ripartire dall’inizio. A cavallo fra il diciannovesimo ed il ventesimo secolo la scena newyorkese era interamente occupata dall’industria discografica che venne poi ribattezzata in termini dispregiativi Tin Pan Alley. Come atto di emancipazione dalle sonorità in voga a quell’epoca si fece avanti un nuovo stile, subito etichettato come Prog Rock o Progressive Rock. L’idea era quella di dare uno spessore culturale al Rock facendolo progredire (da qui il nome) verso un genere di maggiore complessità cosi da avvicinarlo alla cosiddetta musica colta. Un cambio di paradigma che mutò la struttura dei brani trasformandoli in vere proprie suite che duravano anche quanto un intero LP (circa 40 minuti). Il Prog Rock ebbe la sua massima diffusione durante la metà degli anni settanta per poi trasformarsi e influenzare altri generi musicali. Inner Tales trae la sua ispirazione proprio dai concept album del prog rock di quegli anni (il nome stesso deriva dai Gong di Pierre Moerlen, gruppo della scena di Canterbury al quale il quintetto si è ispirato nella prima parte della carriera e tuttora presente nella propria musica), in chiave più jazz, introspettiva e moderna.

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Francesco Del Prete – Rohesia Violinorchestra (Dodicilune, 2022)

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Recensione di Lucio Vecchio

Possiamo dire che il progetto Rohesia Violinorchestra gira tutto intorno al numero cinque: Cinque vini, cinque sensi e cinque brani.
Chi abbia un minimo di dimestichezza con il nettare di Bacco, saprà che, quando si degusta un vino, vengono attivati tutti e cinque i sensi. Diciamocelo chiaramente però, l’udito è il senso meno sollecitato, tanto che si arriva a dire che al vino manca soltanto la parola. Da questa constatazione prende le mosse Rohesia Violinorchestra, nuovo progetto discografico del violinista e compositore Francesco Del Prete per l’etichetta Dodicilune, distribuito in Italia e all’estero da IRD. Nel disco sono contenuti cinque brani originali presenti in due versioni, la prima più orchestrale ed elettronica, l’altra più acustica.
I brani sono stati scritti per essere accostati a cinque vini dell’azienda Cantele, una realtà ben radicata nel territorio pugliese e nazionale e di ampio respiro internazionale, che ha coprodotto questo lavoro. Un viaggio che parte dalla terra, dai paesaggi rurali, dai sapori locali che sono fonte d’ispirazione per l’arte, per la musica e per l’intelletto. Un viaggio inedito che si arricchisce della voce di Arale (Lara Ingrosso), del violoncello di Marco Schiavone e Anna Carla Del Prete, del flicorno di Pacifico Tafuro, dell’arpa di Angela Cosi, del pianoforte di Emanuele Coluccia e dalle chitarre di Roberto “Bob” Mangialardo.

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Canova Trio – Agata (Filibusta Records, 2022)

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Recensione di Lucio Vecchio

Canova è un piccolo borgo medioevale, immerso nella natura della Val d’Ossola. Un villaggio di case in pietra e legno, abitato da diversi artisti. Ed è anche il luogo in cui, sei anni fa, questo trio è nato grazie all’incontro spontaneo di tre amici: Elisa Marangon, voce e pianoforte – Roberta Brighi, basso elettrico e voce – Massimiliano Salina, batteria.
Nel tempo, i percorsi ed i gusti personali, così come la voglia di sperimentare e rischiare, hanno permesso al gruppo di lavorare su brani originali ed arrangiamenti del tutto personali, caratterizzati da ricerca ritmica e liricità, ispirandosi alla musica jazz nordeuropea (come Kenny Wheeler, Ewan Svensson e Norma Winstone), così come al jazz americano, al neo soul e all’R&B moderno (come Robert Glasper e Gretchen Parlato).
Nell’estate del 2021 hanno registrato il loro primo album insieme Agata, con un ospite speciale, il trombettista Fulvio Sigurtà.
Attraverso colori e geometrie sorprendenti e sempre differenti la pietra Agata si fa spazio nel mondo e racconta, senza parole, di un miracolo della natura. Dalla combinazione di diversi fattori naturali nascono delle vere e proprie opere d’arte, dall’identità forte, che a tratti ricordano tecniche pittoriche appartenenti ad epoche lontane tra di loro.
Una modalità espressiva molto vicina al mondo della musica, che fa pensare al colore di questo disco.
In Agata, edito da Filibusta Records, trovano posto 11 tracce. Oltre alle composizioni originali di Elisa Marangon, di cui una scritta con Roberta Brighi, ed una di Massimiliano Salina, sono presenti reinterpretazioni di brani di Antonio Carlos Jobim, WayneShorter, Bill Evans, Enrico Pieranunzi, Dave Castle/Ewan Svensson.

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Bill Frisell – Four (Blue Note Records, 2022)

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Recensione di Lucio Vecchio

Cercando i termini “long COVID” su un motore di ricerca trovo la definizione: “È una sindrome clinica caratterizzata dalla presenza di alcuni sintomi legati all’infezione da SARS-CoV-2, che insorgono o persistono anche per settimane o mesi dopo la guarigione da COVID-19”.
Tranquilli, non state per leggere un trattato di medicina e non mi interessa infilarmi in diatribe o dibattiti legati al Covid. Ho voluto usare il caso come metafora, come spunto di riflessione del fatto che molte delle attuali uscite discografiche sono produzioni che risalgono ai mesi in cui siamo stati costretti in casa e che, come una scia lunga e persistente, verranno rilasciate nei giorni a venire. Una di queste è appunto Four, ultima fatica del chitarrista americano Bill Frisell.

Four è il terzo album di Frisell per Blue Note Records. È composto da tredici tracce di cui quattro reinterpretazioni di brani originali mai registrati e nove brani inediti, scritti come appunti durante il lockdown.
“È stato traumatico non stare con le altre persone”, dice Frisell, “così ho preso la mia chitarra e lei mi ha salvato”. In quei mesi ha scritto un sacco di melodie ed idee, così quando ha programmato le sessioni di registrazione di Four, aveva accumulato pile di quaderni pieni di musica che egli definisce “frammentata”.

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Alberto Dipace Eyes and Madness – A Dreamy Journey (AMP Music & Records, 2022)

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Recensione di Lucio Vecchio

A Dreamy Journey è l’ultimo lavoro del progetto Eyes and Madness composto da Alberto Dipace al pianoforte, Danilo Gallo al contrabbasso e Ferdinando Faraò alla batteria, uscito il 14 ottobre per la norvegese AMP Music & Records. Già al primo sguardo, no non mi sono sbagliato, non al primo ascolto, ancora non ci ero arrivato, ma al primo sguardo della tracklist mi sono accorto di non essere di fronte ad un normale album. Questo perché la sua durata complessiva supera abbondantemente l’ora. Roba da anni settanta. Abituati come siamo, anche nella musica così detta colta, a brani della durata massima di tre minuti. Il primo sguardo è stato confermato dal primo ascolto, dove si capisce che la durata di questo disco (scusate lo chiamo ancora cosi) è giustificata anche dalla voglia che i musicisti hanno di suonare e di trasmettere la propria passione e fin anche i propri sentimenti, senza risparmiarsi e senza fare alcun tipo di calcolo.

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Nagual – Italocarioca (Caligola Records, 2022)

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Recensione di Lucio Vecchio

Italocarioca è il quarto album da protagonista del sassofonista veneziano Nagual, alias Giovanni Ancorato (il nome è tratto dalla tradizione indigena del Messico), e arriva dopo il debutto Quintessenze (Caligola), Private Dancer (Alfa Music) e Sketches (Caligola), uscito tre anni fa. Anche in questo lavoro tutti i brani, composti da Nagual, sono caratterizzati da una sintesi di jazz e musica brasiliana. L’apertura alle culture africana, asiatica e latinoamericana è sempre stata una caratteristica del jazz di Nagual, un sassofonista veterano che le ha distillate nelle registrazioni, rendendole tutte preziose. Nagual entra in studio di registrazione solo quando sente di avere davvero qualcosa da dire. In questo caso rivela apertamente e spudoratamente tutto il suo grande e viscerale amore per la musica popolare brasiliana, non solo samba e bossanova.

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