R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Per una serie di coincidenze in quest’ultimo anno mi sono trovato ad ascoltare e talora a recensire il lavoro di tutta una serie di vibrafonisti, soprattutto giovani, che hanno portato nel jazz una nuova, piacevole scossa sonora. Dagli americani Joel Ross, Jalen Baker, Warren Wolf fino agli italiani Di Gregorio, Perin ed ora, giustappunto, al marchigiano Marco Pacassoni. Il vibrafono è uno strumento percussivo di relativa recente invenzione – ha solo(!) un secolo di vita – che se lo ascoltate piuttosto da vicino vi fa vibrare voluttuosamente i timpani, con un’onda sonora che continua a riverberarsi creando un’insolita, piacevole sensazione di vitrea trasparenza. Lo strumento in questione, portato alle stelle nell’universo jazz da autentiche leggende come Hampton, Jackson, Burton non ha avuto però il seguito che hanno ottenuto altri strumenti come il piano o la chitarra o i più iconici fiati. Assieme alla marimba e allo xilofono, da cui differisce per la materia delle barre – nel contesto di questi ultimi in legno anziché in metallo – si è comunque conquistato il suo spazio all’interno delle formazioni jazz, spesso sostituendo uno strumento armonico come il piano o, come in questo Hands & Mallets, aggiungendosi ad esso con un effetto di piacevole, reciproca integrazione. Pacassoni, in questo disco, suona con un compagno collaudato come Enzo Bocciero, con cui è legato da durevole amicizia e con il quale ha inciso, tra altri lavori, il sorprendente Frank & Ruth del 2019 dedicato a Zappa e alla vibrafonista Ruth Underwood. La visione d’insieme di questo duo è molto garbata e melodica, con il piano di Bocciero che costruisce linee melodiche ed armoniche in un perfetto intreccio quasi contrappuntistico col vibrafono. Pacassoni, con le note fluorescenti del suo strumento, si propone alla pari senza voler sgomitare, evidentemente interessato al risultato della collaborazione sonora più che all’esibizione delle sue doti strumentali, certamente tutt’altro che trascurabili. L’impressione globale è che i due musicisti si ascoltino reciprocamente con grande concentrazione e che stiano sempre ben attenti a non oscurarsi l’un l’altro, garantendo così un flusso musicale ricco di spontanea corrente emotiva, muovendosi in ambito esclusivamente tonale.
