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Alessandro Grazian @ Arci Bellezza, Milano – 20.04.24

L I V E – R E P O R T


Articolo di Riccardo Provasi, immagini sonore di Federico Molvini

Scese le scale, all’Arci bellezza di Milano, si apre letteralmente un mondo. I muri coi mattoni a vista, l’intonaco scolorito, l’atmosfera decadente e romantica, gli strumenti, i fari, gli amplificatori… tutto non può che avere un fascino irresistibile. Quel fascino che hanno solo quei luoghi in cui l’arte è ancora senza dubbio al primo posto. Alessandro Grazian è in gran forma: fresco di un nuovo singolo, Nonostante, è pronto a scaldarci i cuori con un’ora e mezza di musica.

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Batti 5: 5 domande in 5 minuti: Clio M

Le contiamo sulla punta delle dita: 5 domande ai nostri artisti, il tempo di batter 5 et voilà, in 5 minuti le risposte.

I N T E R V I S T A


Articolo di E. Joshin Galani

In attesa del nuovo album in uscita “Tabula”, incontriamo per questo Batti 5 Clio M (Clio Colombo), che ha anticipato il suo esordio solista dopo il progetto Clio and Maurice con tre singoli digitali Fight a ottobre 2023, A Good Day a gennaio e l’ultimo dal titolo Earth a marzo (in distribuzione Believe Music Italy).

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Melissa Aldana – Echoes Of The Inner Prophet (Blue Note Records, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Difficile tracciare la nosografia d’una passione, se consideriamo quest’ultima una sorta di malattia così come la descrivevano i filosofi antichi. Ma se invece la valutiamo come una scossa profonda innescata dal desiderio, una pulsione che arricchisca e scuota motivando l’individuo verso una direzione ambita, allora il concetto di pathos acquisisce un valore più profondo e positivo. La stessa importanza che in quest’ultimo Echoes of the Inner Prophet riguarda la tenor-sassofonista Melissa Aldana, avvolta, come lei stessa ammette, da una forma di trasporto devozionale verso la figura artistica di Wayne Shorter. Se nel precedente 12 Stars – leggi qui – l’Autrice cilena dimostrava la sua completa integrazione nel clima musicale newyorkese, in questo settimo album in carriera la presenza spirituale del maestro del New Jersey diventa l’occulta guida a condurne l’ispirazione, affidandole il testimone della propria continuità creativa. Raramente, almeno in questi ultimi tempi, ho avuto l’opportunità di ascoltare una musicista come l’Aldana che in questo album sembra realmente essere la naturale erede di Shorter. Pare quasi che il suo particolare modo di suonare, cercando spazi intervallati tra note spesso molto distanti, in un continuo sali-scendi di sonorità tese ma sempre piuttosto morbide e umorali, insomma lontane da ogni forma di manifesta aggressività, riveli un’atmosfera virata all’oscurità, una direzione interiore quasi auto-analitica finalizzata alla ricerca di Sè.

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…A Toys Orchestra @ Glue Alternative Concept Space, Firenze – 13.04.24

L I V E – R E P O R T


Articolo di Arianna Mancini, immagini sonore di Antonio Viscido

Mi ero promessa di ritornare al Glue Alternative Concept Space di Firenze e l’ho fatto per una data del tour degli …A Toys Orchestra. A sei anni di distanza da Lub Dub sono tornati sui palchi per presentare il nuovo disco d’inediti: Midnight Again (recensione qui, intervista qui). Il loro ritorno è stato accolto con l’entusiasmo e l’affetto che meritano: quattro date tutte sold out, ed un locale nuovamente gremito chiude questa quinta tappa, palese dimostrazione di quanto siano mancati al proprio pubblico.
La serata è stata aperta dai fiorentini o:odal, progetto artistico dream pop elettronico, con alcuni brani del loro album d’esordio: Due Punti

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Cannonball Adderley – Burnin’ In Bordeaux Live in France 1969 & Poppin’ In Paris Live At L’Olympia 1972 – (Elemental Music, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Aldo Pedron

Julian Edwin “Cannonball” Adderley è un’importante e fondamentale sassofonista (contralto e soprano) nato a Tampa, Florida il 15 settembre 1928.

Nato da padre cornettista, studia musica presso il liceo di Tallahassee dal 1944 al 1948 e apprende a suonare il flauto, la tromba, il clarinetto e la viola prima di dirigere un’orchestra alla Dillard High School di Fort Lauderdale dal 1948 al 1950 e dove un suo compagno, il batterista Lonnie Haynes, gli affibbia, a causa della sua mole e del suo appetito, il soprannome di “Cannibal” (cannibale), che diventerà “Cannonball” (palla di cannone). Nel 1955 parte per New York dove arriva dopo pochi mesi dalla morte di Charlie Parker e prendendone in un certo modo la sua eredità artistica nonché una certa influenza. Cannonball ottiene presto un contratto discografico con la EmArcy. Nel 1956 fonda con il fratello Nat un quintetto che nel 1959 si trasformerà in un sestetto. Nel frattempo, lavora e suona con Miles Davis e accanto a John Coltrane. Incide l’album The Cannonbal Adderley Quintet in San Francisco featuring Nat Adderley (Riverside Records, 1960) che gli assicurerà il grande successo. Le formazioni di Cannonbal Adderley vedranno sfilare alcuni dei migliori musicisti del momento: Hank Jones (nel 1958), Bill Evans (1958 e 1961), Wynton Kelly (1959-1961), Victor Feldman (1960-1961) e molti altri.

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Avishai Cohen Quartet @ Spazio Le Rotative, Piacenza 05.04.24

L I V E – R E P O R T


Articolo di Paola Tieppo, immagini sonore di Claudio Chimento

Per la terza volta quest’anno sono stata presente, con grande piacere, alla XXI edizione del Piacenza Jazz Fest e l’occasione è stata l’ultima serata del cartellone principale, ma ricordo che sono in corso altri eventi interessanti fino al 30 aprile, non a caso, essendo la Giornata Internazionale del Jazz. Anche quest’ultimo appuntamento, come il mio precedente, riguardava un quartetto molto ‘quotato’ e molto atteso: fin dal 2020 quando, già programmato, fu annullato tutto causa pandemia. Come in tante situazioni, questo ha generato ‘pro e contro’: il ‘contro’ è chiaro, ma il ‘pro’ è che in questi quattro anni altra musica è stata creata, scaturita anche da consapevolezze diverse, ed è diventata ulteriore sorgente per la performance a cui ho avuto la fortuna di assistere. Quindi: il Quartetto era quello del trombettista Avishai Cohen, israeliano di nascita e newyorkese di adozione, come lo sono anche il contrabbassista Barak Mori ed il batterista Ziv Ravitz, mentre il pianista Yonathan Avishai, conterraneo ma stabilitosi da molti anni in Francia, è definito “il più francese dei virtuosi israeliani”.

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A Toys Orchestra – Ricominciamo da mezzanotte senza trucchi e senza trucco [intervista]

Intervista di Cinzia D’Agostino

Nella musica di oggi, nel mainstream ma non solo, le collaborazioni vengono decise dall’alto, si affiancano nomi noti diffusi a profusione sui network radiofonici, nomi che fanno numeri. In una nicchia della musica indipendente, chiamiamola pure underground o alternativa, le collaborazioni nascono dalle interconnessioni, da quella magia che collega le persone e fa nascere opere di stupefacente bellezza, proprio perché innescate da autenticità e genuinità. Come questo nuovo lavoro degli A Toys Orchestra, Midnight Again, uscito il 22 marzo, dopo sei anni di sonno, interrotto da una sveglia interiore che ha deciso che fosse giunto il momento di alzarsi e dare una forma alle emozioni e ai mutamenti maturati nel tempo. È quindi di nuovo mezzanotte, la loro mezzanotte ma anche la vostra, la mia che, dopo sei anni, con qualche capello bianco in più, ritorno a scambiare piacevolmente qualche chiacchiera con Enzo Moretto a parlare di quello che, secondo me, è l’album più completo, sincero e commovente della loro lunga produzione.

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Fred Hersch – Silent, Listening (ECM Records, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Nicola Barin

C’è una frase che può riassumere meglio di altre il nuovo progetto del pianista americano Fred Hersch, ed è il titolo della sua biografia: Good Things Happen Slowly. Il pianista di Cincinnati all’età di 68 anni ci regala un altro progetto in piano solo, un album che esalta le atmosfere notturne e umbratili. Ognuno di noi incontra musicisti con i quali trova, per motivi oscuri, una sorta di sintonia particolare, una costante empatia, una folgorazione. La mia con Fred Hersch è avvenuta con l’album The Fred Hersch Trio +2 del 2004. Con un amore verso la lezione di Bill Evans l’artista ha saputo far confluire e distillare un timbro unico e irripetibile creando il miglior piano trio attualmente in circolazione (insieme a John Hébert al contrabbasso e Eric McPherson alla batteria). Il pianismo di questo artista si insinua lentamente, si fa strada con garbo senza stravolgimenti, ad un primo ascolto, successivamente le sensazioni mutano, ascoltate la versione di Bemsha Swing di Thelonious Monk tratta dal Live al Village Vanguard del 2003: la pulsazione ritmica è possente, lo swing scorre con ferocia.

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Simone Matteuzzi – Invito per colazione (Zebra Sound, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Giovanni Tamburino

Stop. Pausa. Poi, azione.

Nella frenesia della città moderna, in cui si tira dritto sempre e comunque e lo svago è un vezzo del weekend, la necessità di qualcosa che rompa in maniera netta e violenta l’ansimante corsa quotidiana risulta sempre più evidente.

Allo stesso modo, in un panorama musicale orientato al rapido consumo, al riferimento chiaro e all’appeal da ricondivisione, la reazione più plausibile e, forse, più efficace, è quella di una risata sarcastica e un beat in punta di piedi.

Riflessione ed ironia, tra un febbrile flusso di coscienza e un sound ammiccante, arriva il debut album di Simone Matteuzzi: Invito per Colazione. Il disco, in uscita per Zebra Sound, presenta il giovane artista, classe 2001, come un personaggio trasversale in una realtà che sembra saper andare in un’unica direzione.

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