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Giovanni Tamburino

Simone Matteuzzi – Invito per colazione (Zebra Sound, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Giovanni Tamburino

Stop. Pausa. Poi, azione.

Nella frenesia della città moderna, in cui si tira dritto sempre e comunque e lo svago è un vezzo del weekend, la necessità di qualcosa che rompa in maniera netta e violenta l’ansimante corsa quotidiana risulta sempre più evidente.

Allo stesso modo, in un panorama musicale orientato al rapido consumo, al riferimento chiaro e all’appeal da ricondivisione, la reazione più plausibile e, forse, più efficace, è quella di una risata sarcastica e un beat in punta di piedi.

Riflessione ed ironia, tra un febbrile flusso di coscienza e un sound ammiccante, arriva il debut album di Simone Matteuzzi: Invito per Colazione. Il disco, in uscita per Zebra Sound, presenta il giovane artista, classe 2001, come un personaggio trasversale in una realtà che sembra saper andare in un’unica direzione.

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Herself – Spoken Unsaid (Urtovox, 2024)

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Recensione di Giovanni Tamburino

Il dolore ritorna. Il dolore non scompare mai del tutto. Forse in realtà non se ne va mai via, tuttalpiù rimane una condizione asintomatica che si acutizza quando la realtà torna a colpire e liberare dall’intorpidimento che le sicurezze e l’abitudine regalano nel quotidiano. Eppure, la condizione in cui siamo realmente consapevoli di noi, presenti ad ogni brandello di esistenza è quando questa viene ribaltata. La lingua percepisce il dente quando ha una carie. La carne percepisce la pelle quando si taglia, le ossa si riconoscono nella loro rottura. L’arto si percepisce ancora più quando viene reciso. Lucidità e dolore sono due falsi antipodi, in realtà costantemente in contatto tra loro, in cerca l’uno dell’altro.

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Thomas Umbaca – Umbaka (Ponderosa Music Records, 2023)

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Recensione di Giovanni Tamburino

A farsi strada tra i timidi applausi di una serata appena autunnale al Mare Culturale Urbano di Milano è un altrettanto timido giovane che, con lo sguardo fisso attraverso il cespuglio di capelli, punta il pianoforte in fondo alla sala.
Si siede, quasi prendendo le misure del mondo che lo circonda. Poi poggia delicatamente i polpastrelli sui tasti, mentre con la voce segue una nenia, una cantilena ben precisa, a cui poi se ne aggiunge una e un’altra ancora, nella polifonia di una loop station.
Da quel momento, l’incertezza e la ritrosia del ragazzo si trasformano in una trance, che attraversa sonorità, scale, percezioni, per tornare restituendoci Thomas Umbaca.
Milanese, classe 1997, partito dal celebre Conservatorio “Giuseppe Verdi” per calcare i palchi di festival e rassegne rinomate come PianoCity Milano, Roccella Jazz festival, Armonie d’Arte Festival, ha avuto modo di esibirsi con la Verdi Jazz Orchestra e di comporre la colonna sonora per “Miriam – il diario” di Monica Castiglioni (2015) e per il documentario “Il Terribile Inganno” di Maria Arena (2021).

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Ron Gallo – Foreground Music (Kill Rock Stars, 2023)

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Recensione di Giovanni Tamburino

Che suono ha l’ironia? Che note fa il sarcasmo? Quanto puoi distorcere l’ingenuità e raddrizzare lo scetticismo? Ma soprattutto, a cosa dovrebbe mai servire tutta questa insensata chiacchiera? Una serie di domande così pomposamente retoriche è forse uno dei modi più banali e allo stesso tempo efficaci per introdurre la recente uscita di Foreground Music, ultimo album dell’artista statunitense Ron Gallo per l’etichetta Kill Rock Stars, pubblicato agli inizi di marzo.
Diventato uno dei punti di riferimento della scena indie nordamericana fin dal 2017 con l’uscita di Heavy Meta, Ron Gallo ha inaugurato una carriera brillante che lo ha portato a esibirsi su palchi celebri come il Coachella e a far scoprire la sua musica in tutto il mondo, inerpicandosi in esplorazioni musicali a partire da una base di immortale garage rock che, a volte celandosi per tornare più arrogante di prima, diventa un’attitudine prima che un marchio di stile.

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Paramore – This Is Why (Atlantic Records, 2023)

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Recensione di Giovanni Tamburino

Alla vigilia del ventesimo anniversario dalla fondazione della band, i Paramore decidono di ribaltare ancora una volta gli stereotipi e i preconcetti attorno alla propria identità e al proprio suono. L’uscita di This Is Why, poche settimane fa, ha sancito l’inizio di una nuova fase per la formazione comandata dall’inconfondibile carisma e dalla voce di Hayley Williams.
Già paladini della ormai tramontata (ma ne siamo sicuri?) cultura emo, poi icone pop, oggi la band originaria del Tennessee si dimostra ancora piena di vitalità e di recettività rispetto al mondo della musica in ogni sua sfaccettatura, con un disco caratterizzato da un funk tagliente, che tra rabbia e ironia racconta di un’anima ancora tutta rock.
Pubblicato da Atlantic Records e anticipato dall’uscita dei tre singoli – la title track, The News e C’est Comme Ça – il sesto lavoro dei Paramore è una riflessione su se stessi e sul mondo circostante.

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Gazebo Penguins – Quanto (Garrincha Dischi/To Lose La Track, 2022)

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Recensione di Giovanni Tamburino

Quando una band orgogliosamente affermata nell’underground emo/punk italiano come i Gazebo Penguins decide che è il momento che un nuovo lavoro veda la luce, le aspettative sono alte. E infatti, la capacità di Capra, Sollo e Piter – in questo caso con la partecipazione di Rici – di recuperare, creare, melodizzare e distorcere concetti, stati d’animo, producendo percorsi musicali che per tagliar corto chiameremo album, tocca ancora una volta i propri apici dopo il successo di Nebbia nel 2017.
Con l’immediatezza e spontaneità che contraddistingue da sempre la band, data anche dalla scelta di non organizzare pre-release al di fuori dei live di presentazione nella prima metà del mese, Il 16 dicembre esce dalle scuderie di Garrincha Dischi, con la partecipazione della storica To Lose La track, Quanto, il nuovo disco dei Gazebo Penguins. Un viaggio irregolare, accidentato, all’insegna di un binomio di caos e ciclicità che, più che controsenso, rispecchia due differenti facce dell’animo umano.

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Elephant Brain – Canzoni da Odiare (Libellula/Believe In, 2022)

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Recensione di Giovanni Tamburino

Che un gruppo rock come gli Elephant Brain tiri fuori un disco che mette al centro del mirino la fragilità, l’insicurezza dei millennials italiani, in un momento in cui questa è l’unica forma di rivendicazione rimasta a questa generazione fantasma non sembra una novità. Ciò che invece era meno scontato era che riuscissero a raccontarlo senza scadere nel banale, dando nuova consistenza ad una bandiera che, pur fatta a pezzi, continua a battere.
In uscita l’11 novembre per Libellula/Believe in, Canzoni di odiare è il secondo disco della band perugina, fratelli minori di quei Fast Animals and Slow Kids che li hanno presi sotto la propria ala, sostenendoli anche nella realizzazione dell’album, registrato e mixato dal bassista Jacopo Gigliotti, col master di Giovanni Versari.

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Yungblud – Yungblud (Locomotion/Geffen Records, 2022)

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Recensione di Giovanni Tamburino

Sono passati già quattro anni da quando Dominic Harrison ha lanciato la nuova grande epoca del rock per la Gen Z. Dall’esplosione di quel 21st Century Liability nel 2018, l’inarrestabile avanzata dell’eclettico talento britannico ha fatto diventare YUNGBLUD l’ariete con cui, ancora una volta – nel più puro spirito del sacro rock’n’roll – gli ultimi, gli strambi, i freaks, hanno fatto irruzione e reclamato ad altissima voce il loro diritto ad esistere, non perde slancio. Un’evidenza che ha ricevuto l’approvazione delle bestie sacre della chitarra distorta, da Ozzy Osbourne a Dave Grohl, passando per Mick Jagger e Steve Jones.
Piuttosto muta, si trasforma, evolve, raccoglie e rielabora, per poi lanciare lo stendardo ancora più avanti, non fuggendo, ma riplasmando il concetto di identità. Fluidità è un concetto che non rimane ancorato alle questioni di genere, ma diventa un fatto culturale, che permea la nuova generazione che si sta facendo avanti nel mercato musicale e non solo. 

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Qualunque – Shonen (Costello’s Records, 2022)

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Recensione di Giovanni Tamburino

Il contrasto tra la voce rauca e il primo verso di Bacino potrebbe già riassumere il concept di Shonen, il nuovo disco di Luca Milani aka Qualunque, uscito per Costello’s il 24 maggio scorso. Dopo l’esordio col botto di Mafalda, il meteo e tutto il resto.
A cavallo tra romanzo di formazione e confessione diaristica, si svolgono episodi, ricordi, pensieri di un novello Holden Caulfield che attinge a piene mani dalla cultura della provincia, tra Umbreon e Attack on Titan. Ad essere imprigionato in un immaginario da cameretta, di sere solitarie sotto il cielo di Legnano, di cuori spezzati, di maratone di anime – per i non addetti ai lavori, lo shonen è un genere di manga destinato ad un pubblico di giovani ragazzi – non rimane più semplicemente lo stereotipato adolescente brufoloso e solipsistico. A parlare è una generazione che ormai sfiora i trent’anni senza che lei, o chi per essa, se ne sia reso conto.

“E dimmi qual è il nostro posto,
che ho quasi trent’anni e non lo trovo”

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