R E C E N S I O N E


Recensione di Giovanni Tamburino

Che un gruppo rock come gli Elephant Brain tiri fuori un disco che mette al centro del mirino la fragilità, l’insicurezza dei millennials italiani, in un momento in cui questa è l’unica forma di rivendicazione rimasta a questa generazione fantasma non sembra una novità. Ciò che invece era meno scontato era che riuscissero a raccontarlo senza scadere nel banale, dando nuova consistenza ad una bandiera che, pur fatta a pezzi, continua a battere.
In uscita l’11 novembre per Libellula/Believe in, Canzoni di odiare è il secondo disco della band perugina, fratelli minori di quei Fast Animals and Slow Kids che li hanno presi sotto la propria ala, sostenendoli anche nella realizzazione dell’album, registrato e mixato dal bassista Jacopo Gigliotti, col master di Giovanni Versari.

Nella sua fine il suo principio, con Quel che resta, il penultimo pezzo della track list, a vedere la luce per primo agli albori del 2020 e a diventare quasi una profetica provocazione per tutto quello che è successo dopo. Sviluppatosi nel biennio 2020-2021, il disco diventa un percorso dentro e fuori la musica, in cui si indaga proprio sulla più profonda natura di questa in un momento in cui l’ascolto dentro una stanza isolata era l’unica possibilità di fruizione. Dalla sofferenza delle sessioni online, dalla lontananza di Vincenzo, Andrea, Emilio e Roberto tra di loro e col loro pubblico, diventa plateale ciò che della musica è il cuore pulsante: il bisogno di unione, di comunicare, di uno scambio continuo.
Il punk accetta la melodia, in un pop rock limpido e onesto, con chitarre che ammiccano e si alternano ai fraseggi midwest emo che ha fatto ormai tanta scuola nell’underground dello Stivale, come in Neanche un’ora sveglio, primo singolo uscito. Sopra le percussioni tonanti e le corde che si inseguono, la voce che si issa come una bandiera controvento.
Non un disco di supereroi, ma di accettazione. Quel mal di vivere bastardo di quando si prende come metro il mondo esterno e si cerca di adattarlo a sé e viceversa viene scomposto e analizzato. Il timore della banalità, del fallimento e di rimanere indietro vengono guardati in faccia e in fondo non sono poi così male. Da fossa in cui seppellire ambizioni e desideri, diventano motori. Brani disperatamente appassionati, una scarica continua che si ferma a riprendere fiato un attimo prima dell’ultimo scatto con Rimini, che diventa una vera e propria promessa acustica.

Nella fine il principio, dicevamo. Quel che resta non è solo il primo pezzo scritto e l’ultimo brano prima della conclusione di Odiare, outro vera e propria. Rimane una domanda aperta, ancora più forte alla fine di questi due anni che, più di tutto, hanno messo alla prova noi e il mondo che ci circonda, per verificare cosa è fatto per durare e cosa verrà portato via dalla corrente del tempo.
Nessuna risposta preimpostata, tante domande, ma la musica resta sempre compagna e strada. E, forse, non sono poi tanto da odiare, queste canzoni.

Tracklist:
01. pt. 1 (canzoni)
02. Mi sbaglierò
03. Neanche un’ora sveglio
04. Come mi divori
05. Anche questa è insicurezza
06. Calamite
07. Rimini
08. Quel che resta
09. pt. 2 (odiare)

Foto © Stonks Production