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Rock Memories

Ad memoriam – Sixto Rodriguez (Detroit, 1942-2023)

R O C K M E M O R I E S


Articolo di Riccardo Talamazzi

Non so se Sixto Rodriguez si sia mai reso conto di essere stato un fiammeggiante provocatore, oltre che un verace folksinger. Forse lo realizzò in seconda battuta, quando la sua incredibile parabola umana e artistica riconobbe un inaspettato – e tardivo – riscontro addirittura in Sudafrica, germogliato ai tempi dell’apartheid prima dell’avvento di Mandela. A lui, operaio nella Detroit dell’acciaio, sesto figlio di una famiglia mista con padre messicano e madre nativa-americana, sembrò di aver raggiunto un importante traguardo quando incise un paio di dischi per la Sussex di Los Angeles, Cold Fact nel 1970 e Coming from Reality nel ’71. Poi però, quello che avrebbe potuto essere un ottimo punto di partenza si tramutò invece in una fugace esperienza autoriale. Date le scarsissime vendite negli USA, il progetto di un terzo album gli morì in gola perché l’etichetta californiana non ci pensò due volte a scaricare questo autore di un folk un po’ desolato che non faceva cassa nemmeno per coprire le spese di produzione. Ad ogni modo Rodriguez non era fatto per lo scoramento. Trovò lavoro come operaio edile, mise su famiglia, ebbe due figlie e alla soglia dei quarant’anni si prese pure una laurea in filosofia. E fin qui tutto bene, o male, a seconda dei punti di vista…

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Ian Curtis e i Joy Division: Iperacusia di una giovane anima

R O C K M E M O R I E S


Articolo di Andrea Notarangelo

Le persone vivono e muoiono, alcune nascono due volte e vivono per sempre. Questa storia comincia dalla fine, per la precisione dal 18 maggio 1980; ma ad essere sinceri avrebbe potuto iniziare poco prima, il 15 giugno del ’79 ad esempio, quando uscì Unknonw Pleasures, o forse agli sgoccioli della vicenda, il 18 luglio dell’80, quando Closer, secondo e ultimo disco della band, venne dato alle stampe e riempì gli scaffali di tutti i negozi di dischi, prima del Regno Unito e in seguito di tutto il mondo. Il 18 maggio però è una data emblematica; si tratta del momento in cui la storia terrena di Ian Kevin Curtis, cantante e autore di tutti i testi del suo gruppo, s’interruppe bruscamente. E a seguire arrivò la leggenda con annesso bagaglio di verità e fantasie mescolate assieme. Nonostante il tragico atto, la fama del nostro protagonista crebbe poco alla volta; senza fornire qui un excursus storico pieno di date e citazioni, è necessario però dare un ordine e narrare dell’opera breve ma intensa che contraddistinse la dark band per antonomasia. I Joy Division.

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In memoria di Mark Lanegan: un eterno e bruciante ricordo del Poeta Lupo.

R O C K M E M O R I E S


Articolo di Arianna Mancini

“I am the wolf, without a pack/ Banished so long ago/ I’ve survived on another skill/ And on my shadow on/ All I’ve learned is that poison stings…/I am the wolf, calming the beast…/I am the wolf, out wild and free”. (Sono il lupo, senza branco/ Bandito tanto tempo fa/ Sono sopravvissuto grazie a un’altra abilità/ E alla mia ombra/ Tutto ciò che ho imparato è che il veleno punge…/Io sono il lupo, che calma la bestia…/Sono il lupo, libero e selvaggio”).

25 novembre 1964, Ellensburg (USA) – 22 febbraio 2022, Killarney (IRL). Ogni inizio ha la sua fine, due date e nel centro, per chi lo ha amato e lo ha fatto incondizionatamente, infinite emozioni, fascinazione, oscurità e calore che scavano dentro la parte più nascosta. Spazi che si dilatano, viaggi: sia quelli che percorri stando fermo in rapimento d’ascolto che quelli fatti solcando le autostrade con l’adrenalina che pulsa in corpo per l’imminente attesa di un suo concerto.

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