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Omaggio a Cesare Pavese – Barbiero Manera Sartoris Trio @ Piccolo Coccia, Novara – 19.03.23

A P P U N T I  D A  N O V A R A J A Z Z


Articolo di Mario Grella

Certo che l’ensemble composto da Massimo Barbiero alla batteria e percussioni, Eloisa Manera al violino ed Emanuele Satoris al pianoforte, si è preso una bella gatta da pelare intitolando il concerto (e il CD) Verrà la morte e avrà i tuoi occhi dall’omonima raccolta di poesie di Cesare Pavese. Ho con quella raccolta un legame particolare per i ricordi che mi legano ad essa e all’esame universitario sostenuto con Vittorio Spinazzola, qualche secolo fa, ma a parte questo, il confrontarsi con una della più celebrate poesie del Novecento italiano, non era cosa semplice. Sempre più spesso, però, i jazzisti dedicano i loro lavori ai grandi temi della letteratura e questo comporta naturalmente un certo rischio. Del resto Eloisa Manera non è nuova nel cimento con la letteratura, basta ricordare un suo lavoro precedente ispirato a Le città invisibili di Calvino. Oltre che, al confronto a viso aperto con la letteratura, una responsabilità ancora maggiore è quella di confrontarsi con un sentimento altrui, come l’amore di Pavese per Costance Dowling, l’attrice americana che fu probabilmente una concausa del suo suicidio. È stato un concerto molto intenso, nell’ambito degli appuntamenti di Aperitivo in Jazz, presso lo spazio Piccolo Coccia di Novara, manifestazione domenicale di NovaraJazz che ormai ha messo radici in diversi ambiti e luoghi della città. Mi sia solo concesso ricordare la rassegna Swing & Hot allo Spazio Nòva, le serate al Cannavacciuolo Bistrot e gli appuntamenti del giovedì all’Opificio, altro locale nel circuito di Novara Jazz.

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Jeremiah Fraites @ OGR, Torino – 11.03.23 – La bellezza della musica senza tempo

L I V E – R E P O R T


Articolo di Claudia Losini, immagini sonore © Elisabetta Ghignone

Io, dei Lumineers, ricordo benissimo la loro prima hit assoluta, Ho Hey, con quel dolce ritornello che faceva “I belong with you, you belong with me/ You’re my sweetheart”. È stato quel periodo in cui il folk stava riscuotendo ampio successo: c’era Bon Iver, c’erano i Lumineers, i Mumford and Sons e gli Of Monsters and Men a riempire le nostre giornate con quell’indie folk, un po’ intimo, un po’ romantico, un po’ senza tempo.
Da quel periodo sono passati 10 anni e alcune di quelle band rimangono per me un bel ricordo di un passato recente ma ormai finito.
Quindi per me è stata una bella sorpresa scoprire che il co fondatore dei Lumineers Jeremiah Fraites ora vive a Torino, e che ha pubblicato un album solista, completamente differente da quel che mi sarei aspettata.

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Seeyousound e la celebrazione della musica

C I N E M A


Articolo di Claudia Losini

Mi fa sorridere che, mentre sto concludendo l’articolo per la nona edizione di Seeyousound, sia uscita la notizia del mancato accordo tra SIAE e Meta per la diffusione di musica sulle piattaforme della società americana, riaccendendo il dibattito sull’importanza della musica e delle piattaforme di fruizione e promozione. Questa vicenda rafforza ancor più l’esigenza di parlare di eventi e iniziative che celebrano la musica, in questo caso un festival che fa del cinema il mezzo per raccontare, far conoscere e indagare su questa arte.
L’edizione di Seeyousound di quest’anno ha raccolto il 50% di presenze in più rispetto al 2022. Che l’unione di musica e cinema sia vincente lo hanno dimostrato le sale sempre piene, l’attenzione del pubblico, l’emozione che trapelava durante le visioni e i live.
Il primo pienone è stato per il documentario su Cesaria Èvora, di Ana Sofia Fonseca. La storia della leggendaria cantante parte dall’infanzia nell’isola di Cabo Verde e arriva fino alle grandi esibizioni davanti a migliaia di fan in tutto il mondo, senza distogliere l’attenzione dalla sua infanzia travagliata, dai decenni di povertà, dalle sue lotte con l’alcol e dai lunghi attacchi di depressione.

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Judith Owen – La Jessica Rabbit di New Orleans @ Salone Piazza Grande, Curio (Ticino, Svizzera) – 25 febbraio 2023

L I V E – R E P O R T


Articolo di Aldo Pedron

Judith Owen è nata il 2 gennaio 1969 a Londra. Cantautrice e pianista di origine gallese, la madre è di Kidwelly (sud del Galles) e il padre di Llanelli (Galles), un cantante nel coro del Covent Garden per 35 anni e cantante di musica operistica, lirica (si è esibito anche alla Scala di Milano). Judith esordisce con il suo primo album Emotions On A Postcard (Dog On The Bed Music) nel 1996. Famosa per il suo eclettismo e per la capacità di misurarsi con numerosi generi musicali, è stata avvicinata allo stile di Joni Mitchell, Carole King, Madelaine Peroux, Tori Amos. Con il marito e attore Harry Shearer (musicista, attore, regista, sceneggiatore, doppiatore, comico, nato a Santa Monica, da lei conosciuto a Londra e 26 anni più vecchio di lei) si trasferisce a Los Angeles, fondando l’etichetta Courgette Records nel 2005 con il suo manager Bambi Moe ed in seguito è co-fondatrice con il marito (sono sposati dal 1993) della Twanky Records. Dopo un album incentrato sulle sue sensazioni interiori, Ebb & Flow (2014) segue Somebody’s Child (2016) in cui Judith predilige temi legati alle sensazioni che accomunano tutti gli individui e fino al più recente Come On & Get It del 2022 (Twanky Records). Un’artista la cui gamma stilistica abbraccia rock, pop, classica, jazz, blues e teatro musicale, oltre ad essere anche un’attrice comica e una maestra narratrice. Nata in una famiglia gallese molto musicale, Judith Owen è cresciuta a Londra, circondata da musica classica, balletto, teatro e belle arti con le icone jazz e musical di Broadway che i suoi genitori amavano (la miscela sarebbe diventata il suo suono caratteristico). Con tredici album acclamati dalla critica, si è esibita in numerosi spettacoli dal vivo (mini-musical come li descrive lei) in luoghi iconici come il Ronnie Scott e la Royal Albert Hall di Londra e la Sydney Opera House, e le sue canzoni “cinematografiche” sono presenti in numerosi film e programmi TV. È spesso a Londra ma nel 2000 visita New Orleans e se ne innamora subito e ora ci vive in pianta stabile dal 2007 (spola Londra, New Orleans e mai più a Los Angeles).

photo © Vanni Slepoi
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Eagle-Eye Cherry @ Santeria Toscana 31, Milano – 21 febbraio 2023

L I V E – R E P O R T


Articolo e immagini sonore di Stefania D’Egidio

Se la musica ce l’hai nel DNA, non devi far altro che assecondarla: è stato così per suo padre Don, apprezzato trombettista jazz, per sua sorella Neneh, pioniera del hip hop al femminile e lo è anche per lui; Eagle-Eye Cherry, dopo una carriera nel cinema (per chi ha una certa età può ricordarlo nei film Nato il quattro luglio o The Doors e nei telefilm I Robinson e Miami Beach), era arrivato al successo con i singoli Save Tonight e Falling in Love Again, estratti dal primo album Desireless del 1997, prodotto interamente nella camera da letto, quasi in segreto fino al completamento. Un disco che lo aveva portato rapidamente al successo, conquistando un disco di platino e vendendo quattro milioni di copie in tutto il mondo, trampolino di lancio per il successivo tour con apparizioni anche al Festivalbar in Italia. Un esordio così dirompente da farlo notare anche a Carlos Santana, che lo aveva voluto come ospite nell’album Supernatural, zeppo di featuring di un certo calibro. Da allora lo avevo un po’ perso dal radar, gli album successivi non avevano avuto una grande risonanza come quello di debutto e, dal 1998 al 2022, il tempo sembra essere passato in un battibaleno, così quando ho visto che avrebbe suonato al Santeria mi sono detta:”perchè no?”, curiosa di vederlo di nuovo all’opera. In realtà, da quello che ho letto in giro, negli ultimi venticinque anni non è stato a girarsi i pollici, cinque album in studio, l’ultimo dei quali pubblicato lo scorso autunno, Back On Track, e uno dal vivo, più qualche apparizione in vari programmi e, soprattutto tanta musica dal vivo, fino al 2019 quando è stato costretto a fermarsi insieme al resto del mondo. Lo avevo già detto in precedenza, lo stop forzato poteva essere per tanti artisti la molla per tirare fuori nuova energia e così è capitato anche a lui, facendogli partorire le tracce del nuovo album e generando una voglia pazzesca di esibirsi di fronte al suo pubblico.

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Dawson / Duato / Kratz / Kylián @ Teatro Alla Scala, Milano, febbraio 2023

L I V E – R E P O R T – D A N Z A


Articolo di Annalisa Fortin

Se vi chiedessero che colore ha la purezza, cosa rispondereste? Probabilmente la maggior parte direbbe il bianco. Un candido e luminoso bianco.
È proprio una sensazione di purezza e di estasi quella che lascia Anima Animus, il balletto che apre lo spettacolo “Dawson/Duato/Kratz/Kylián” in scena in questi giorni al Teatro alla Scala.
Il sipario si alza su un palcoscenico colmo del fulgore di una luce bianca. Lo spettatore, inizialmente destabilizzato da una sorta di vertigine, si ridesta subito, percependo l’armonia e la raffinatezza che pervade l’intero teatro. E ne trae una sensazione benefica, ammaliante. Estasiante.
La musica è di Ezio Bosso, al cui concerto il coreografo David Dawson assistette a San Francisco, nel 2017, con un quaderno che riempì di idee. Ne emerse, dopo un lavoro intenso e frenetico di tre settimane, un capolavoro dall’ampio respiro e di estrema bellezza.
La conformazione della melodia, la complessità dei contrattempi, la frammentarietà della retrospezione immortalata in bellissimi effetti di controluce, mettono in risalto le esili forme di danzatrici che sembrano meravigliose libellule. Il quadro, dalla grande forza poetica, è arricchito dall’armonia degli interpreti maschili, splendidi e capaci partner nelle numerose prese previste dalla coreografia. Un lavoro delicato, virtuoso, umano e musicale. Quasi a ricalcare quanto scriveva lo stesso Bosso:“Mentre scrivo penso ancora e ancora a ciò che rimane e realizzo… che le registrazioni, i dischi, sono proprio una delle cose che restano. Spesso ciò che resta del suono, dell’idea, del tocco e soprattutto di un momento preciso della vita di un musicista, sono quelle fotografie.”

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Franco Mussida – Al buio per vedere la musica

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Provasi

Al solito, coccolati dalle poltroncine tra le mura ormai note del Palazzo del Cinema Anteo, abbiamo avuto la possibilità, il 23 di gennaio, di assistere ad un momento di ascolto del nuovo album di Franco Mussida, leggendario chitarrista fondatore della PFM, vera e propria pietra miliare della storia musicale milanese, italiana ed europea.
Sviluppato da Moondays, Il pianeta della musica e il viaggio di Iòtu (CPM Music Factory/Self Distribuzione) ha la caratteristica di essere disponibile in Pure Audio Blu-Ray, oltre ad avere tracce rilasciate Hi Res, ovvero col master originale.
In veste di compositore e guida dell’intervento, il maestro Mussida vuole indicarci il percorso che lo ha portato a questa nuova avventura, verso il futuro, come ha sempre fatto. Accanto a lui Lorenzo Cazzaniga, “padre e figlio del progetto musicale” come ci tiene a sottolineare il chitarrista (in termini più precisi, curatore e produttore del progetto).

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Sigur Rós @ 3Arena, Dublino – 17 novembre 2022

L I V E – R E P O R T


Articolo di Sabrina Tolve

Nel febbraio di quest’anno, i Sigur Rós hanno prima celebrato sul loro sito i venti anni che ( ) avrebbe compiuto il 28 ottobre, e un paio di giorni dopo hanno annunciato il loro primo tour mondiale in quasi cinque anni, iniziato in Messico al Vaivén Festival, il 30 aprile.
Nello stesso comunicato, Jónsi, Georg e Kjartan hanno anche annunciato la scrittura e registrazione del loro prossimo album, dopo Kveikur del 2013.
I Sigur Rós ci hanno permesso di conoscerli ed ascoltarli tramite sette album acclamati e di grande successo, e hanno curato la colonna sonora di innumerevoli documentari e fiction.
La musica atmosferica ed eterea, la loro sensibilità sonora che si tende tra impalpabilità e post-rock ci rapisce ormai dal 1997, e fortunatamente non sembra voler arretrare d’un solo passo. Ho avuto l’opportunità di essere presente allo spettacolo del 17 novembre qui a Dublino, alla 3Arena, durante un concerto emozionante durato più di tre ore.

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Vivendo, giocando. Salso Ludix e la cultura del gioco

E V E N T O – L I V E _ R E P O R T


Articolo di Barbara Guidotti

Il mio primo gioco da tavolo è stato Rischiatutto, dal programma condotto da Mike Bongiorno. Lo adoravo, al punto che non mi stancavo mai di giocarci; aveva un cicalino di latta per prenotarsi a rispondere – che per l’uso nel tempo si era sverniciato -, i segnapunti di cartoncino, una clessidra per il tempo di risposta, il tabellone per le giocate e un libretto con i quesiti più disparati, che alla fine conoscevo a memoria quanto le soluzioni. Ah, dimenticavo gli occhiali finti per entrare nella parte del conduttore! E poi Scarabeo, Monopoli (valgono anche Indovina Chi? e L’allegro Chirurgo?), il Gioco dell’oca
Crescendo ho preferito libri e videogame (da Pong in poi), e i giochi da tavolo li ho un po’ messi in disparte (non ho mai amato studiare le istruzioni, come mi succede anche con dispositivi vari), ma sentire parlare di un evento sul gioco ha risvegliato tanti ricordi.
Conoscere le persone che ne erano l’anima non ha fatto che aumentare la curiosità e la voglia di entrare nel mood dell’iniziativa: giovani, motivati, animati dal desiderio di fare di Salsomaggiore un luogo in cui accogliere le tante declinazioni di un’esperienza che, attraverso il divertimento, fa crescere e confrontare con gli altri.

(Ph. Shutterbrothers)
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