R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Dovremmo smetterla di essere nevrotici ricercatori della novità ad ogni costo. Sarebbe addirittura meglio ascoltare musica solo per il piacere di farlo, piuttosto che dover scovare pedantemente sempre “qualcosa di nuovo”. Come se questa ricerca fosse automaticamente garante di chissà quale ideale di fantomatica Bellezza. In questo ultimo disco di Dave Holland – Another land – non c’è nulla che già non si conosca eppure i fiori carnosi di questi brani emanano tutto il loro possibile profumo. La formazione in trio con Holland al basso elettrico e al contrabbasso, Kevin Eubanks alla chitarra e Obed Calvaire alla batteria è la giusta dimensione di una musica che apre porte laterali verso generi imparentati con il jazz quali il rock e il funky. Andrei oltremodo cauto nel parlare di “fusion” perché l’impostazione di base non è questa. Qui non siamo ancorati ad un cliché predefinito ma allo svolgersi di un canovaccio aperto, disponibile alle variabili dell’improvvisazione. Comunque c’è una costante ricerca di equilibrio all’interno del trio che s’adatta continuamente, sfiorando alcuni estremi che si muovono dai Gateaway con John Abercrombie – Holland suonò con loro in trio negli anni’70 – fino ad arrivare addirittura a Jimi Hendrix (!!). L’idea di questo album risente dell’aria live che ha portato qualche anno fa il trio ad esibirsi per un certo numero di serate al Village Vanguard di New York. In effetti c’è continuità intrinseca in tutti questi brani, tanto che si potrebbe considerali appendici di un unico momento iniziale che si prolunga per più di un’ora abbondante tra i bit di questa incisione.
