R E C E N S I O N E
Recensione di Mario Grella
Ci sono pochi “generi musicali” (con tutta l’ambiguità che contraddistingue questi termini) che sanno far suonare il vuoto (il “silenzio” di John Cage). Forse sono solo il canto gregoriano, la classica, (più la contemporanea che quella sette-ottocentesca) e il jazz, e anche qui maggiormente quello contemporaneo. Anche in pittura ci sono movimenti ed artisti in cui il “vuoto” conta quasi più del “pieno”; penso a Malevic o a Mondrian, ma anche a Fontana. Il bellissimo disco di Sebi Tramontana, è un disco di pieni discreti e di ancora più discreti silenzi. Come ricorda Stefano Zenni, nelle preziose e circostanziate note di copertina, uno dei concetti base dell’estetica musicale africana è che gli strumenti parlino e si sa che tra animismo, Ras Tafari, ma anche religioni abramitiche, la musica, cioè la voce dello strumento, possa essere quantomeno il veicolo della presenza dello spirito. Tutto questo passerà, con tante mediazioni strumentali e concettuali fino al jazz di tradizione e anche in qualche ispirato compositore nel jazz contemporaneo. È proprio questa ricerca di qualcosa che addirittura trascenda anche il suono, quello che mi affascina maggiormente del jazz.
