R E C E N S I O N E
Recensione di Aldo Pedron
Brian Wilson è quel genio che per oltre tre decenni (o tra i venti e i quarant’anni) di grande ispirazione (naturalmente non per tutta la carriera) ha contribuito più di ogni altro a conferire nuova linfa al canzoniere popolare americano rompendo e stravolgendo le più semplici convenzioni appartenenti al linguaggio musicale moderno esercitando una profonda influenza sui musicisti della propria generazione e di quelle successive.
Brian Wilson nel suo singolare microcosmo ha saputo coniugare con disinvoltura George Gershwin (Rhapsodie In Blue), il rock and roll di Chuck Berry, il jazz vocale dei Four Freshmen, The Penguins (Doo-Wop), Burt Bacharach, Paul McCartney, Randy Newman, The Ronettes, il Wall Of Sound di Phil Spector mettendoci del suo senza paragoni e senza precedenti. Nella sua brillante carriera anche da solista non è mai stato riluttante a rivisitare il passato. Ha inciso e rispolverato pochi anni fa l’inedito Smile, ha scritto due autobiografie ed è stato soggetto di due documentari ai quali ha contribuito.
