R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Probabilmente esagera, il pianista Avishai Darash, quando sostiene che la musica occidentale si sia sviluppata da quella andalusa. Comunque la si veda ci è andato però piuttosto vicino, tenendo anche conto di come la tradizione moresca abbia influenzato non solo la Spagna e diverse estensioni del nord Africa ma anche gran parte dell’Italia, soprattutto nelle sue regioni più meridionali. L’Andalusia è oggi tra le zone europee che più ha conservato nei suoi monumenti e nelle tradizioni l’impronta della dominazione araba e che fa trasparire, ad esempio nel canto del flamenco dei “cantaores”, la vocalità ondivaga e non temperata di antiche canzoni nomadi e gitane. Darash, israeliano ma attualmente residente ad Amsterdam, dopo un viaggio compiuto in Marocco nel 2014 insieme all’amico e musicista di oud Mohamad Ahaddaf, rimane colpito dalle sonorità afro-mediterranee e pensa bene d’integrarle non solo con l’educazione classica tipicamente occidentale ricevuta a Gerusalemme – corroborata da un periodo passato a New York sotto l’ala protettrice di Brad Mehldau – ma anche con istanze di provenienza tradizionale medio-orientale. In Olanda Darash assembla un gruppo di svariati musicisti provenienti da luoghi e culture diverse, formando con loro un ensemble di quindici elementi, la Marmoucha Orchestra. In questo gruppo allargato di artisti collaborano fianco a fianco musicisti di estrazione classica, jazz e naturalmente tradizionale, per cui strumenti di natura e fattura differenti si trovano a interagire tra loro, dando vita ad una musica estremamente vitale e briosa, dalla forte componente ritmica e melodica. Non mancano riferimenti colti alle orchestrazioni più classicamente occidentali – Joaquin Rodrigo soprattutto – ma da queste sovrapposizioni culturali emerge distintamente l’interesse e il coinvolgimento per l’Andalusia e la sua tradizione musicale. L’elaborazione di questo ultimo album di Avishai Darash con la Marmoucha Orchestra, Andalusian Love Song, si è potuta avvalere dell’esperienza di un ep uscito l’anno scorso, Quarantine Blues, da cui sono stati ripescati quattro brani su cinque. Spogliati dalla loro originaria struttura esecutiva in trio, questi stessi pezzi hanno subito il “trattamento orchestrale” e vengono quindi revisionati in Andalusian…in forma più compiuta.

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