C I N E M A


Articolo di Barbara Guidotti

La mia prima Barbie è stata il modello Malibu, accessori minimali per un salto in spiaggia (californiana o non): costume, occhiali da sole e telo mare. In plastica rigida, capello lungo poco vaporoso di un biondo che nel tempo è virato sull’arancio, aveva immancabili occhi celesti, trucco e piedini predisposti per il tacco alto (in punta di piedi anche sulla sabbia???). 
Con gli anni l’ho vista cambiare: tante linee, modelli, accessori, mezzi di trasporto, abitazioni e professioni. Ha accusato il colpo della concorrenza, rimanendo per qualche periodo nell’ombra di rivali destinate a vita breve, ed è risorta grazie ad abili strategie di marketing che hanno saputo renderla al passo con i tempi, e forse anche qualcosa in più: hanno nobilitato la sua immagine di bionda svampita declinandola in versioni che rispecchiassero sia l’uscita da un certo cliché relativo all’immagine esteriore che lo sforzo quotidiano della popolazione femminile di emanciparsi e perseguire i propri obiettivi sociali e lavorativi. Con l’avvento di Barbie “You Can Be Anything”, Barbara Millicent Roberts ha elevato il suo status di bambola “fashionista” – dotata di un guardaroba per tutte le occasioni – a quello di alter ego per bambine che nei giochi di ruolo potessero proiettare su di lei i propri sogni e ambizioni, costruendo con la fantasia nuovi scenari.

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