R E C E N S I O N E
Articolo di Luca Franceschini
È stato un anno difficile, per Paolo Benvegnù. Difficile per tutti, ovviamente, ma è chiaro che lo è stato parecchio di più per i musicisti, soprattutto per quelli con meno visibilità e numeri, considerata la cronica mancanza di concerti. Nel suo caso poi, le tempistiche sono state ancora più crudeli: ci eravamo sentiti a inizio pandemia, quando ancora il lockdown nazionale non era stato decretato, e tra di noi si rideva, sapevamo già che il tour sarebbe stato annullato ma c’era ancora ottimismo e ricordo che ci augurammo entrambi di poterci rivedere per l’autunno.
Sappiamo che non è andata così. E siamo al punto che le canzoni di Dell’odio dell’innocenza non le ho ancora sentite dal vivo. Qualche data è riuscita a farla, quest’estate ma non ce l’ho fatta ad esserci. L’ho visto assieme a Marco Parente nello spettacolo Lettere dal mondo ed è stato bellissimo anche così, sono tempi in cui molto più di prima stiamo imparando a vedere tutto come un regalo.
E dunque Paolo riparte da qui, da un anno di incertezze e inquietudini, un anno senza concerti e con un disco che ha già compiuto il primo giro di boa ma che, da un certo punto di vista, è come se non fosse mai uscito. Delle inutili premonizioni – venti anni di misconosciuto tascabile vol. 1 è un Greatest Hits innovativo, sempre che voglia essere un Greatest Hits.