R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Musicalmente sospeso tra chiarori e oscurità, il pianismo melodico ed elegante di Claudio Cojaniz riappare in questo suo ultimo lavoro, sinteticamente intitolato Black. L’impasto percettivo che arriva all’ascoltatore è una miscellanea di molti profumi, alcuni decisamente latini, altri in cui emergono fragranze classiche di tradizione europea ed infine note aromatizzate di blues con punte di suggestioni afro-americane. In questi ultimi anni, dopo la summa esperienziale dei suoi numerosi coinvolgimenti professionali in campi diversi – composizioni per tv e cinema, lavori per piano solo, in trio, in quartetto, in big bands, partiture per organo chiesastico ecc…- lo stile pianistico di Cojaniz si è arricchito di note più malinconiche e riflessive, tanto da assumere a tratti la forma di un’intima colloquialità, arricchendosi ancor più di quella compostezza formale che ha sempre caratterizzato il suo modo di esprimersi musicalmente. Cojaniz, in questo suo Black, sembra non utilizzare formule armoniche all’avanguardia, eppure in alcuni brani, dal mio punto di vista i migliori, come ad esempio Ola de Fuerza, il suono si smagrisce creando interessanti legami molecolari tra le note, soluzioni e passaggi che si fanno apprezzare non solo per lo sviluppo melodico ma anche per la non scontata relazione tra i singoli elementi. Si resta sempre in un ambito tonale, profondamente poetico, all’interno di un ampio e trasparente calice armonico che dimostra l’intensa partecipazione emotiva dell’Autore – tutti i brani della selezione sono di sua composizione – senza che si trovi posto per lambiccamenti estetizzanti né asfittiche torsioni melodiche. Il linguaggio di cui Cojaniz si serve nel delineare i suoi quadri emozionali è chiaro e limpido ed anche nei momenti più riflessivi in cui la luce sembra attenuarsi, non s’inabissa in tortuosità dissonanti. Insomma, si percepisce, dietro e dentro la musica, l’intensa educazione sentimentale formatasi tra musica classica, Monk – uno dei suoi grandi ispiratori – e il blues che emerge anche in questo album in isole lussureggianti mescolato a ricordi latino-africani.
