R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Dubito esista un’altra musica che come quella moderna brasiliana abbia influenzato così platealmente il jazz statunitense. Del resto la cultura sudamericana, a sua volta, ha colto nel jazz un’interessante possibilità di arricchimento evitando di arroccarsi su posizioni  stereotipate. Fin dai tempi di Jazz Samba del 1962, firmato da Stan Getz e Charlie Bird e poi con il riferimento più famoso Getz/Gilberto pubblicato due anni dopo, i ritmi iconici del samba e della bossa-nova hanno aperto innumerevoli nuove strade espressive nel jazz attraverso i nomi di Joao Gilberto, Gilberto Gil, Jobim, De Morales, Barque de Hollanda, diventati via via sempre più familiari al grande pubblico nordamericano ed europeo. Ma tra tutti questi c’è una figura leggendaria che ha compartecipato attivamente sia alla musica del succitato Getz che ad altre stelle del jazz USA, come ad esempio Gil Evans, Chick Corea, Dizzie Gillespie, George Duke fino ad affacciarsi al mondo del rock con le collaborazioni ai dischi dei Santana – Welcome (1973) e Borboletta (1974) – e con alcuni membri dei Grateful Dead – Rhytm Devils, The Apocalipse Now Sessions (1980). Si sta parlando di Flora Purim, una cantante che ha saputo accompagnare l’originale ardore ritmico-melodico popolare con i suoni più “aristocratici” dei colleghi statunitensi, sapendo fondere le proprie inclinazioni naturali insieme alle esigenze vocali più sincopate del jazz. La Purim, che torna con un disco da titolare dopo quindici anni di assenza, ha un cantato estremamente duttile, che quasi non dimostra l’avanzare degli anni. La sua voce è capace di adattarsi ad ogni occasione, caratterizzata da un’intonazione a dir poco perfetta che sappiamo assolutamente necessaria per seguire i continui cambi di tonalità e gli ampi salti intervallari così come accade frequentemente, appunto, nel jazz. Questo If You Will celebra gli ottant’anni di questa cantante di Rio de Janeiro che ha pensato di raccogliere intorno a sé, oltre all’altrettanto famoso marito batterista Airto Moreira, anche le altre percussioni – che nella musica d’influenza brasiliana non sono mai troppe – di Celso Alberti e la chitarra di Josè Neto. Compare inoltre la figlia Diana a dar manforte alla voce ma le note stampa, purtroppo, non specificano i nomi degli ulteriori collaboratori a questo album.

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