R E C E N S I O N E
Recensione di Aldo Del Noce
Avevamo già notato (e certamente apprezzato) lo speciale clima sonoro del precedente in collettivo capitanato da Trond Kallevåg (Bedehus & Hawaii), che nella sostanza si conferma e consolida per l’esotismo degli orientamenti estetici, ancora votato verso un certo tropicalismo e palesemente verso lo stream della corrente ‘Americana’, e nel presente caso recante in termini di background anche insospettati riferimenti alla cultura delle carceri scandinave (e relativi canti); su quest’ultimo punto dovremmo forse ridimensionare le implicazioni, considerato che buona parte degli istituti detentivi di quelle aree, specie per i rei non violenti, consiste al in più strutture d’alloggio forzato, ben distanti da certi temibili ‘facilities’ di massima sicurezza.
Comunque sia, lo scenario dei riferimenti d’oltre Atlantico si rimpolpa se, oltre agli espliciti richiami ai grandi (quantunque distinti) patriarchi contemporanei quali Bill Frisell e Ry Cooder, tra le figure ispiratrici dei materiali precedenti potremmo addirittura scomodare certe iniziative del grande Johnny Cash (i live presso Folsom Prison e San Quentin in testa); ma se queste potevano essere espressione delle generali simpatia e solidarietà del cantante con gli internati in forma di pubblico, qui abbiamo un protratto e regolare lavoro d’animazione culturale svolto da Kallevåg all’interno delle locali istituzioni carcerarie (in particolare il carcere di Oslo, raffigurato in copertina), ricercando appunto anche tra il patrimonio orale dei canti di prigionia.
