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Jeremy Dutton

Roy Mor – After the Real Thing (Ubuntu Music, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Questa è la storia di un uomo coraggioso. Laurea in filosofia, con un buon lavoro alla Microsoft e un innegabile talento pianistico. Un giorno quest’uomo molla tutto per seguire il suo sogno. Lascia Israele, sua terra d’origine, per andare a New York e diventare musicista professionista, compiendo quel post-romantico Grand Tour che vede gli USA come meta obbligata per la propria formazione musicale. Stiamo parlando di Roy Mor, giovane pianista e compositore esordiente in campo discografico che  in ossequio all’undicesimo comandamento biblico “non avrai altra passione all’infuori del jazz” ha seguito la sua stella cometa da Gerusalemme a New York e ritorno. Attraverso un percorso di specializzazione e affinamento con varie esperienze di collaborazioni, esibizioni, riconoscimenti e premiazioni, è finalmente approdato quest’anno alla sua prima uscita su disco per la Ubuntu Music. Bisogna dire che Mor non si è limitato ad essere un tassidermista dei propri sogni. Ha invece applicato alla perfezione tutto ciò che ha imparato in patria e all’estero, sviluppando un suono brillante, a tratti esplosivo, dimostrando di aver appreso tutti i segreti del moderno piano-jazz. Ci tengo a sottolineare l’aspetto energico del suo pianismo che però non gli prende mai la mano e quando è il momento del tocco delicato è capace di acquietarsi, di prendere distanza dall’euforia che pare spesso possederlo. In effetti, nonostante lo stesso Mor definisca, non senza una punta d’ironia, il suo suono come “biblico”, alludendo al multiculturalismo della sua terra d’origine, in questo disco After the real thing si respira un’atmosfera classicamente jazz-mainstream in cui le suggestioni popolari e tradizionali si avvertono solo in qualche aspetto circoscritto dell’intero lavoro.

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Joel Ross – Who Are You? (Blue Note Records, 2020)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Un giovane vibrafonista di circa vent’anni che si fa accompagnare da musicisti altrettanto giovani, più o meno suoi coetanei ed ex compagni di studi, tra cui la persona più anziana – si fa per dire – è l’arpista Brandee Younger di trentasette anni. Questo è l’importante biglietto da visita di Joel Ross, un artista a tutto tondo, esperto batterista ed anche pianista ma che proprio col vibrafono è arrivato al suo secondo lavoro edito dalla benemerita Blue Note. Dopo il bell’esordio Kingmaker dello scorso anno è ora la volta di questo nuovissimo Who are you? in cui Ross si fa sostenere, tra gli altri, da Immanuel Wilkins al sax, autore da par suo di un pregevole lavoro d’esordio (Omega). Joel Ross viene da Chicago ma è nel calderone vitale di New York che comincia a suonare e a selezionare i musicisti che lo accompagneranno nei suoi due album. Non ci vuole molto a risalire alle influenze di questo artista che, per sua stessa ammissione, segnala Milt Jackson come principale ispiratore del suo approccio allo strumento.

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