R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Un giovane vibrafonista di circa vent’anni che si fa accompagnare da musicisti altrettanto giovani, più o meno suoi coetanei ed ex compagni di studi, tra cui la persona più anziana – si fa per dire – è l’arpista Brandee Younger di trentasette anni. Questo è l’importante biglietto da visita di Joel Ross, un artista a tutto tondo, esperto batterista ed anche pianista ma che proprio col vibrafono è arrivato al suo secondo lavoro edito dalla benemerita Blue Note. Dopo il bell’esordio Kingmaker dello scorso anno è ora la volta di questo nuovissimo Who are you? in cui Ross si fa sostenere, tra gli altri, da Immanuel Wilkins al sax, autore da par suo di un pregevole lavoro d’esordio (Omega). Joel Ross viene da Chicago ma è nel calderone vitale di New York che comincia a suonare e a selezionare i musicisti che lo accompagneranno nei suoi due album. Non ci vuole molto a risalire alle influenze di questo artista che, per sua stessa ammissione, segnala Milt Jackson come principale ispiratore del suo approccio allo strumento.

Tuttavia mi sembra di notare, soprattutto nei momenti più lirici dell’album come Waiting on a solemn reminescence, l’impronta di Gary Burton, anche se Ross è più propenso ad indicare tra i suoi riferimenti il lavoro di Monk, di Miles Davis ma soprattutto di Herbie Hancock da cui sembra trasporre, a volte, l’andamento pianistico. Who are you dimostra l’inconsueta maturità degli strumentisti ad affrontare intricate trame musicali che però si mantengono all’interno di una scorrevolezza priva di indigesti grumi armonici e scevra dalla voglia di stupire a tutti i costi. Non ci sono particolari desideri egocentrici ma c’è la volontà di creare un solido interplay, parola quasi magica che resta spesso solo un progetto nel cassetto per molti musicisti acerbi che s’affacciano, per la prima volta, alla ribalta dell’attenzione jazzistica. Su tutto un velo di poesia, una vernice stabilizzante che conferisce luminosità all’intera prova strumentale. Si inizia con l’estrema delicatezza di Dream, quasi cantabile, e lo splendido, misurato approccio soffiato di Wilkins. Un cuscinetto di contrabbasso prelude ad Home, e qui piano e vibrafono si sovrappongono magistralmente, con una maturità che mi aspetterei da jazzisti ultra navigati e non dagli adorabili giovinetti di cui sopra. Con More ci prova il sax ad innescare una certa tensione, spingendo lui stesso ed il piano che segue fino ai limiti della tonalità, ma a Ross spetta il compito di ritracciare i confini, di rientrare nei ranghi da cui, peraltro con una certa docilità, si era tentato di uscire. After the rain è un piccolo incantesimo introdotto dall’arpa, una visione attraverso immaginifiche gocce d’acqua con un epilogo pianistico che si continua in Vartha. E’ ancora Wilkins a proporre spunti free di nuovo contenuti e che s’introflettono in un assolo di batteria di Dutton. Dopo la parentesi di Marsheland arriva la già citata Wairing on…con un incipit molto melodico, che ricorda le formazioni in trio del jazz scandinavo, addirittura gli EST. Ma possiamo continuare così, tra tutti i brani in sequenza che iniziano melodicamente e poi accennano ad uscire di strada, proprio perché la creatività si fa talmente esuberante che tende a muoversi in diverse direzioni. Una timida escursione nella “normalità” con Such is life. E poi la conclusione di 3-1-2, un po’ il riassunto di tutta questa lunga navigazione musicale. Oltre ai già citati Wilkins e Younger, completano l’ensamble Jeremy Corren al piano, Kanoa Mendenhall al contrabbasso e Jeremy Dutton alla batteria. Inutile cercare qualcuno in particolare evidenza, oltre a Ross. Tutti, infatti, collaborano insieme in egual misura e senza protagonismi. Non temo di sbilanciarmi nell’affermare che Who are you? è uno dei lavori più belli di questi ultimi anni.

Tracklist:
01. Dream
02. Calling
03. Home 
04. More
05. After the rain
06. Vartha
07. Marsheland
08. Waiting on a solemn reminiscence
09. King’s loop
10. The nurturer
11. Gato’s gift
12. When my head
13. Harmonee
14. Such is life
15. 3-2-1