R E C E N S I O N E


Recensione di Alessandro Tacconi

Correva l’anno 1972 e la Francia come sua abitudine accoglieva a braccia aperte i musicisti d’oltreoceano. Il jazz è amato dai cugini d’oltralpe fin dalla Seconda Guerra Mondiale. Questo Paese che è diventato negli anni la fucina di migliaia di musicisti di gran calibro e destina fondi anche per un’orchestra jazz nazionale… Così quando giunge da oltreoceano uno dei maestri del sax tenore e del flauto come Yusef Lateef si appronta una doverosa registrazione al Cloitre de Célestine ad Avignone il 19 luglio. Eppure all’epoca il musicista, convertito all’Islam già nel 1950, non è molto conosciuto a causa di una maldestra distribuzione dei suoi lavori discografici, che all’epoca sono quasi una trentina tra registrazioni in studio e live. Un musicista davvero completo se si pensa che oltre al sax tenore suona flauto, oboe e fagotto. Inoltre nella sua formazione ha sempre menzionato il compositore Erik Satie ma anche la musica orientale, quella colta di Karlheinz Stockhausen e la poliritmica africana.  

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