R E C E N S I O N E
Recensione di Stefania D’Egidio
C’è ben poco da aggiungere quando si parla di un gruppo come gli Iron Maiden, che è entrato di diritto nella storia della musica e che ha contribuito a scriverla la storia, essendo una delle colonne portanti di un intero genere, la New Wave of British Heavy Metal. Centinaia i gruppi che a loro si sono ispirati nel corso degli anni e di cui poi avremmo sentito parlare, ad esempio Metallica e Slayer, tanto per citarne due.
In principio erano visti come un manipolo di capelloni sfigati, con giacca di pelle e jeans attillati, in una Londra dove sintetizzatori e suoni elettronici imperavano, snobbati dalle radio e dalle masse, eccezion fatta per i frequentatori del Ruskin Arms, unica isola felice della capitale inglese per gli amanti del metallo. Impiegano qualche annetto a farsi notare dall’industria discografica, cercando di distinguersi dalle band punk del momento, da cui, tuttavia, attingono per i primi album, ed è solo dopo l’allontanamento del cantante Paul Di’ Anno, divenuto un fardello troppo pesante per i suoi vizi, e l’arrivo del più duttile Bruce Dickinson, che spiccano davvero il volo.
