R E C E N S I O N E
Recensione di Francesca Marchesini
Anche per chi ha passato tutta la vita in mare c’è un’età in cui si sbarca.
(Italo Calvino, 1957)
Niccolò Lavelli, cantautore milanese dal fascino – e lo pseudonimo – letterario, avvia la sua carriera nel 2011 con l’uscita dell’EP Giuda (PMM, 2011); è con il lavoro successivo, Occhi pieni occhi vuoti (autoproduzione, 2013), che si può cominciare a parlare di un vero progetto musicale, un progetto dal nome Calvino. Astronave Madre è il suo secondo album; questo nuovo lavoro segue l’LP Gli Elefanti (Dischi Mancini, 2015), un debutto full-lenght che conferma il progetto come uno fra i più promettenti della scena emergente e che lo porta a condividere i palchi di tutta Italia con artisti come IOSONOUNCANE, Motta e Colapesce.
Astronave Madre si presenta come un album perfettamente centrato nel progetto musicale di Calvino: il cantautorato inteso come filtro estremamente narrativo della realtà. Il suo omonimo sopraccitato, all’interno del romanzo Il barone rampante, spiegava che tutti nella propria vita, prima o poi, trovano una certezza cui ancorarsi; nella nuova opera di Lavelli, l’Astronave rappresenta quell’angolo di cosmo che chiamiamo casa ed è, al contempo, punto di partenza e arrivo di questo viaggio interstellare. Quando siamo distanti, in realtà, l’Astronave è sempre presente nei nostri pensieri e trasmette una sensazione di pace.
