R E C E N S I O N E
Recensione di Mario Grella
Per una volta, anziché dei musicisti o del titolo dell’album o magari del concept che lo ha generato, incominciamo dagli studi in cui questo magnifico lavoro è stato registrato. Se si parla di Real World Studios, il pensiero corre subito al nome di Peter Gabriel. Gli Studios sono nati nel 1986, nei pressi di Bath (Uk), con un progetto già tutto insito nel nome. Ed è idealmente in questo solco che si può inscrivere Kalak, del grande percussionista Sarathy Korwar (batteria, percussioni, voce ed elettronica)e attorno al quale si sono riuniti Alistair MacSween, Danalogue e Photay ai sintetizzatori, Magnus Mehta alla batteria e Tamar Osborn ‘Collocutor‘, al sax baritono, flauto, ed elettronica. L’album è incentrato sui ritmi tradizionali dell’Asia orientale che Sarathy Korwar definisce indo-futuristi. Ma si sa le definizioni sono un conto e la musica è un altro, anche se il titolo della prima traccia, sembra dirla lunga sull’intento di far mente locale della cultura e della storia delle comunità indigeni (e del genius loci). Vale allora la pena di ascoltarla questa A Recipe to Cure Historical Amnesia, manifesto programmatico dell’intero lavoro, scandito su una base di fruscii di una foresta pluviale, che si fa memoria della memoria, indispensabile per conservare il passato pur proiettandosi nel futuro, poiché è il passato stesso ad essere al contempo dietro di noi e davanti a noi. E il ricordo si fa ancora musica nel secondo brano che si intitola proprio To Remember, seppure cantato in una delle tante lingue dravidiche del sud dell’India. Del resto questo paradigma della circolarità del tempo è presente anche nella copertina del disco, tratto da un antico simbolo indiano e ridisegnato dalla designer di New Delhi Sijya Gupta.
