R E C E N S I O N E


Recensione di Aldo Pedron

Dopo 40 anni (il primo brano fu concepito il primo gennaio del 1978) è uscito Cut The Tongue, primo album prog di Julius Project, dalla mente del tastierista (e avvocato leccese) Giuseppe Chiriatti. Un’opera che Julius pubblica insieme a storici nomi del prog nazionale e mondiale, dall’arrangiatore Paolo Dolfini a Richard Sinclair, leggenda della scena inglese di Canterbury, passando per l’ex Maxophone Marco Croci. Alla voce solista e nei cori c’è Bianca Berry, la figlia di Julius (con tanto di narratore, Profeta, Boy e family friend a parlare e cantare). Un album dalla genesi travagliata ed un progetto intenso che racconta in 18 brani e quasi 60 minuti di musica senza interruzioni il percorso interiore del giovane protagonista Boy, interpretato dalla voce di Bianca Berry. Boy è un ragazzo che si sente annebbiato perché la sua vita non ha senso: dapprima si chiude in sé stesso, poi, su indicazione di un amico di famiglia, si affida ad un “profeta” che gli decanta le meraviglie della ricchezza e l’importanza dell’apparenza, fino a quando, la notte di San Silvestro, Boy non si rende conto che si tratta soltanto di false illusioni. All’alba, in una dimensione onirica, ascolta la voce di uno spirito guida che gli raccomanda di “tagliare la lingua” (Cut The Tongue) ai falsi profeti… Alla fine Boy, troverà il significato della sua esistenza, accettando la solitudine come virtù (a tratti mi ricorda l’idea del fenomenale doppio LP del 1969 Tommy degli Who, una delle prime opere rock in assoluto della storia).

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