R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Non è facile trovare un chitarrista che suoni così “pulito” come Greg Lamy. Questo può significare che a lui non interessi tanto quella cascata di suoni e di scale su cui  abitualmente insistono molti chitarristi jazz ma piuttosto una certa linearità espressiva che miri di più alla comunicazione emotiva, verso la creazione di una trama melodica agevolmente comprensibile. Possiamo anche, come hanno fatto molti altri, accennare alle influenze di valenti maestri come John Scofield o Pat Metheny ma francamente le analogie valgono fino ad un certo punto. A me sembra che Lamy conservi un suo nucleo personale, affidandosi ad un flusso naturale di note, a dei fraseggi che non nevrotizzano mai e che si distendono nella tranquillità dei suoi paesaggi sonori, colmi di serenità e di pacifico distacco. Inoltre una certa matrice rock affiora tra le righe, più forse nei suoi ricordi che non nella prassi musicale, tuttavia la si avverte come una annotazione di fondo, una scenografica quinta teatrale. Nato a New Orleans, diplomatosi al benemerito Berklee College of Music di Boston Greg Lamy vive attualmente tra il Lussemburgo e la Francia e ha sulle spalle sei dischi come titolare e questo Observe the silence è la sua settima uscita. I compagni di viaggio sono Gautier Laurent al contrabbasso, Jean-Marc Robin alla batteria e, come prezioso collaboratore aggiunto al piano troviamo Bojan Zulfikarpasic, quel Bojan Z. di cui già parlammo in queste pagine come elemento d’assoluta importanza nello splendido lavoro di Michel Portal, MP85.

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