R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Questa è la storia di un uomo coraggioso. Laurea in filosofia, con un buon lavoro alla Microsoft e un innegabile talento pianistico. Un giorno quest’uomo molla tutto per seguire il suo sogno. Lascia Israele, sua terra d’origine, per andare a New York e diventare musicista professionista, compiendo quel post-romantico Grand Tour che vede gli USA come meta obbligata per la propria formazione musicale. Stiamo parlando di Roy Mor, giovane pianista e compositore esordiente in campo discografico che in ossequio all’undicesimo comandamento biblico “non avrai altra passione all’infuori del jazz” ha seguito la sua stella cometa da Gerusalemme a New York e ritorno. Attraverso un percorso di specializzazione e affinamento con varie esperienze di collaborazioni, esibizioni, riconoscimenti e premiazioni, è finalmente approdato quest’anno alla sua prima uscita su disco per la Ubuntu Music. Bisogna dire che Mor non si è limitato ad essere un tassidermista dei propri sogni. Ha invece applicato alla perfezione tutto ciò che ha imparato in patria e all’estero, sviluppando un suono brillante, a tratti esplosivo, dimostrando di aver appreso tutti i segreti del moderno piano-jazz. Ci tengo a sottolineare l’aspetto energico del suo pianismo che però non gli prende mai la mano e quando è il momento del tocco delicato è capace di acquietarsi, di prendere distanza dall’euforia che pare spesso possederlo. In effetti, nonostante lo stesso Mor definisca, non senza una punta d’ironia, il suo suono come “biblico”, alludendo al multiculturalismo della sua terra d’origine, in questo disco After the real thing si respira un’atmosfera classicamente jazz-mainstream in cui le suggestioni popolari e tradizionali si avvertono solo in qualche aspetto circoscritto dell’intero lavoro.
