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Riccardo Di Vinci

Gianluca Petrella Cosmic Renaissance – Universal Language (Schema Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Spesso, quando si deve scrivere di un lavoro musicale, soprattutto se appena pubblicato, si va alla ricerca di qualche informazione di supporto che, spesso, si trova nei comunicati stampa delle etichette discografiche inviati insieme al “disco”. Qualche volta, se il lavoro è già stato recensito, si consultano articoli già pubblicati sui pezzi in questione, quantomeno per confrontare le idee e le interpretazioni. Tutti queste strategie comportamentali saltano quando si ha tra le mani Universal Language di Gianluca Petrella col suo possente ensemble, la Cosmic Renaissance. Infatti con l’album, prodotto dall’etichetta Schema Records, arriva un apparato informativo da far impallidire qualsiasi pubblicazione: biografia del musicista in versione breve ed in versione extra-large, più che esaustivo comunicato stampa, calendario con date dei concerti e, last but not least, guida all’ascolto track by track. A questo punto resta poco da scrivere e si potrebbe passare direttamente all’ascolto, seguendo pedissequamente le spiegazioni allegate al prodotto. Purtroppo o per fortuna però c’è anche chi ama ancora scrivere di quel che vede, legge o ascolta, non fidandosi troppo di chi scrive pro domo sua. E così mi sono messo pazientemente all’ascolto di Unknow Dimension che apre il disco e l’ho fatto, senza leggere “lo spiegone”. Nel comunicato stampa si veniva già messi sull’avviso che qui il jazz, non è libero e allo stato puro ma, naturalmente, contaminato da altri generi musicali come l’elettronica, lo space-jazz, la musica afro-futurista. 

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Claudio Bertolin – True Bluesman (Funkedelium, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Antonio Spanò Greco

Poco importa la provenienza, Padova, e l’anno di nascita, 1953, e neanche sapere che Claudio Bertolin è una figura storica del blues italiano, avendo iniziato a esibirsi con Cooper Terry e suonato nei primi album di Roberto Ciotti. Sì, perché Claudio è un bluesman poco avvezzo a farsi conoscere e a gestire la sua immagine: suona per il piacere di suonare, seguendo senza remore il proprio istinto. Ascoltandolo in True Bluesman si viene rapiti dall’immediatezza del blues portato allo stato primordiale, senza fronzoli, difficilmente pensereste a un artista italiano. “In Italia c’è solo Claudio Bertolin che può cantare il blues come i mori”: l’affermazione è del grande e compianto Raffaele Bisson. Claudio incarna il vero spirito dei bluesman che dalle proprie vicissitudini trovano linfa e ispirazione per i propri pezzi: blues vissuto in prima persona sperimentando sulla propria pelle le incongruenze della vita, le delusioni d’amore e i momenti di salute che indeboliscono sia il fisico che l’animo. Tutto questo si trova nel blues di Claudio, sensibilità non comune a tutti, autentico esponente di quel genere che ha le sue radici nel sud degli Stati Uniti d’America.

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