R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Derek Walcott, poeta premio Nobel per la letteratura nel 1992 di cui forse troppo presto ci si è dimenticati, nel discorso di accettazione del premio ebbe a dire: “Rompi un vaso e l’amore che ricompone i frammenti sarà più forte dell’amore che dava per scontata la sua simmetria quando era integro”. A ricordarcelo è Kevin Le Gendre, nelle note di copertina che accompagnano l’ultimo, straordinario lavoro di Alexander Hawkins, grande pianista e non vorrei aggiungere di che genere, poiché le sua composizioni non sono strettamente imbrigliabili in un solo genere. Il disco, appena uscito per l’etichetta Intakt Records, si intitola appunto Break a Vase dove Alexander porta a spasso sugli infiniti ed inesplorati territori, straordinari musicisti: Neil Charles al contrabbasso, Stephen Davis, alla batteria, Richard Olátúndé Baker alle percussioni, Shabaka Hutchings ai sax e al flauto, Otto Fischer alla chitarra elettrica. L’ensemble, allargato rispetto al consueto trio con cui suona abitualmente Hawkins, si chiama Mirror Canon. Non si tratta di una stramberia, di una trovata originale, ma di un preciso riferimento, un riferimento (colto, come colto è Alexander Hawkins) ad un dispositivo contrappuntistico, il “canone a specchio” appunto, creato dalla geniale mente matematico-musicale di Johan Sebastian Bach. Proprio una raffinata ed instancabile ricerca musicale contrappuntistica sta alla base della composizione dei brani di questo disco e in generale dei percorsi di ricerca di Alexander Hawkins, compositore che alla ricerca più libera ha sempre associato il massimo rigore formale.

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