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Mario Grella

Rob Mazurek & Exploding Star Orchestra – Lightning Dreamers (International Anthem, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Non so se qualcuno di voi, soprattutto i diversamente giovani, si ricordi ancora (ma è molto difficile dimenticarsene) di Brian Sweeny Fitzgerald, noto come “Fitzcarraldo”… Immagino di sì e immagino, soprattutto, che pochi si siano potuti dimenticare del folle film girato da Werner Herzgog su questo sognatore peruviano che, per portare la voce del grande Enrico Caruso nel cuore dell’Amazzonia, fece costruire un teatro a Iquitos. Ebbene, proprio a lui mi hanno fatto pensare le note del comunicato stampa che accompagnano l’uscita di Lightning Dreamers ultima fatica di Rob Mazurek e della sua Exploding Star Orchestra. In quelle righe, Mazurek ricorda i tre anni trascorsi sul Rio Grande a Manaus (ed è proprio a Manaus, nel teatro della città amazzonica, che Fitzcarraldo ascolta per la prima colta “Il Trovatore” di Giuseppe Verdi). È in quel luogo, alla confluenza del Rio Negro e del Rio delle Amazzoni, che Rob ha cercato una sorta di ispirazione che ha poi trasformato nell’energia magnetica che si ritrova in questo lavoro.

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Omaggio a Cesare Pavese – Barbiero Manera Sartoris Trio @ Piccolo Coccia, Novara – 19.03.23

A P P U N T I  D A  N O V A R A J A Z Z


Articolo di Mario Grella

Certo che l’ensemble composto da Massimo Barbiero alla batteria e percussioni, Eloisa Manera al violino ed Emanuele Satoris al pianoforte, si è preso una bella gatta da pelare intitolando il concerto (e il CD) Verrà la morte e avrà i tuoi occhi dall’omonima raccolta di poesie di Cesare Pavese. Ho con quella raccolta un legame particolare per i ricordi che mi legano ad essa e all’esame universitario sostenuto con Vittorio Spinazzola, qualche secolo fa, ma a parte questo, il confrontarsi con una della più celebrate poesie del Novecento italiano, non era cosa semplice. Sempre più spesso, però, i jazzisti dedicano i loro lavori ai grandi temi della letteratura e questo comporta naturalmente un certo rischio. Del resto Eloisa Manera non è nuova nel cimento con la letteratura, basta ricordare un suo lavoro precedente ispirato a Le città invisibili di Calvino. Oltre che, al confronto a viso aperto con la letteratura, una responsabilità ancora maggiore è quella di confrontarsi con un sentimento altrui, come l’amore di Pavese per Costance Dowling, l’attrice americana che fu probabilmente una concausa del suo suicidio. È stato un concerto molto intenso, nell’ambito degli appuntamenti di Aperitivo in Jazz, presso lo spazio Piccolo Coccia di Novara, manifestazione domenicale di NovaraJazz che ormai ha messo radici in diversi ambiti e luoghi della città. Mi sia solo concesso ricordare la rassegna Swing & Hot allo Spazio Nòva, le serate al Cannavacciuolo Bistrot e gli appuntamenti del giovedì all’Opificio, altro locale nel circuito di Novara Jazz.

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Romeo e Giulietta @ Piccolo Teatro Strehler, Milano

T E A T R O


Articolo di Mario Grella

È tradizione ormai inveterata che tutti i registi teatrali, a cominciare dai più grandi, quando devono cimentarsi con un testo classico del teatro, cerchino nelle loro messe in scena di darne una versione “attualizzata”, cerchino insomma di ambientare l’azione nella contemporaneità. Sono pochi i registi che hanno resistito a questa tentazione. Così anche Mario Martone, uno dei più celebrati registi italiani (non solo teatrale, s’intende), ha ceduto al richiamo del “hic et nunc”, nella sua prima regia per il Piccolo Teatro di Milano, dove ha portato in scena Romeo e Giulietta di William Shakespeare, scritta presumibilmente tra il 1594 e il 1597. L’operazione, come è facilmente immaginabile comporta dei rischi notevolissimi: opere tanto perfette, fatte di equilibri delicati, orditi e trame calibratissime e veicolatrici di messaggi profondi, di morali solenni o di dubbi amletici, se non maneggiate con cura possono trasformarsi in patetiche boiate o ridicole rappresentazioni.

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Anatomia di un suicidio @ Piccolo Teatro Grassi, Milano

T E A T R O


Articolo di Mario Grella

Il nuovo talento della drammaturgia britannica si chiama Alice Birch, ha trentacinque anni ed è l’autrice della bellissima Anatomia di un suicidio, (tradotto in italiano da Margherita Mauro per il Saggiatore), pièce teatrale di tre ore filate in scena al Piccolo-Teatro Grassi di Milano, fino al 19 marzo, una co-produzione del Piccolo Teatro e Casadargilla per la regia di Lisa Ferlazzo Natoli e Alessandro Ferroni. Nonna, mamma e nipote legate dal filo di un male di vivere profondo e le loro vicende si dipanano sincronicamente sulla scena pur se vissute in tempi diversi: gli anni Settanta per la nonna, il Duemila per la figlia e il Duemilatrentacinque per la nipote. Una trovata drammaturgicamente geniale e una narrazione scarna, fatta di dialoghi o monologhi che tengono le protagoniste sospese sull’abisso, ma senza mai lasciarle precipitare.

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Mirco Ballabene – 7 composizioni Improvvisate Per Contrabbasso Solo (Niafunken, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Apparentemente, ma solo apparentemente, accingendosi ad ascoltare un concerto o un nuovo lavoro discografico di contrabbasso solo, ci si potrebbe spaventare. Naturalmente poi l’ascolto, se di ascolto vero si tratta, non solo risulterà gradevolissimo, ma potrebbe addirittura risultare indispensabile. Lo è perché l’ascolto del suono di uno strumento “in purezza” è, almeno per chi scrive, un’operazione mentale assolutamente necessaria per restituire equilibrio; una specie di pausa di riflessione, una volontaria clausura in un “hortus conclusus” che permette riflessione, introspezione, ma che soprattutto rieduca all’ascolto, quello vero. L’eccentricità e l’esclusività dello strumento riconduce l’attenzione sulla costituzione del suono nella sua origine e sulla intenzionalità della scrittura musicale.  Tutto questo potrebbe risultare impossibile ascoltando una band, un ensemble, ma persino un’orchestra. Con queste predisposizioni d’animo e di mente mi sono accostato alle 7 composizioni improvvisate per contrabbasso solo di Mirco Ballabene, CD uscito nell’appena trascorso mese di febbraio per la brillante etichetta “Niafunken”.

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Empire of Light – di Sam Mendes (USA, 2022)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Dopo le prime tre-quattro sequenze di Empire of Light di Sam Mendes, ho temuto che si trattasse dell’ennesimo omaggio al cinema, simile a uno di quelli che in questi ultimi anni si sono succeduti come, per citare i due ultimi esempi, il toccante The Fabelmans di Steven Spielberg o l’indigesto Babylon di Damien Chazelle. Invece oltre ad un omaggio al cinema, Empire of Light fa parte anche di quel filone del cinema proletario e di lotta, che annovera nel proprio repertorio grandissimi film a cominciare da quelli di Ken Loach, insuperato maestro del genere (Neorealismo a parte, naturalmente), fino all’Emmanuel Carrère di Tra due mondi del 2021. La vicenda racconta di Hillary, (Olivia Colman), vicedirettrice dell’Empire of Light, vecchia multisala cinematografica affacciata sulla manica, a Margate, cittadina del Kent, che viene sistematicamente plagiata sessualmente dal direttore della sala, Mr. Ellis (Colin Firth) nonché del suo rapporto sentimentale con un giovane neo assunto come addetto alla biglietteria, Stephen (Michael Ward), uomo di colore, vittima della discriminazione razziale, ancora ben viva in UK negli anni Ottanta, tanto da essere pestato a sangue da un gruppo di aderenti al gruppo di estrema destra del National Front che durante una manifestazione dà l’assalto al cinema.

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Igort – Quaderni Ucraini Volume 2, Diario di un’invasione (Oblomov edizioni, 2022)

L E T T U R E


Recensione di Mario Grella

Circa un anno fa Putin decideva di dare il via alla “missione speciale” (leggasi guerra) contro l’Ucraina. Da allora e, durante tutto questo lungo anno, abbiamo visto le drammatiche e crude immagini dell’invasione, abbiamo visto le fotografie, i video, abbiamo sentito dalla viva voce degli ucraini le testimonianze, le grida di dolore, i pianti sgomenti, le urla di rabbia, le preghiere. Abbiamo letto decine e decine di articoli, riviste, libri, così come abbiamo ascoltato dibattiti televisivi. Insomma siamo (molti di noi lo sono), iper informati sul conflitto, ma anche sulle strategie e sugli interessi in gioco. Potremmo quasi dire che sappiamo tutto o quasi tutto della guerra, anzi dell’invasione e della guerra di resistenza dell’Ucraina. Cosa può aggiungere a questa montagna di informazioni una graphic novel? Può aggiungere molto, anzi si può dire che può aggiungere qualcosa di essenziale perché il segno grafico ha uno status del tutto particolare, rispetto al testo scritto o all’immagine televisiva e cinematografica. A differenza della scrittura che è pensiero codificato, a differenza dell’immagine che è immagine mentale, il disegno è anche corpo. Per questo il fumetto, o meglio la grafic novel, è fortemente emozionale.

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La Maria Brasca @ Teatro Franco Parenti, Milano

T E A T R O


Articolo di Mario Grella

Maria Brasca è certamente uno dei più originali personaggi del teatro contemporaneo italiano, forse non solo italiano. L’articolo determinativo “la” poi la caratterizza ancora meglio, dandole quella connotazione geografica e umana che la fa appartenere alla storia del teatro milanese che, pur non avendo una storia centenaria come quello napoletano, ha pur tuttavia una certa tradizione e pieces di alta qualità, tra le quali basti pensare a El nost Milan di Carlo Bertolazzi. La Maria Brasca di Giovanni Testori, messa in scena dal Teatro Franco Parenti e dal Teatro della Toscana, per la regia di Andrée Ruth Shammah e interpretata brillantemente da Maria Rocco, portava con sé, come un fardello, il ricordo indelebile di due straordinarie interpreti del personaggio: Franca Valeri negli anni Sessanta e più tardi, sempre per la regia di Shammah, Adriana Asti.

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Mr & Mrs Clark. Ossie Clark and Celia Birtwell. Fashion and Prints 1965-1974 @ Fondazione Sozzani, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Se prima del dieci aprile qualcuno di voi volesse fare un tuffo nella Londra punk, nelle sue icone, ma soprattutto nella sua moda, non dovrà far altro che visitare la piccola, ma preziosa mostra, allestita alla Fondazione Sozzani di corso Como 10, ed intitolata Mr & Mrs Clark. Ossie Clark and Celia Birtwell, fashion and paints 1965-1974. La mostra, curata da Federico Poletti, mette in posa la produzione originale e dirompente di due tra i più celebrati stilisti della Londra di quegli irripetibili anni. Chi pensasse però ad una semplice mostra sulla moda sarebbe fuori strada, poiché quella della Fondazione Sozzani è una mostra di atmosfere: abiti, film, fotografie e disegni che caratterizzarono la capitale britannica a cavallo tra la fine degli anni Sessanta e la metà dei Settanta.

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