R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Per entrare nel mondo artistico di Sinikka Langeland bisogna accettarne l’ipotesi metafisica. Cioè che esista una componente spirituale coinvolgente gli esseri viventi e la Natura tutta in una sorta di unità dell’Essere. Una forma di animismo, un‘anima mundi se vogliamo chiamare così questa intima comunione tra gli elementi terrestri e cosmici. Ma non dobbiamo pensare che questa sia propriamente una credenza arcaica. La possibilità di una condivisione tra le particelle vibranti che compongono tutta la Materia è l’ultima frontiera della fisica quantistica. Ma non è necessario conoscere la meccanica dei quanti per entrare in relazione profonda con la Natura. Si possono, come agisce effettivamente Langeland nei suoi album, avvertire sintonicamente le percezioni sottili dell’Essere e porsi in contatto emotivo con le Forze vitali del mondo. In fondo questa è una caratteristica comune dei musicisti nordici, cioè la capacità di entrare in relazione con i genius loci dei loro paesaggi sapendone comunicare l’emozione all’ascoltatore. La sorgente ispirativa di questa artista ha una propria collocazione geografica nel territorio sito tra Norvegia e Svezia, il Finnskogen, conosciuto come la Foresta dei Finlandesi, perché nel ‘600 vi si rifugiarono degli esuli provenienti da quei territori che solo all’inizio del’900 diverranno poi il vero e proprio stato finlandese. In questo ultimo album ECM, l’artista norvegese ha messo in musica i versi di uno dei più famosi poeti e drammaturghi contemporanei come Jon Fosse –  anch’egli norvegese, conosciuto come “il nuovo Ibsen” – che descrive il suo processo di scrittura come un atto d’ascolto.

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