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Balck Sabbath

Re del Kent – Sottocultura (Autoproduzione, 2020)

R E C E N S I O N E


Articolo di Stefania D’Egidio

Le polemiche successive alla vittoria dei Måneskin a Sanremo 2021 mi hanno fatto capire che, in Italia, i consumatori di musica si dividono in tre fazioni: quelli che seguono le mode del momento, nello specifico la trap, per lo più ragazzi sotto i 25 anni, quelli nostalgici, che vivono nel ricordo dei Led Zeppelin e dei Black Sabbath, snobbando qualsiasi tentativo di emulazione, come appunto i Måneskin o i Greta Van Fleet, e, infine, quelli che pur rimpiangendo i tempi che furono, apprezzano lo sforzo di alcuni nuovi gruppi di portare avanti un genere musicale, il rock, dato ormai per morto e sepolto, nel tentativo di arginare l’invasione di autotune e basi campionate. Io appartengo a quest’ultima schiera, consapevole che il meglio è già passato, ma nello stesso tempo fiduciosa nel futuro perché, classifiche a parte, l’underground, sia italiano che estero, qualche bella sorpresa ancora la riserva ogni tanto: è vero che bisogna fare un lavoro di ricerca certosino, non limitarsi ad ascoltare le playlist di Spotify e delle altre piattaforme di streaming, scorrere le mille proposte che il web ti propina ed ecco che, a volte, ti arriva l’onda giusta.

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Melvins – Working with God (Ipecac Recordings, 2021)

R E C E N S I O N E


Articolo di Stefania D’Egidio

Band di difficile inquadramento i Melvins, nati nel 1983 ad Aberdeen, come gruppo hardcore punk, evoluto poi in sludge metal; la loro continua voglia di sperimentazione e il marcato senso dell’umorismo ne ha fatto un punto di riferimento negli anni ’90 per gruppi grunge come i Nirvana e i Soundgarden, soprattutto per l’accordatura in Drop D della chitarra di cui Osborne è stato un pioniere. Leggenda narra che sia stato proprio lui a presentare Dave Grohl a Cobain dopo lo scioglimento degli Scream. Mai entrati nell’Olimpo mainstream, sono considerati quasi una band di nicchia, sebbene tra le più prolifiche della storia con tantissimi live alle spalle e oltre quaranta album, tra quelli dal vivo, in studio e compilation varie. Nel mezzo continui cambi di line up e progetti paralleli. Working with God, pubblicato lo scorso febbraio con la casa discografica del compagno di merende Patton, ci riporta alla formazione del 1983 con King Buzzo Osborne alla voce e chitarra, Dale Crover al basso e Mike Dillard alla batteria: tredici tracce in tutto che confermano la vena dissacrante del gruppo statunitense, noto per i testi coloriti (per non dire farciti di volgarità varie). Con la delicatezza e la grazia di un ippopotamo aprono l’album alla loro maniera, fregandosene di tutto, con una versione rimaneggiata di un vecchio classico dei Beach Boys, I Get Around, che, per l’occasione, diventa I Fuck Around e proseguono in quella direzione per il resto dei minuti, anche con l’irriverente glamrock di Fuck You, non proprio da Accademia della Crusca…

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