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CINEMA

Perfect Days – di Win Wenders (Giappone, Germania, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

“Sospendere il divenire è l’unico modo per rimanere eterni”. Lo disse Carmelo Bene, molti anni fa, in una intervista. Ecco, se volessimo partire da un punto fermo dell’ultimo ed attesissimo film di Wim Wenders, potremmo partire da questa affermazione del grande uomo di teatro italiano. Hirayama, il protagonista silente di Perfect Days, vive “in” e “di” una continua ripetizione degli atti quotidiani della sua umile vita: si sveglia, si rade, si lava, si veste, va al lavoro ascoltando cassette di classici rock, blues, soul (pulisce i bagni pubblici in diversi punti di Tokyo), pranza al parco con un panino e fotografa i rami degli alberi, prima di tornare a casa passa dai bagni pubblici per una doccia, poi esce a cena sempre presso lo  stesso localino di ramen, (tranne la domenica); poi torna a casa e legge (Faulkner) prima di coricarsi sul futon dell’umilissima dimora. E al mattino dopo il ciclo ricomincia da capo. La ripetizione è la forza della storia di Wenders e “La ripetizione”, detto per inciso, è anche il titolo di un libro di Peter Handke che con Wenders ha più di una similitudine.

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La Chimera – di Alice Rohrwacher (Italia, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

“C’è chi l’amore lo fa per noia e c’è chi se lo sceglie per professione, Bocca di rosa né l’uno né l’altro, lei lo faceva per passione…” Nulla di meglio di questo celeberrimo verso di Fabrizio De André per definire la figura di Arthur, tombarolo rabdomantico per passione, magnifico protagonista di un film incantevole, quale è La Chimera di Alice Rohrwacher. Arthur soprannominato l’inglese dai “tombaroli” (quelli veri) della Tuscia, ha il potere, quasi magico, di “sentire” la presenza di tombe nel sottosuolo, forse perché guidato anche dal desiderio di raggiungere quel regno dei morti dove vive l’anima (e magari il corpo) di Beniamina, suo perduto amore. L’inglese ha la sua base nella casa-rudere di una anziana e carismatica insegnante di canto, Flora (interpretata da Isabella Rossellini) alle cui dipendenze, un po’ come domestica e un po’ come allieva, c’è Italia (Carol Duarte) che sembra essere l’unica persona capace di tenere il sognante Arthur ancorato a questa terra.

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Foglie al vento – di Aki Kaurismäki (Finlandia, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Ci sono due modi per guardare Foglie al vento, il nuovo film di Aki Kaurismäki (che va a completare la quadrilogia iniziata nel 1986 con Ombre in paradiso, proseguita negli anni con Ariel e La fiammiferaia), ossia si può guardare il film come un racconto realista oppure guardarlo come un’opera formalista. Ma c’è anche un terzo modo, ovvero guardarlo come fosse le due cose messe insieme. Una cassiera di un supermercato ed un operaio si incontrano casualmente in un locale di karaoke, in una Helsinki cupa e squallidamente infera, quella del quartiere operaio di Kallio. Provengono entrambi da una classe sociale misera ed entrambi hanno perso o stanno per perdere il lavoro, lei per un piccolo furto di un prodotto alimentare scaduto, lui per essere dedito all’alcolismo. Il destino che li ha fatti incontrare però gioca loro un brutto scherzo, poiché l’uomo smarrisce il numero di telefono della donna, unica informazione in suo possesso.

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Un colpo di fortuna – Coup de Chance – di Woody Allen (Francia, Gran Bretagna, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Sono due i principali motivi per cui questa non sarà la solita recensione personale ad un film, anzi i motivi sono tre: il primo è che si tratta di Woody Allen e con lui ho un legame molto profondo che risale al 1969, quando undicenne, vidi il suo primo film, Prendi i soldi e scappa; da allora non me ne sono perso uno e sono passati solo cinquantaquattro anni. Il secondo motivo è che, sia Woody che io consideriamo Parigi la nostra seconda patria e che Coup de chance inizia proprio a qualche centinaio di metri dalla mia casetta delle vacanze parigine. Il terzo motivo, più banale è che si tratta di una sorta di giallo, per cui qualcuno mi farebbe notare che non dovrei rivelarne il finale (e nemmeno il plot narrativo). Insomma questa volta parlerò del film solo attraverso suggestioni personali legate più ai luoghi che alle vicende.

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The Old Oak – di Ken Loach (Francia, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Per il suo ultimo film (almeno secondo le stesse recenti dichiarazioni del grande regista britannico), Ken Loach ha scelto di girare un film “in purezza”, come si direbbe per il vitigno di un un vino. The Old Oak infatti contiene tutti i temi cari a Loach, più uno: il proletariato e il sottoproletariato urbani post-industriali, la disoccupazione, la miniera, l’alcolismo, la povertà materiale e spirituale, ai quali qui aggiunge il tema capitale dei nostri tribolati giorni: l’immigrazione. The Old Oak è il vecchio e malandato pub di Durham, paesino del nord-est dell’Inghilterra, dove la chiusura delle miniere, oltre ad essere stata una tragedia epocale per l’economia del villaggio, era altresì stato un formidabile collante per la solidarietà e le lotte sindacali dei lavoratori. La colliery, ovvero la miniera di carbone, è stata per anni una costante nel panorama delle lotte sindacali di quella parte del paese e, attorno ad esse, sono nate forme del tutto particolari di mutuo soccorso per il sostegno tra lavoratori, insieme ad iniziative ricreative e sociali che spesso ruotavano attorno al pub del luogo.

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C’è ancora domani – di Paola Cortellesi (Italia, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Per una volta cominciamo dal pubblico in sala e non dal film: una sala gremita alle quindici di domenica pomeriggio, di questi tempi almeno, è sempre qualcosa di sospetto. Infatti si percepisce che non si tratta del pubblico abituale amante del cinema, ma prettamente di un pubblico televisivo, trasferitosi al cinema per via della regista-interprete Paola Cortellesi; un pubblico che commenta le scene più pregnanti come è abituato a fare nel salotto di casa, davanti alla televisione, col marito o con la moglie. Ma queste sono osservazioni di contorno, benché abbiano una loro pertinenza. Paola Cortellesi è stata attrice (ma soprattutto intrattenitrice), ma mai regista, e questo lo si nota dopo poche inquadrature e bisogna, tuttavia, ammettere che il film non è di cattiva qualità. È un prodotto con una sua dignità costruito intorno a Delia, proletaria romana, e ad Ivano il marito-padrone che usa più le mani che i sentimenti per tenere in piedi una famiglia che vive di privazioni e stenti.

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Killers of the Flower Moon – di Martin Scorsese (USA, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Temo che l’americano medio, se non fosse un’astrazione, potrebbe assomigliare a Ernest Burkhart, almeno quanto l’italiano medio potrebbe assomigliare al ragionier Fantozzi (ma anche a Don Vito Corleone). Ernest Burkhart è un innamorato del denaro, come molti azzeccati stereotipi americani e, per rincorrerlo senza eccessivi scrupoli, di ritorno in Oklahoma dalla Grande Guerra, si mette al servizio dello zio William Hale, facente parte del potentato della Contea di Osage, territorio indiano adagiato su grandi giacimenti petroliferi che, naturalmente, fanno gola ai non nativi. Solo che questa volta le parti sono invertite, poiché sono gli indiani a fare profitti col petrolio e ai “visi pallidi” tocca solo stare alla finestra. Ma, naturalmente, le cose non sono così semplici poiché William Hale (un magnifico Robert De Niro), architetta un diabolico meccanismo per far morire più indiani possibile, cercando, attraverso apparentamenti forzati, di diventare il destinatario ultimo dei diritti sulle estrazioni petrolifere. Cosa c’è di più semplice, quindi, che far sposare il nipote Ernest Burkhart con la malaticcia Molly, giovane donna Osage per poi contribuire attivamente alla sua morte?

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Asteroid City – di Wes Anderson (USA, 2023)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Wes Anderson è diventato pazzo e Asteroid City ne è la prova. Però anche Vincent Van Gogh era pazzo, eppure… Cominciamo dall’inizio, visto che nel film i piani temporali sono già volutamente mescolati. Asteroid City è una pièce teatrale scritta da Bryan Cranston e trasposta da Adrien Brody, per la televisione americana, negli anni Cinquanta. E Wes Anderson decide di mantenere i due piani narrativi e di aggiungerne un terzo, quello del cinema. Asteroid City è una località nel deserto del Nevada, nata intorno ad un cratere formatosi per l’impatto avvenuto anni prima di un asteroide. In quel luogo remoto si dànno convegno, per un premio, un gruppo di geni in erba della ricerca scientifica e tecnologica, detti Junior Stargazer, oltre ad una serie di strambi personaggi, come un nonno in ansia per la nipotina, una attrice egocentrica e paranoica, una scienziata pazzoide ed autodistruttiva, un alieno sceso a recuperare un frammento dell’asteroide che aveva fatto della località nel deserto un centro di attrazione.

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Manodopera – Interdit Aux Chiens et Aux Italiens – di Alain Ughetto (Francia / Italia / Belgio / Svizzera / Portogallo, 2022)

C I N E M A


Articolo di Mario Grella

Intitolare un film Manodopera, quando il titolo in lingua originale è Interdit aux chiens et aux Italiens è una scelta molto discutibile, ma si sa che a decidere è la distribuzione, secondo le regole del mercato e non certo il regista. Passiamo allora a parlare del film di Alain Ughetto, francese di origine italiane, che ha debuttato con questo gioiellino al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy del 2022. Si tratta di un film scarno che non concede quasi nulla allo spettacolo (anzi alla spettacolarizzazione), un film poetico come capita, sempre più spesso, per i film di animazione che per capacità narrativa non sono certo meno efficaci del cinema tradizionale.

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