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Emily Dickinson

Sonia Schiavone – Wayne Shorter’s Legacy (Da Vinci Jazz, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Bisogna possedere almeno un minimo d’incoscienza per mettersi a cantare le melodie di Wayne Shorter. Prima di tutto perché questo Autore presenta delle linee esecutive tutt’altro che semplici. Poi perché in composizioni come queste l’intonazione deve risultare sovrana e ciò a prescindere da ogni altro attributo vocale. Per fortuna Sonia Schiavone non difetta di qualità timbrica né tanto meno di intonazione. Aggiungete a tutto quanto una buona estensione vocale ed ecco che l’accesso a Shorter è garantito e timbrato con il marchio di qualità. Dei dieci brani che compongono questo Wayne Shorter’s Legacy un paio sono stati composti dalla stessa Schiavone, con l’aggiunta di due contributi testuali tratti da Emily Dickinson – una poetessa molto amata dall’Autrice dato che ispirò in massima parte il precedente lavoro Come-Eden – ma gli altri pezzi son tutti di Shorter ed appartengono al decennio che va dai ’60 ai ’70. I testi utilizzati in questa Legacy sono in parte della stessa Schiavone, altri estrapolati da importanti fonti letterarie e poetiche e altri ancora ottenuti modificando scritture già esistenti. Di questa compositrice, arrangiatrice e cantante torinese, noi di Off Topic ci eravamo già occupati in passato, recensendo il suo precedente lavoro, che potrete rileggere qui. La sua voce, dotata di una timbrica rilucente, si dimostra quasi paragonabile a quella di un sax soprano mentre la limpidezza della sua emissione vocale la pone lontano dalle incartavetrate cantanti rock-blues che sovrabbondano – nel bene e nel male – di questi tempi. E quando una voce come questa s’impadronisce della scena, la sensazione è di estrema fluidità, peraltro rimarcata dallo splendido – è veramente il caso di dirlo – ensemble di musicisti che l’accompagnano. Tra gli elementi del gruppo leggo, insieme agli altri, il nome di Stefano Profeta – contrabbassista che avevamo conosciuto con il bel disco di Lucia Minetti Jazz Nature del 2017 – ma anche altri due nomi interessanti, cioè Fabio Gorlier al pianoforte e Cesare Mecca alla tromba che ho entrambi recentemente ascoltato nel lavoro di Max Giglio, Cities and Lovers. Completano il gruppo dei musicisti anche Donato Stolfi alla batteria, Gianni Virone ai sax e ai clarini e Aldo Caramellino al trombone.

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Costanza Alegiani – Folkways (Parco della Musica Records, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Aldo Pedron

Costanza Alegiani, romana, si è laureata con il massimo dei voti in Musica Jazz al Conservatorio di Frosinone e in filosofia alla Sapienza di Roma, rispettivamente con una tesi su Carla Bley e su Albert Camus. Ha studiato canto jazz con Diana Torto, tra gli altri, e ha poi approfondito la sua tecnica vocale con Sabine Meyer, per la musica contemporanea, e con Angela Bucci per la musica barocca. Da sempre interessata a progetti interdisciplinari, si è confrontata spesso e volentieri col teatro, la danza e la letteratura. Tra le altre cose è stata autrice e leader di un intrigante progetto, Fair Is Foul And Foul Is Fair, imperniato su musiche di Giuseppe Verdi e realizzato in occasione del bicentenario verdiano con musicisti del Conservatorio di Bruxelles.

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