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Machine Gun Kelly

Måneskin – Rush! (Sony Music/ RCA, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Stefania D’Egidio

Ogni loro uscita è destinata a far discutere: il popolino, si sa, ama dividersi in fazioni e dibattere di tutto, quasi non avesse nulla di meglio a cui pensare; questo i Måneskin lo hanno imparato presto e, come tanti artisti prima di loro, ne hanno fatto un punto di forza. Ad ogni polemica, infatti, seguono milioni di visualizzazioni, servizi televisivi, articoli di giornale e il tutto si trasforma magicamente in soldini: questo è il business, basta vedere il clamore suscitato dal matrimonio organizzato in pompa magna per il lancio di Rush!, a cui certo non potevano mancare i vip del momento, da Fedez a Machine Gun Kelly, officiato niente di meno che da Alessandro Michele, ex direttore creativo di Gucci. All’insegna del glamour, nella splendida cornice di Palazzo Brancaccio, una cerimonia esagerata, come solo loro sanno fare, ed “esagerazione” sembra essere ormai la parola d’ordine perché, da Sanremo in poi, sono stati onnipresenti sui principali mezzi di comunicazione, consentendo loro di spiccare il volo verso traguardi internazionali, l’Eurovision Song Contest prima e le trionfali date negli States poi, culminate con l’apertura per i Rolling Stones, fino alla partecipazione alla colonna sonora del biopic su Elvis. A chi li rimprovera di essere un prodotto di laboratorio, rispondo che il risultato è andato ben oltre le aspettative perché si è messa in moto una macchina macina soldi senza precedenti per un gruppo italiano. Fatte queste prime considerazioni, ho aspettato una settimana a recensire l’album, volevo far attenuare il “rumore dei nemici”, come direbbe lo Special One Mourinho, per non lasciarmi influenzare e concentrarmi solo sul prodotto musicale.

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Downfalls High – di Machine Gun Kelly & Mod Sun (USA, 2021)

C I N E M A


Articolo di Giovanni Tamburino

C’è Fenix, un giovane punk. Un adolescente decisamente outsider. In sedia a rotella in ospedale. Con una benda sull’orecchio.
O meglio, dove avrebbe dovuto esserci, visto che Fenix l’orecchio se l’è tagliato. A scuola. Sul palco dell’auditorium. Il giorno della consegna dei diplomi.
Perché Fenix, giovane punk e adolescente outsider, è in ospedale, su una sedia a rotelle, con una benda dove prima c’era l’orecchio, visto che se lo è tagliato a scuola, sul palco dell’auditorium il giorno della consegna?
Questa è la storia di Fenix. E Scarlett.
Alla Downfall’s High.

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Machine Gun Kelly – Tickets to my Downfall (Bad Boy/Interscope Records, 2020)

R E C E N S I O N E


Articolo di Giovanni Tamburino

Ci hanno provato tutti, ma davvero tutti.
In migliaia lo hanno dato per morto, in centinaia si sono presi il merito di averlo sepolto una volta per tutte.
Eppure non si fa in tempo a dirlo, che ci si sente di nuovo il suo fiato sul collo. Immortale o eternamente redivivo, questo è il dilemma.
Oppure, più semplicemente questa è la condizione esistenziale naturale del punk rock: l’essere sempre sfasciato, accartocciato e da esso trarre la sua forza primordiale, spuntando da un paio di accordi su una chitarra sgangherata.
In questo caso, la sei corde in questione è la Schecter rosa shock di un tale Colson Baker, in arte Machine Gun Kelly, superstar dell’hip hop a stelle e strisce che entra di prepotenza nel mondo degli amplificatori distorti e delle corna sollevate ai concerti.


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