R E C E N S I O N E


Articolo di Giovanni Tamburino

Ci hanno provato tutti, ma davvero tutti.
In migliaia lo hanno dato per morto, in centinaia si sono presi il merito di averlo sepolto una volta per tutte.
Eppure non si fa in tempo a dirlo, che ci si sente di nuovo il suo fiato sul collo. Immortale o eternamente redivivo, questo è il dilemma.
Oppure, più semplicemente questa è la condizione esistenziale naturale del punk rock: l’essere sempre sfasciato, accartocciato e da esso trarre la sua forza primordiale, spuntando da un paio di accordi su una chitarra sgangherata.
In questo caso, la sei corde in questione è la Schecter rosa shock di un tale Colson Baker, in arte Machine Gun Kelly, superstar dell’hip hop a stelle e strisce che entra di prepotenza nel mondo degli amplificatori distorti e delle corna sollevate ai concerti.


Dall’incontro con vecchi e nuovi alfieri del punk da un lato all’altro dell’oceano, il vicino di casa Travis Barker dei Blink-182 e Yungblud, vero e proprio tsunami della musica inglese, –  con i quali sforna la hit I Think I’m OKAY – il trentenne di Houston inizia l’esperienza che darà vita a Tickets to my Downfall, uscito dopo il lancio dei tre singoli Bloody Valentine, Concert for Aliens e My Ex’s Best Friend il 25 settembre (dopo alcuni ritardi tra l’emergenza Covid e questioni di diritti per l’immagine di copertina).
Una dopo l’altra si succedono perle che, se da una parte sono riconoscibili tributi ai musicisti preferiti di MGK, dal pop punk degli anni ’90 all’hip hop e la trap dei giorni nostri, dall’altra portano fuori tutta la personalità e la creatività che rendono unico lo stile di Kells, che si parli dell’energia di Title Track ai toni da ballad di Play this when I’m gone (lettera aperta alla figlia undicenne Casey).
Assieme a lui, tra le tracce abbiamo i due compagni già citati (Barker fisso alla batteria di tutti i brani, Yungblud invece spunta nella versione SOLD OUT Deluxe insieme a Bert McCracken dei The Used), e ancora la ruggente Halsey, Iann Diorr, Trippie Redd, blackbear, a mostrare un orizzonte musicale estremamente ampio che si dimena con precisione chirurgica e totale spensieratezza tra mainstream e sperimentazione.

Kells ha creato un monumento capace di riassumere la sua carriera in un unico atto con un esito assolutamente positivo – certificato dal posizionamento in cima alla classifica settimanale di Billboard –, portando la propria esperienza e attraverso una gamma di sonorità che nel corso degli anni trovano compiutezza e capacità di mescolarsi.
Tuttavia, il vero merito di questo disco sembra essere un altro: l’aver fatto affacciare tutta una nuova generazione di ascoltatori totalmente disabituata a vedere strumenti sui palchi a quella vecchia chitarra, che ancora una volta, troverà mani che faranno sentire il suo ruggito.

Tracklist:
01. Title track
02. Kiss kiss
03. Drunk face
04. Bloody Valentine
05. Forget me too (feat. Halsey)
06. All I know (feat. Trippie Redd)
07. Lonely
08. WWIII
09. Kevin and Barracuda – interlude
10. Concert for aliens
11. My ex’s best friend (with Blackbear
12. Jawbreaker
13. Nothing inside (feat. Iann Diorr)
14. Banyan tree – interlude
15. Play this when I’m gone

(in aggiunta nella SOLD OUT Deluxe)

16. Bodybag (feat. YOUNGBLUD & Bert MaCracken of The Used)
17. Hangover cure
18. Split a pill
19. Can’t look back
20. Misery business (feat. Travis Barker)
21. Bloody Valentine – acoustic (feat. Travis Barker)