T E A T R O
Articolo di Barbara Guidotti
Ci eravamo congedati da Marco Goldin nel backstage del suo spettacolo “Gli ultimi giorni di Van Gogh. Il diario ritrovato”. Lo rivediamo sul palco del Teatro Nuovo di Salsomaggiore, al suo debutto.
Quando le luci in sala si spengono, e il sipario finalmente si apre, lo sguardo viene catturato dai pannelli luminosi sullo sfondo, che sprigionano gli inconfondibili colori delle pennellate di Van Gogh; a lato, stagliati sulla scenografia e sovrastati dal lucernario che si affaccia sul cielo stellato, la sedia, il tavolino e la lampada – che ci sono ormai così familiari – a tratteggiare in modo essenziale la stanza in cui l’artista visse i suoi ultimi istanti.
“Ci sono braci che non si spengono mai…”: la voce fuori campo di Marco Goldin si diffonde ovunque, proiettandoci direttamente nella storia. È il locandiere Ravoux ad accoglierci, quando, a funerali avvenuti (“se ne sono andati tutti”) svela di custodire il diario di Van Gogh; il bianco e nero delle foto d’epoca e i contributi filmati ci riportano al passato, mentre le immagini dei luoghi e dei paesaggi reali si fanno per magia quadri, come accade al municipio di Auvers.
