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Adrian Piper – Race Traitor @ PAC, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Nel 2015 la Biennale di Venezia premiò con il Leone d’Oro, Adrian Piper come miglior artista partecipante alla prestigiosa manifestazione. Forse un riconoscimento tardivo, in considerazione del fatto che la sua miglior produzione è relativa agli anni Sessanta e Settanta, tuttavia il premio va visto appunto come una sorta di premio alla carriera. La magnifica mostra al Pac di Milano Race Traitor, curata da Diego Sileo, è la prima esposizione dell’opera dell’artista statunitense in Europa (aperta fino al 9 giugno prossimo) ed è una occasione da non mancare, come si dice in questi casi. Adrian Piper «troppo bianca per i neri, troppo nera per i bianchi», è un artista minimalista, concettuale, ma prima di tutto politica, anche se questa categoria etica ed estetica sembra non esistere più. Ma se entriamo nello specifico, il tratto che contraddistingue la sua opera è certamente quello di una fiera militante antirazzista: di lei, e di artisti come lei, ce n’è quanto mai bisogno nelle nostre società malate e minate da questo disturbo della psiche umana.

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Re-Stor(y)ing Oceania: l’oceano come antenato da rispettare @ Ocean Space – Venezia

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Articolo di Elena Colombo

È il 23 marzo, e Ocean Space, centro di arte contemporanea con sede a Venezia, inaugura una nuova mostra che ci porta in Oceania. Un continente lontano, dove l’oceano gioca un ruolo chiave non solo nelle vite delle persone, ma anche nella loro comprensione della realtà e nel loro approccio alla vita. La mostra si intitola Re-Stor(y)ing Oceania e invita gli spettatori a connettersi con le voci degli artisti e delle comunità che abitano la diversificata regione del Pacifico. Ocean Space fa capo a TBA21–Academy, un incubatore di ricerca collaborativa a tema ambientale e artistico, che si interroga in particolar modo sulla relazione che abbiamo con gli oceani. La curatrice della mostra è Taloi Havini, una persona indigena di Bougainville, una delle più grandi isole dell’arcipelago delle Isole Salomone. Havini ribadisce che è un’artista, prima che curatrice, e per questo ha riflettuto molto se accettare o meno questo nuovo ruolo. Per fortuna lo ha fatto, aggiungo io, dandoci la possibilità di incontrare l’Oceania in una chiesa storica di Venezia, quella di San Lorenzo.

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Roe Ethridge. Happy Birthday Louise Parker @ 10, Corso Como Galleria, Milano

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Articolo di Mario Grella

Se qualcuno pensasse al fotografo di moda come si intendeva un tempo, “il mestiere di fotografo di moda” (o addirittura semplicemente di fotografo), cadrebbe in errore perché oggi per “fotografo di moda” si intende un fotografo, o ancor meglio un artista che ha “anche” fotografato sfilate, mode e modelli, ma che è soggetto e oggetto della sua arte. È il caso di tanti fotografi e artisti di cui ho trattato in questi anni compreso naturalmente Juergen Teller, di cui ho recentemente scritto per la magnifica mostra della Triennale di Milano. Roe Ethridge, invece, è il fotografo che ha l’onore di inaugurare il nuovo Corso Como Dieci prima, Fondazione Sozzani poi e oggi finalmente 10, Corso Como Galleria come ha voluto chiamare questo storico spazio la nuova gallerista, proprietaria e forse anche animatrice, Tiziana Fausti che ha il merito (non di poco conto), di aver rilevato l’intero spazio, che dopo vicissitudini e dissesti finanziari vari, rischiava di andare completamente perduto.

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Juergen Teller – I need to live @ Triennale, Milano

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Articolo di Mario Grella

I need to live è un titolo abbastanza esplicito da non richiedere ulteriori spiegazioni o specificazioni. Potrebbe trattarsi del titolo programmatico di un disco, di un libro, di un film o di qualsiasi cosa. Si tratta, invece, del titolo di una mostra fotografica, quella attualmente in corso alla Triennale di Milano, del fotografo tedesco Juergen Teller che non ha bisogno di grandi presentazioni, essendo un fotografo di moda di grande fama. La mostra, è stata presentata trionfalmente al Grand Palais Éphémère di Parigi (un grande padiglione provvisorio tra l’École Militaire e la Tour Eiffel) lo scorso mese di dicembre. Cosa hanno di diverso le fotografie di Teller dalle “solite” foto di moda o per meglio dire, dallo stereotipo delle foto di moda? Il suo stile è quello di un “glamour sporco”, come lo definì The New Yorker: non sono infatti fotografie tecnicamente perfette, c’è un diffuso uso del flash (tabù per tutti i fotografi di moda), le inquadrature sono irregolari e inconsuete, i soggetti qualche volta apparentemente casuali, qualche volta scabrosi. Del resto da un fotografo che lavorò per personaggi come Vivienne Westwood, i Nirvana o Sinéad O’Connor, ci si poteva ben aspettare buone dosi di anticonformismo.

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Cuore – Centro studi, archivi, ricerca @ Triennale, Milano

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Articolo di Mario Grella

La nuova meraviglia di Milano si chiama Cuore. Si tratta del nuovissimo (ma antico) Centro Studi, Archivi, Ricerca della Triennale. Più di trecentomila tra oggetti, materiali di archivio, disegni, progetti, modelli, fotografie, libri, pubblicazioni, manifesti. Il “Cuore” è il cuore del Palazzo dell’Arte di Giovanni Muzio costruito nel 1933 e rimesso in sesto dallo studio AR.CH.IT di Luca Cipelletti. Una soluzione tanto semplice, quanto geniale, che consente di alloggiare una parte dei materiali in un sistema modulare scorrevole su montanti di legno rigenerato. Il patrimonio culturale della Triennale è sterminato e comprende anche trentamila fotografie e più di duemila film ed audioregistrazioni, tutti materiali relativi alle Esposizioni Internazionali e alle attività della Triennale dal 1923 ad oggi.

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Boldini, De Nittis et les italiens de Paris @ Castello di Novara

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Articolo e immagini di Mario Grella

Visita semiseria alla mostra.
Ho deciso che ve la racconterò a modo mio, la mostra attualmente aperta al Castello di Novara, un po’ pomposamente chiamata Boldini, De Nittis et les italiens de Paris (fino ad aprile), anche perché, come si usa in provincia, nella recensione ufficiale, non si possono mai sollevare obiezioni o osservazioni critiche, ma nemmeno ironiche altrimenti si offendono tutti: organizzatori, addetti ai lavori, sindaco, assessori, ente per il turismo, glorie locali, pubblico,  per poi non parlare della conseguente litania dei social, dove si dice che a Novara non si può ma fare niente, che tutti criticano e bla bla… E allora vi dirò dei quadri che mi sono piaciuti. Certo che se si pensa al “Bal au Moulin de la Galette” di Renoir, di qualche anno prima, questo Moulin de la Galette di Federico Zandomeneghi del 1878 sembra un quadretto. In realtà non è affatto malvagio, anzi, lo preferisco e di molto agli stucchevoli soggetti di Boldini: in questa bella, piccola folla che attende di entrare nel celebre locale della Butte di Montmartre, si percepisce l’animazione naturale della strada, insomma quegli atteggiamenti normali portano Zandomeneghi più vicino a quella pittura da strada (per non ripetere sempre “en plein air”), che lo rende pienamente contemporaneo degli Impressionisti. Persino la pennellata mostra l’intenzione di scomporre la luce e qualche volta ci riesce pure bene. Molto meglio delle “Barbie boldiniane” tutte belletto e facce smunte da Instagram taroccato.

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Argentina. Quel che la notte racconta al giorno @ PAC, Milano

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Articolo e immagini di Mario Grella

Quello che emerge dalla mostra del PAC di Milano, Argentina. Quello che la notte racconta al giorno (aperta fino all’11 febbraio 2024) è un dato quasi incontrovertibile e cioè che le arti visive degli ultimi cinquant’anni hanno operato con strumenti simili, attraverso linguaggi quasi omologati e con risultati piuttosto prevedibili. Questo non significa che la mostra non presenti opere interessanti e anche suggestive, ma è certo che, se l’aspettativa del visitatore fosse quella di scoprire “nuovi mondi” (ma anche nuovi metodi) essa andrebbe sicuramente disattesa. Non va certo sottovalutato il fatto che, come dice un famoso detto popolare, “I messicani discendono dagli atzechi, i peruviani dagli incas e gli argentini dalle navi”, come conseguenza delle tante ondate migratorie giunte in quel lontano paese, provenienti soprattutto dalla vecchia Europa: queste non possono non aver influito sugli sviluppi di correnti artistiche, movimenti, idee di tipo “occidentale” (paradosso dei paradossi, poiché l’Europa è in realtà geograficamente ad Est rispetto all’Argentina).

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Thao Nguyen Phan – Reincarnations of Shadows @ Pirelli HangarBicocca, Milano

A R T E – M O S T R E


Articolo di Mario Grella

Ormai non è più una novità che la natura e l’ambiente siano diventati soggetti artistici molto frequentati. Si dirà che la natura è sempre stata un soggetto privilegiato dell’arte, e ciò è indubitabilmente vero, ma non nello stesso modo di oggi. Oggi più che la natura è l’ambiente ad essere soggetto delle più svariate meditazioni artistiche. La mostra dello Shed al Pirelli HangarBicocca di Milano è l’ennesima grande esposizione, tra quelle visitate negli ultimi tre-quattro anni tra Milano, Parigi e Londra, ad avere come soggetto l’ambiente, lo sfruttamento delle risorse e la crisi alimentare (e conseguentemente le migrazioni e anche le guerre). Thao Nguyen Phan è un’artista vietnamita (classe 1987) che narra, attraverso la sua multiforme produzione artistica, ciò che della storia ufficiale del Vietnam non è mai stato scritto (verrebbe da aggiungere, come della storia ufficiale di molti altri paesi). Scultura, pittura, disegno e video installazioni costituiscono la materia fluida attraverso la quale Thao Nguyen Phan si esprime.

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James Lee Byars @ Pirelli HangarBicocca, Milano

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Articolo di Mario Grella

James Lee Byars è una figura originale nel panorama dell’arte contemporanea, non tanto per l’approccio multidisciplinare (del quale ormai si servono quasi tutti gli artisti, tranne poche raffinatissime eccezioni), quanto per i suoi smisurati interessi in diversi altri campi come quello della psicologia, della filosofia, delle arti applicate, della magia, dell’alchimia e per i suoi studi sullo scintoismo giapponese e sul Teatro Nō. Insomma una figura che sembra richiamare le grandi personalità degli artisti rinascimentali che poetavano, componevano musica e inventavano, oltre naturalmente a dedicarsi alla pittura o alla scultura. Un paragone azzardato? Sì, forse un paragone azzardato, ma solo nelle realizzazioni finali, non certo nell’approccio alla conoscenza e al fare artistico. È grazie al suo incontro con la leggendaria Doroty Miller, curatrice del MoMa di New York (allora, a differenza di quel che sta accadendo oggi per le istituzioni artistiche italiane, la curatela era affidata a chi di arte capiva qualcosa e magari più di qualcosa), che James Lee Byars esordisce con una esposizione sulle scale di emergenza del museo, mostre della durata di un solo giorno che erano una novità per la scena artistica internazionale. Ma a renderlo famoso saranno gli “abiti collettivi”: nel 1967 The New York Times gli dedica un articolo quando cento persone, che indossano una lunga sciarpa rossa, andranno a spasso per Manhattan.

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