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Elena Colombo

Rumba de Bodas – Yen Ko (Rubik Media, 2023)

R E C E N S I O N E


Recensione di Elena Colombo

È possibile viaggiare ascoltando musica? Sì, secondo i Rumba de Bodas. Il nuovo disco della band bolognese, pubblicato con l’etichetta italo-tedesca Rubik Media, si intitola infatti Yen Ko, che in lingua Tai ghanese significa letteralmente “let’s go”: quale migliore invito per un viaggio musicale in giro per il mondo?
Prima di iniziare a preparare i bagagli, però, pianifichiamo il viaggio e conosciamo i nostri accompagnatori. I Rumba de Bodas sono una formazione jazz-afrobeat, attiva nel panorama della musica indipendente da ormai quindici anni, nei quali sono passati da otto a sette membri. Il loro talento gli ha permesso nel tempo di solcare diverse platee internazionali, tra le quali spicca la partecipazione alla Seoul Music Week.
Le sonorità del nuovo disco sono sfaccettate, multietniche e soprattutto coinvolgenti: ogni brano invita l’ascoltatore a lasciarsi andare alla vitalità della musica e a improvvisarsi ballerino. I fiati afro-funk, le percussioni e gli accompagnamenti elettronici si declinano diversamente nel disco, per formare un sound contaminato che punta a sorprendere chi ascolta. Abbiamo però anche due costanti che ritornano sempre, pur declinate in modo diverso: la voce di Rachel Doe, profonda e vibrante, e il ritmo incalzante che farà scatenare anche l’ascoltatore più timido.


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An Early Bird – Are We Still In? (Awal /Artist First, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Elena Colombo

Are we still in? Questa è la domanda che si pone Stefano De Stefano, in arte An Early Bird, e che dà il titolo al suo nuovo album. Quanto siamo “dentro” le cose che contano davvero per noi? Fino a che punto ne siamo coinvolti, e quanto la frenesia del mondo odierno rischia di farci perdere questa connessione? Forse una risposta univoca non la si può trovare, ma questo nuovo progetto musicale ci dà qualche suggerimento.
Are we still in? è il quarto album in studio di An Early Bird, solista attivo dal 2017, dopo l’esperienza decennale con la band Pipers. Rilasciato a dicembre 2022, il disco dura circa trenta minuti e si caratterizza soprattutto per lo spirito internazionale. Ben quattro brani, infatti, sono frutto della collaborazione con artisti di varie nazioni, ovvero Her Skin (italiana), Agnes Milewski (austriaca), Marti West (inglese) e Meadows (svedese).

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Stargaze – One (Transgressive Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Elena Colombo

La pandemia di Covid-19 ha avuto un forte impatto sul mondo della musica, e non solo per quanto riguarda l’impossibilità di svolgere concerti. È cambiato anche il modo di fare musica. Non sto parlando del vostro vicino stonato che cantava “Fratelli d’Italia” dal suo balcone, ma di un collettivo musicale internazionale – gli Stargaze – che, data l’impossibilità di viaggiare, ha dovuto ripensare completamente il proprio modo di comporre e registrare i brani. Il risultato è il nuovo album One, presentato il 25 novembre 2022 dalla Trasgressive Records.
Prima di avventurarci in questo album innovativo, è opportuno presentarne i protagonisti. Il collettivo Stargaze è stato fondato una decina di anni fa tra Berlino e Amsterdam dal direttore d’orchestra tedesco André de Ridder. I musicisti che ne fanno parte provengono da diverse parti del mondo, perciò, a causa della pandemia, sono stati improvvisamente costretti a lavorare da remoto. Una grande novità per un ensemble così numerosa, abituata a suonare insieme in un contesto orchestrale. La produzione artistica degli Stargaze, però, non si è mai limitata a un solo genere musicale: One va oltre i confini della musica classica e moderna, sperimentando – o forse sarebbe più opportuno dire giocando – con i suoni dei diversi strumenti.

I brani che compongono One sono stati appositamente pensati perché tutti i membri dell’orchestra potessero registrarli separatamente: i compositori sono stati scelti per la loro capacità di «pensare alle partiture come qualcosa che potesse essere elaborato in seguito e manipolato», come ha affermato de Ridder. Registrato all’inizio del 2021, l’album si compone di cinque pezzi molto diversi, accomunati solo dal fatto di essere stati registrati a distanza.

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Casa Verdi: la musica non va mai in pensione

C U R I O S I T À


Articolo di Elena Colombo

Passeggiando per piazza Buonarroti, poco lontana dal centro di Milano, potrà capitare di sentire riecheggiare nell’aria una melodia di violino, o un brano di pianoforte, o ancora un’aria d’opera. L’ascoltatore attento, a questo punto, seguirà la fonte del suono e, arrivato al numero 29, si troverà di fronte a un edificio ottocentesco, dalle grandi finestre: è Casa Verdi, un luogo di riposo per anziani.
Tuttavia, non si tratta di una casa di riposo convenzionale, a partire dallo stesso nome. Tutti i milanesi la conoscono semplicemente come “Casa Verdi”, dal cognome del celeberrimo compositore che ne volle la fondazione. Giuseppe Verdi diede vita a questa casa perché potesse essere un luogo di riposo per gli anziani musicisti. Ecco, dunque, la seconda particolarità di questa struttura: i suoi ospiti sono direttori d’orchestra, cantanti e compositori che non hanno mai smesso di amare il proprio mestiere e qui possono continuare a fare musica ogni giorno.
“L’opera mia più bella”: così la definiva Verdi, che diede origine a questo progetto filantropico pensando ai propri colleghi che si trovavano in condizioni disagiate. All’epoca, infatti, non esistevano servizi pensionistici per musicisti: chi, per varie ragioni, non aveva raggiunto una sicurezza economica in tarda età, rischiava di trascorrere l’ultima parte della sua vita in condizioni di forte indigenza.

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