R E C E N S I O N E
Recensione di Aldo Del Noce
Steve Lacy (al secolo Steven Norman Lackritz) permane, in estrema sintesi, un autore e performer di profilo del tutto personale, inizialmente evolutosi lungo la linea creativa di Thelonious Monk, ma alla lunga fautore di uno stile e soprattutto una legacy di carattere unico, attore di un travagliato ed alterno corso vitale, ospite anche del nostro paese durante un difficile periodo degli anni ’70 (che lo videro tra l’altro quale preziosa ‘guest star’ nell’album Maledetti degli Area), forte di un importante sodalizio con il pianista Mal Waldron e alla testa di svariate formazioni a propria regia, nonché un’innumerevole serie di produzioni in solo.
Queste ultime ne rappresentano probabilmente l’alveo creativo maggiormente identitario, ora oggetto di studio e riproposizione da parte di titolati emuli ed epigoni: pertanto la presente iniziativa non perviene unica, anzi ricordiamo una recente trasposizione per clarino basso ad opera di Nino Locatelli (WeInsist! 2018) ed una, più recente ed analoga, a firma di Jon Raskin ancora al baritono (Temescal, 2021).
