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Andreas Werliin

Fire! – Testament (Rune Grammofon, 2024)

R E C E N S I O N E


Recensione di Riccardo Talamazzi

Bisogna risolvere preventivamente qualche problema concettuale, quando parliamo degli svedesi Fire! Si tratta di un trio che non ha niente da spartire con ciò che viene chiamato comunemente jazz nordico. Innanzitutto per il tipo di formazione. Un basso elettrico, una batteria e un sax baritono, rispettivamente suonati da Johan Berthling, Andreas Werliin e Mats Gustaffson. Niente riferimenti classici, vade retro pianoforte, romanticismi non pervenuti, spiriti di Natura allontanati da stregoneschi esorcismi. Un trio di questo tipo porta alla memoria i Morphine degli anni ’90 ma rispetto alla band americana, i Fire! sembrano caduti nell’Ade con l’intenzione di non voler saperne di risalire in superficie. Comunque c’è dell’altro. Se non conoscessimo il passato di questa formazione – otto album alle spalle a partire dal 2009, compreso l’ultimo di cui ora ci occupiamo,e quasi altrettanti lavori sotto il nome e la misura di Fire! Orchestra – sarebbe arduo dover recensire un’opera come questo Testament. Bisognerebbe chiedersi il perché di una scelta votata al primitivismo, che non significa necessariamente elementarità, ma qualcosa che va ben oltre, come vedremo, rispetto all’idea dell’essenziale. Tre strumenti registrati senza sovra-incisioni, senza ospitate varie né tanto meno effetti elettronici aggiunti. Chiusi in studio a Chicago con quel pazzoide di Steve Albini – famoso soprattutto per essere intervenuto, tra l’altro, nelle produzioni rock dei Nirvana e dei Pixies – che ne ha curato la registrazione.

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Fire! – Defeat (Rune Grammofon, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Si intitola Defeat l’ultima fatica discografica dei Fire!, ovvero Mats Gustafsson (al flauto, sax baritono, elettronica), Johan Berthling (basso elettrico), Andreas Werliin (batteria) e con la collaborazione di Goran Kajfes (tromba), Mats Aleklint (trombone e corno), che porta il trio ad assomigliare ad una piccola orchestra. Ma prima che dal titolo dell’album pubblicato dall’etichetta Rune Grammofon, partiamo dal nome del gruppo che non sembra lasciare adito a dubbi, però ad interpretazioni certamente sì. Di quale fuoco si tratta? Non certo di un fuoco da arma, difficile pensare al fuoco di un incendio, e nemmeno a un fuoco sacro. Il fuoco di Mats Gustafsson è certamente il fuoco di Efesto, il fuoco della fucina nel ventre di un vulcano (l’Etna secondo la mitologia greca), dove lavorava coi suoi aiutanti, i Ciclopi. Ecco, se mi fosse concessa una metafora mitologica, mi servirei di questa per ambientare il bellissimo disco, dove il flauto di Mats Gustafsson è certamente paragonabile al martello di Efesto che batte una materia metallurgica e aurea per forgiarne oggetti sonori simili a gioielli. Sono oggetti che non si vedono e che sono difficili da descrivere poiché attengono a due categorie: l’udibile e il metafisico.

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