R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Non si può resistere a certe emozioni. Hai voglia a far finta di niente, ma quando suona Dino Rubino è così. Un pianismo armonico che va giù liscio come l’olio, senza arrovelli. Se poi con Rubino ci sono Piero Delle Monache al sax, Marco Bardoscia al contrabbasso e l’evocativo bandoneon di Daniele di Bonaventura, allora il sortilegio si compie interamente. Rubino & C. conoscono la segreta attrazione che opera la musica, l’orfica fascinazione incantatoria di una bella melodia e prima che ci si renda conto ne veniamo catturati, imprigionati in una sentimentale rete di indecifrabili nostalgie. Il grande musicista russo Scriabin aveva paragonato il rapimento della musica con quello operato dai profumi e questo album Gesuè, dedicato al padre di Rubino, è un bouquet di fragranze primaverili uscito a metà marzo, quindi al momento opportuno. Abbiamo imparato a conoscere questo pianista poco più che quarantenne, originario della provincia di Catania, attraverso una precedente serie di sei dischi usciti sia a suo nome che in trio e in più una sequenza di fattive collaborazioni, ad esempio con Paolo Fresu e con Francesco Cafiso, Rino Cirinnà, Nello Toscano, Giuseppe Mirabella, Giovanni Mazzarino…ma quanti musicisti bravi e famosi produce mai la Sicilia?? Gesuè è un terreno minato da insidiose note che sanno di estati sbiadite nella memoria, omaggi latineggianti e desideri ancora ardenti sotto la cenere. Immergersi in una musica come questa è un po’come riscoprire un continente scomparso, un’Atlantide ricca di esperienze melodiche che credevamo dimenticate e che invece ritroviamo in trasparenza. Bastava solo guardarsi meglio dentro. Certo, questo jazz non ha posto per gli sperimentalismi. Ci si muove in un ambito tutto sommato prevedibile, rigorosamente tonale, dove valgono ancora pienamente le regole dell’Armonia e dove le dissonanze si riducono al minimo indispensabile. Qualcosa che potrebbe essere letto come un foglio staccatosi da un album, avulso da un contesto contemporaneo, che non tende quindi a concentrarsi sulle tensioni esistenziali, sulle rimuginazioni intellettuali, su quegli strappi creativi che forzano la mano, a volte, di molti compositori moderni. Siamo nell’interiora terrae, a tu per tu con la sorgente delle emozioni. Qui si ascoltano suoni pacificanti ed echi di frammenti musicali popolari, lontani nel tempo, che fanno però parte della nostra storia personale attraverso dieci brani originali di Rubino e la riproposizione di una vecchia, bellissima ed intramontabile canzone di Luigi Tenco.
