R E C E N S I O N E
Recensione di Riccardo Talamazzi
Ogni volta che esce un nuovo disco di Enrico Pieranunzi non si tratta più di capire se sia un buon lavoro o meno ma piuttosto di prendere atto del costante livello di eccellenza del pianista romano. A dire il vero, nella sua lunga carriera concertistica e discografica, Pieranunzi si è sempre espresso a livelli altissimi e personalmente ritengo il suo disco dal vivo, il Live at Village Vanguard del 2013, una delle espressioni massime della sua arte. Quella musica tesa, fremente, stracolma di energia realizzata con Marc Johnson e Paul Motian, dovrebbe essere presa ad esempio di come si possa suonare al top pur nella essenziale nudità della formazione a trio, senza rimpiangere i numerosi esempi lasciati da Bill Evans e Keith Jarrett, per parlare solo dei più famosi e rappresentativi. Se la musica è equilibrio tra emozione (l’ispirazione compositiva) e ragione (la geometria strutturale) Pieranunzi dimostra anche in quest’ultima uscita Something Tomorrow di possedere l’arte della conciliazione tra i due fattori. In questo disco, realizzato in studio e quindi al di fuori del clima torrido di un’esibizione live, non si ascoltano funambolismi particolari e del resto non ce ne sarebbe bisogno. Bastano i pochi accordi iniziali di Those Days per renderci conto del mulinare d’idee perfettamente sotto controllo, frutto della collaborazione con la batteria di André Ceccarelli – una vecchia conoscenza con cui Pieranunzi ha suonato dal 1996 in sei precedenti lavori – e del contrabbasso di Thomas Fonnesbæk, che aveva già affiancato il pianista in un disco del 2018, Blue Waltz e in New Visions del 2019. I brani di Something Tomorrow sono quasi tutti di Pieranunzi, ad eccezione della traccia 6 ad opera di Fonnasbaek e dell’ultimo This is new la cui musica fu composta da Kurt Weil con parole di Ira Gershwin, fratello di George, in pezzo pubblicato nel 1941 e facente parte originariamente del musical Lady in the Dark.
