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Judas Priest

Austin Meade – Abstract Art of An Unstable Mind (Snakefarm Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Stefania D’Egidio

Quando mi sono imbattuta nel suo album, lo confesso, non sapevo neanche chi fosse Austin Meade e la prima reazione è stata: “Ah però…”, poi sono andata avanti così fino all’ultima traccia. Bel faccino, l’emergente texano, barba e lunghi capelli biondi nella cover tutta colorata di Abstract Art of An Unstable Mind, pubblicato il 7 ottobre per Snakefarm Records, seconda collaborazione con l’etichetta inglese dopo il lavoro di esordio Black Sheep, con cui aveva superato i sessanta milioni di streaming, del resto la mission della scuderia di Dante Bonutto è quella di far conoscere nomi nuovi del panorama rock roots, country e blues (tra i vari nomi anche The White Buffalo). Meade suona a livello professionale da sette anni, essendosi fatto le ossa in tour, nella scena Red Dirt del Texas e dell’Oklahoma, capace di spaziare tra la pesantezza del rock e la crudità della musica emo, sempre però mostrando le sue straordinarie doti di cantautore in ogni brano. Un lavoro di diciannove pezzi, in realtà non tutti veri e propri brani, perché alcuni sono interludi parlati della immaginaria stazione radio LMAM. Alla realizzazione del disco hanno collaborato il suo chitarrista di lunga data e partner creativo David Willie, il batterista Aaron Hernandez e il bassista Jordan Pena. Si potrebbe definire un concept album, un viaggio attraverso le varie tappe della vita di tre personaggi, dall’adolescenza all’età adulta: così Austin, nei panni di un regista in formato audio, accompagna i suoi personaggi, descrivendo il loro stato d’animo e i loro pensieri man mano che la vita si fa più complicata.

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Udo Dirkschneider – My Way (Atomic Fire, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Stefania D’Egidio

Quello che ad una prima occhiata potrebbe sembrare un tranquillo nonnetto di provincia è in realtà uno dei maggiori rappresentanti del metal teutonico: all’anagrafe Udo da Wuppertal conta ben settanta candeline e non ha nessuna intenzione di appendere il microfono al chiodo; cofondatore nel 1968 del gruppo The Accept, anche dopo il primo scioglimento della band, si è sempre lanciato a capofitto nei progetti paralleli come gli U.D.O. e i Dirkschneider. Fulminato all’età di dodici anni da un album dei Beatles, abbandonati poi per i rivali Rolling Stones, più vicini per temperamento alle sue inclinazioni, da allora non ha mai lasciato il mondo della musica. Voce particolarissima la sua, come ce ne sono poche nel panorama heavy metal e hard rock (forse la più somigliante è quella di Brian Johnson), gracchiante, ma al tempo stesso potente, tanto da essere insignito da Metal Hammer Germania del prestigioso premio Maximum Metal nel 2016, per aver contribuito alla diffusione del genere musicale, niente male per uno come lui che, agli inizi di carriera veniva sbeffeggiato per una pronuncia non proprio impeccabile. Se il suo fisico ha subito i fisiologici cambiamenti legati al trascorrere del tempo, la voce è rimasta invece quella di sempre e l’ultima uscita discografica, My Way, per l’etichetta Atomic Fire (la stessa di Helloween, Opeth, Meshuggah, ecc…) ne è una prova lampante.

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Electronomicon – Age of Lies (Elevate Records, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Stefania D’Egidio

Vi starete domandando chi sono gli Electronomicon, è capitato anche a me quando ho aperto il comunicato stampa, così sono andata a rovistare nell’etere e ho scoperto che il gruppo, americano, ma sparso in giro per il mondo, è attivo dal 2013, anno della pubblicazione di Unleashing The Shadows e che, da poco, è entrato a far parte della scuderia Elevate Records, etichetta discografica laziale, specializzata dal 1996 in produzioni metal (DGM, Heimdall, Morgana, Secret Sphere e Gravestone per dirne alcuni). La band è composta da Diego Valdez, già cantante del supergruppo dei Dream Child con membri di Ozzy Osbourne, AC/DC, Dio e Michael Schenker Group, Diego Rodriguez al basso, in precedenza con il gruppo folk metal Triddana, Alex Emerson alla chitarra, Owen Bryant al pianoforte e alla batteria, Mauro Tranzaciones alla chitarra. Divisi tra Spagna, Argentina e U.S.A., già con l’album del 2013 avevano ottenuto i favori della critica, raggiungendo la posizione n.7 della rivista Burn! insieme a gente del calibro di Metallica, Motorhead, Kiss e Dream Theater…un bel traguardo!

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