R E C E N S I O N E
Recensione di Stefania D’Egidio
Quando mi sono imbattuta nel suo album, lo confesso, non sapevo neanche chi fosse Austin Meade e la prima reazione è stata: “Ah però…”, poi sono andata avanti così fino all’ultima traccia. Bel faccino, l’emergente texano, barba e lunghi capelli biondi nella cover tutta colorata di Abstract Art of An Unstable Mind, pubblicato il 7 ottobre per Snakefarm Records, seconda collaborazione con l’etichetta inglese dopo il lavoro di esordio Black Sheep, con cui aveva superato i sessanta milioni di streaming, del resto la mission della scuderia di Dante Bonutto è quella di far conoscere nomi nuovi del panorama rock roots, country e blues (tra i vari nomi anche The White Buffalo). Meade suona a livello professionale da sette anni, essendosi fatto le ossa in tour, nella scena Red Dirt del Texas e dell’Oklahoma, capace di spaziare tra la pesantezza del rock e la crudità della musica emo, sempre però mostrando le sue straordinarie doti di cantautore in ogni brano. Un lavoro di diciannove pezzi, in realtà non tutti veri e propri brani, perché alcuni sono interludi parlati della immaginaria stazione radio LMAM. Alla realizzazione del disco hanno collaborato il suo chitarrista di lunga data e partner creativo David Willie, il batterista Aaron Hernandez e il bassista Jordan Pena. Si potrebbe definire un concept album, un viaggio attraverso le varie tappe della vita di tre personaggi, dall’adolescenza all’età adulta: così Austin, nei panni di un regista in formato audio, accompagna i suoi personaggi, descrivendo il loro stato d’animo e i loro pensieri man mano che la vita si fa più complicata.
