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Moses Sumney

Classifica dei 50 migliori album del 2020

R E C E N S I O N E


Ci siamo. Siamo arrivati al panettone. Superate le festività natalizie, puntuale come le tasse, ecco il consueto appuntamento con la classifica di fine anno. Tradizione, per noi, vuole che il “listone” sia affidato alla competenza e alla curiosità di Simone Nicastro che ci accompagna in questo viaggio a ritroso lungo un 2020 particolarmente complicato. Isolamento, paura e incertezza hanno rischiato di metterci all’angolo. Abbiamo però una certezza: la musica è un’amica fedele che sa starci vicino anche e soprattutto nei momenti difficili. Cibo per l’anima, ristoro per cuori affamati. C’è tanta buona musica in giro, tanta da affollare ogni nostra giornata. Una classifica è necessariamente parziale e soggettiva, la musica non è una scienza esatta e le emozioni che trasmette sono individuali, però ci auguriamo che sia uno stimolo al confronto. Se ciò avviene abbiamo raggiunto il nostro obiettivo. Vi lasciamo perciò alle parole di Simone. Buona lettura e buona musica!

La redazione

Articolo di Simone Nicastro

Come ogni anno (da un bel po’ di anni ormai) inizia qui il mio percorso di memoria personale e valutazione totalmente soggettiva dell’anno discografico appena trascorso. Anno che, ahimè, sappiamo tutti essere stato fin troppo pieno di dolore e sacrifici. Mai come in questi 12 mesi ringrazio il cielo di essere riuscito ad alimentare, ancora una volta, il desiderio inesauribile di ascoltare e confrontarmi con l’arte musicale, di farmi trasportare da essa e, infine, di non esserne mai sazio.

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Moses Sumney – Græ – part 2 (Jagjaguwar, 2020)

R E C E N S I O N E


Recensione di Antonio Sebastianelli

But morality is grey” (Moses Sumney)

Tre mesi separano la prima parte di Grae dalla seconda. Tre mesi in cui è accaduto di tutto. Il mondo si è risvegliato preda di una pandemia, ha rallentato, si è quasi arrestato, per poi timidamente ripartire proprio in questi giorni. Le otto tracce della parte due rappresentano molto bene questo momento. I ritmi rallentano notevolmente e spesso l’impressione è quella di essere immersi in una sorta di sacco amniotico in cui Moses ha disciolto la propria anima, la linfa vitale della sua musica in costante mutamento.


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Moses Sumney – Græ – part 1 (Jagjaguwar, 2020)

R E C E N S I O N E


Articolo di Antonio Sebastianelli

I insist upon my right to be multiple. I insist upon the recognition of my multiplicity”. (Moses Sumney)

Viviamo strani giorni”, cantava il poeta. Scrivo queste righe battendo con frenesia sopra i tasti del mio portatile. Gli occhi ancora colmi di immagini che fatico a comprendere. Si rincorrono freneticamente come uccelli impazziti. Parlano di zone rosse e stazioni prese d’assalto, neanche fossimo prossimi all’Apocalisse. Nelle orecchie, ad alleviare l’ansia del momento, il canto di un giovane uomo con l’anima divisa, intento con disarmante incanto, a cesellare e ordinare suoni, parole, colori. Moses Sumney.


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Moses Sumney @ Triennale, Milano – 26 giugno 2018

Articolo di Luca Dattisi, immagini sonore di Alessandro Pedale

Nella calma del giardino della Triennale di Milano, ma circondato dai suoni provenienti dalle altre iniziative di Parco Sempione, il concerto di Moses Sumney del 26 giugno scorso viene anticipato dall’inaugurazione della mostra di Contaminafro e inizia quasi di nascosto. C’è ancora la luce del giorno, quando intorno alle 21.30 i due musicisti Mike Haldeman e Peter Lee Johnson (unici due accompagnatori del cantante) salgono sul palco e iniziano a creare una segmentata stratificazione di loop di clarinetto e violino.
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