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Piero Bittolo Bon

Unscientific Italians – Play The Music of Bill Frisell Vol. 2 (Hora Records, 2022)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

All’uscita di un nuovo disco, molto atteso, non nego di essere curioso come un bambino, anche per poter godere della “copertina” (oggi ”cover”). Si tratta certamente di un retaggio infantile, ma è innegabile, che la cover ha un certo peso, anche oggi, dove “l’oggetto-disco” praticamente non esiste più (eccezione gucciniana a parte). E siccome l’uscita del secondo volume di Unscientific Italians Play The Music of Bill Frisell (Hora Records), mi intrigava e non poco, ho accolto con grande soddisfazione la magnifica grafica di un amico come Francesco Chiacchio, che ha curato l’operazione su un disegno originale di Frisell e con un prevedibile, ottimo risultato. Splendida la confezione, e la musica? Anche qui nutro un vecchio pregiudizio: difficilmente a grafiche tanto raffinate possono corrispondere contenuti deludenti. E infatti, anche in questo caso, il contenuto è letteralmente entusiasmante. Se il primo Unscientific Italians valse a Bill e ai suoi musicisti il premio della critica “Band of the Year 2021”, il secondo volume, anche se per il calcolo delle probabilità non potrà avere ancora un simile riconoscimento, non è da meno.

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Unscientific Italians – Play The Music of Bill Frisell Vol. 1 (Hora Records, 2021)

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Recensione di Mario Grella

Lo dico subito, così mi tolgo il pensiero: quando mi trovo davanti ad un “Omaggio a…” oppure a un “Tributo a…” divento sempre sospettoso, preoccupato e anche un po’ svogliato. Gli omaggi e i tributi sono ormai troppi. Sono spesso inutili, altri sono ripetitivi, qualche volta stucchevoli e, solitamente, tutti lasciano in me il desiderio dell’originale. Naturalmente ci sono delle eccezioni, rare, ma ci sono, come è il caso di Unscientific Italians play the music of Bill Frisell. Istruzioni per l’uso: prendete pezzi noti e meno noti del grande musicista statunitense, dateli in mano a cinque grandi musicisti italiani, trasformate “Unscientific americans” in “Unscientific italians” ed il gioco è fatto. Scherzi a parte, il disco edito dalla nuova etichetta Hora Records, uscito il 21 maggio, ha in sé qualcosa di nuovo, di fresco e un pizzico di genio e (s)regolatezza. Si tratta di una “riscrittura intelligente” se così possiamo dire, frutto di un gioco di equilibrio e calibrature sulle partiture originali di Bill Frisell che, se da un lato ne modificano combinazioni strumentali, sfumature, colorazioni, dall’altro non stravolgono il contesto musicale friselliano, lasciandone immutato il fascino e l’ambientazione. Se per omaggiare un grande musicista, spesso occorre estro e coraggio, per fare un lavoro di questo genere occorrono due doti che, sia in campo musicale che artistico in senso lato, non sono poi così frequenti: l’intuizione e l’umiltà.

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Mirco Ballabene – Right To Party (Niafunken, 2021)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

Right to Party è il titolo dell’ultimo lavoro di Mirco Ballabene, edito dall’etichetta Niafunken in uscita in questi giorni. Con Mirco Ballabene, al contrabbasso e all’elettronica, oltre che compositore delle quattro mini-suite dell’album, ci sono Lorenzo Binotti al piano e all’elettronica, Piero Bittolo Bon al sax alto, clarinetto basso ed elettronica e Massimiliano Furia alla batteria, percussioni ed oggetti. A chi non fosse capitato di leggere “The Structure of Atonal Music” di Allen Forte (e non è gravissimo, ma ha il suo peso), potrebbe sfuggire il concetto di “pitchesets”, eppure su questa base teorica si fonda la filosofia musicale del disco, o almeno di parte di esso. Diciamo che sulla base di una particolare teoria degli insiemi, teorizzata proprio da Allen Forte, si opera un contrappunto, tecnica tanto cara alla musica classica contemporanea. È certamente poi assai difficile individuare, in queste composizioni, dove finisca la musica contemporanea e dove inizi il jazz. Non è difficilissimo, ma diciamo che è un confine amabilmente sfumato.

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Astral Travel – If You Say You Are From This Planet, Why Do You Treat It Like You Do (Hyperjazz Records, 2020)

R E C E N S I O N E


Recensione di Mario Grella

“Cinque anni fa, in una delle mie sortite newyorkesi, mi sono imbattuto in un libro di poesie di Sun Ra intitolato ‘This Planet is Doomed’. Avevo da poco intrapreso un tanto atteso approfondimento sulla sua figura ed ero costantemente in cerca di qualche testo che valorizzasse l’aspetto filosofico e concettuale dell’artista rispetto alle famose biografie e tante documentazioni musicali…” Così Tommaso Cappellato rispondeva ad una domanda di Enrico Bettinello, su Il Giornale della Musica, a proposito del suo ultimo lavoro. Ed è proprio sulla poesia di Sun Ra e sulle sue bizzarre teorie dei rapporti tra uomo, spiritualità e natura che si impernia l’ultima fatica discografica di Tommaso Cappellato, che si intitola If You Say You Are From This Planet, Why Do You Treat It Like You Do?.

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